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 2025  giugno 03 Martedì calendario

L’ex asso di F1 è rimasto a piedi. «La mia patente in Italia non vale»

Campione del mondo di Formula 1 nel 1979 con la Ferrari. Ma Jody Scheckter, 75 anni, qui in Italia – dove ha la residenza da un anno e mezzo – non può guidare. La sua patente, rilasciata in Sudafrica (dove è nato), poi convertita in quella inglese, da noi non vale. L’ex idolo di Maranello (dopo una carriera in McLaren, Tyrrell e Wolf), compagno di squadra di Gilles Villeneuve, dovrebbe rifare l’esame, come un principiante qualsiasi.
E prendere almeno sei lezioni di scuola guida. Il problema è che le prove sono in italiano. «E io purtroppo lo parlo malissimo, mi boccerebbero di sicuro», spiega Jody, più arrabbiato che stupito. Costretto a un pit stop inatteso per colpa della burocrazia nostrana: la sua patente non può essere equiparata a quella italiana. Ce ne vuole una nuova. «Prima, da turista, non avevo questo problema. Da quando mi sono stabilito a Recco, in Liguria, perché è lì che voglio vivere, la situazione è cambiata. Ho potuto guidare con il mio documento per un anno. Adesso però il permesso è scaduto».
E così Scheckter, che ha ottenuto un Investor Visa (visto di 2 anni per cittadini non Ue, concesso in cambio di congrui investimenti nella nostra economia), è rimasto a piedi. «Per andare a giocare a tennis prendo la bicicletta, altrimenti devo avere l’autista». L’ex ferrarista ha acquistato e ristrutturato una magnifica villa a Recco, sul mare, con una Ferrari del 1952 nel soggiorno. E ha rispettato i suoi obblighi fiscali: «Ho pagato 100 mila euro di tasse e ne ho investiti 500 mila in un’azienda italiana». Ma per la legge non può più mettersi al volante. Risulta come un diciottenne in attesa di foglio rosa.
Quando correva in Formula 1 («il ricordo più bello? I tortellini e i tortelloni alla panna») era residente a Montecarlo e come tale libero di guidare. Ora potrebbe accasarsi ad Abu Dhabi, per ovviare al problema. Per rabbia lo farebbe pure. «Ma io ho scelto l’Italia come mio Paese, è qui che voglio restare. Mentre facevo i lavori di ristrutturazione, ogni giorno pranzavo con la focaccia al formaggio e ho una favolosa selezione di vini italiani, vorrei berli a casa mia». Ha provato a chiedere consiglio anche in Ferrari – dove ha ancora tanti amici (ride: «Quando arrivai avevo fama di essere tremendo, difficile da gestire e un po’ lo ero, ma poi si sono ricreduti») e all’avvocato Ascanio Cibrario. Però a quanto pare il cavillo è insormontabile.
Come se non bastasse, la sua compagna Emma, filippina, non riesce a ottenere un permesso per raggiungerlo, il consolato a Manila non glielo concede. «Quindi possiamo vederci quasi solo all’estero, da quando stiamo insieme avrà trascorso in Italia tre settimane in tutto. E anche questa è un’ingiustizia, io vorrei vivere con lei nella mia villa in Liguria». E magari portarla a fare un giro. Al momento forse giusto in monopattino.