repubblica.it, 31 maggio 2025
Intervista a Margherita Fumero
No, in realtà non sono marito e moglie. “Io e Enrico Beruschi siamo come fratello e sorella”, sottolinea Margherita Fumero, che proprio con il ragioniere a Drive In formava una delle coppie più litigiose della tv. “Ancora oggi ci sentiamo ogni settimana – sottolinea l’attrice torinese, ora settantasettenne, tra le protagoniste anche di Camera Cafè – ci diamo consigli a vicenda e mi dà forza”.
Insomma, era solo scena.“Nella realtà non abbiamo mai litigato”.
Mai, in tutti questi anni?“No, siamo molto diversi ma le nostre famiglie ci hanno insegnato il rispetto per chi la pensa in modo differente. Io sono molto focosa, lui invece molto pacato ed è attento alle parole che usa. È difficile litigare con lui”.
Quando l’ha incontrato la prima volta?“A teatro, nel 1979. Bruno Corbucci, che scriveva i testi per Macario – un maestro e secondo padre per me – disse che avrei dovuto fare uno spettacolo con un attore molto famoso di cabaret che debuttava nella prosa, e così si formò la coppia”.
Eravate già “sposati”?“No, nell’Angelo azzurro ero la sua fidanzata ma in una scena sognavo le nozze e c’era una mia foto con lui in abito da sposa. È la stessa comparsa come oggetto di scena nella sitcom Io e Margherita, nel 2011”.
Tutta una vita insieme.“Ancora oggi dobbiamo sottolineare che non siamo veramente marito e moglie. Quando faccio gli spettacoli mi chiedono ‘Ma dov’è Enrico’?”.
Confondersi è facile.“Pensi che una volta, dopo una serata, il direttore di un albergo accompagnò Enrico in camera e gli disse ‘Qui ci sono le valigie di Margherita’. Allora lui rispose: ‘Ma non è mia moglie’. E il direttore tristissimo: ‘Ma avete divorziato?’. Vuol dire che abbiamo fatto bene il nostro lavoro”.
Non avete mai avuto un flirt?“Mai. Quando ci conoscemmo eravamo tra l’altro entrambi già sposati. Ma è molto importante che non ci sia altro quando si lavora insieme: se ti lasci poi niente torna più come prima. Siamo confidenti, non c’è una settimana in cui non ci siamo sentiti, da quando ci siamo conosciuti. È più di un’amicizia: un affetto fraterno”.
Come siete arrivati a “Drive In”?“Antonio Ricci, che ha una mente eccezionale, ebbe l’idea di proporre uno spettacolo in cui veniva rappresentato come gli italiani vedessero l’America. Enrico aveva già un contratto con Mediaset e allora siccome serviva una moglie e avevo già lavorato con lui, mi presentò e nel 1983 arrivai a Drive In. Era un sogno che si avverava, avevamo fatto tv e teatro insieme ma non avevamo quella popolarità che poi ci dette quel programma. L’Italia si fermava per guardarlo. E lì era come stare in un collegio”.
Cioè?“Passavamo tutta la giornata insieme. Era un gruppo molto unito: oltre a Ricci c’era per esempio Ezio Greggio. Registravamo, mangiavamo insieme, poi la sera si vedeva il montaggio e solo dopo si andava a dormire per poche ore. Un gruppo di amici per la pelle, senza gelosie. Ma non dovevi dire cosa ti faceva paura”.
Perché?“Ti facevano tanti scherzi anche dietro le quinte”.
Per esempio?“Ho la fobia dei topi, quando li vedo non capisco più niente. Quando facevamo il ‘dottor Beruscus’, mi misero un topo di gomma nella frutta sulla tavola. Lanciai un urlo disumano. Allora il produttore disse che era vietato mettere topi come oggetti di scena altrimenti non avrei potuto fare più nulla. Iniziarono a mettermeli nell’accappatoio. E a cena…”.
Cosa successe?“C’era una persona molto importante vicino a me, avevo un trucco pazzesco. Disse che era molto contento di essere vicino a me e io rispondevo dandomi delle arie. Mentre mangiavamo, Antonio Ricci mi mise un topo di gomma vicino alla faccia e mi buttai a terra, andando a finire sulle gambe di questo dottore. Piangevo disperata. E con il mascara gli avevo anche macchiato i pantaloni color panna che aveva. Lui disse: ‘Come faccio ora a spiegare a mia moglie che è successo tutto per colpa di un topo?’”.
Chi era questa persona?“Non posso dirlo”.
Silvio Berlusconi?“No, però anche lui era una persona molto spiritosa. Un giorno, mentre registravamo attorno alla mezzanotte il programma Sabato al circo, ci dissero che stava arrivando Berlusconi. Voleva fare una scenetta con me e Enrico perché sua figlia Barbara, che andava all’asilo, era una nostra fan. Mi vennero i sudori freddi. Allora si mise a recitare, io ero vestita da Jessica Rabbit e faceva finta di corteggiarmi, lo picchiavo con il boa e lui si divertiva tantissimo. E diceva a Enrico: ‘Lei è il marito, stia lontano’, scherzando”.
“Scherzando”.“Non ero proprio il suo tipo. Comunque aveva dei tempi comici fantastici”.
È sposata?“Lo sono stata per 21 anni, sono divorziata. Questo grande successo ha destabilizzato il matrimonio”.
Come mai?“Io era rimasta semplice e mio marito invece si dava più arie. Aveva donne che lo corteggiavano e io sono una che non perdona, ma siamo buoni amici”.
Ma non era lei quella famosa da corteggiare?“Per alcune era uno sgarbo nei miei confronti: della serie lei è famosa e io le porto via il marito”.
Nella vita matrimoniale rispecchiava il suo personaggio?“No, ero tutt’altro che una rompipalle, ero molto serena. Sono una che vive nel suo mondo e non capisce mai niente, un po’ imbranata. Se non passo davanti allo specchio, penso sempre di avere 15 anni: questo è il mio spirito”.
Perché poi è finita l’esperienza a “Drive In”?“Abbiamo fatto tre anni intensi, mentre nei successivi due solo ospitate: ci divertivamo meno, ci mancava quella gioia, avevamo voglia di far altro”.
Se n’è pentita?“Abbiamo fatto bene? Forse sì, forse no, ma siamo stati felici lo stesso. Abbiamo comunque fatto altre esperienze anche se magari non ugualmente importanti come Drive In, dal teatro ad altri programmi”.
Potreste tornare in tv?“Potrebbe funzionare, magari affrontando le problematiche dei giovani come dei nonni. Può essere una gran cosa e mi sto battendo per questo. Stiamo trattando”.
Ha partecipato anche a un episodio di “Casa Vianello”, la coppia più celebre della tv italiana.“Sono più giovane di loro e per me erano dei miti, non mi sono mai potuta considerare alla pari”.
Ha recitato anche con Tomas Milian.“In Squadra antimafia, Squadra antigangsters, Cane e gatto e Il diavolo e l’acquasanta, girati tra New York e Miami. La prima volta a New York avevo le braccia livide, mi davo i pizzicotti perché pensavo di sognare. Inizialmente Milian non mi voleva perché non gli piacevano gli attori teatrali italiani, diceva che si davano tante arie, ma quando mi vide sembravo un pulcino e mi aiutò tanto. Gli feci tenerezza. Faceva anche il costumista”.
Cioè?“Disegnò una tuta leopardata per me, allora non si usava ancora. Sembravo un cocker”.
E “Camera Café”?“Nella versione francese il mio personaggio faceva solo sette puntate, ma alla fine ho fatto tutte le stagioni perché mi dicevano che portavo fortuna. Quando faccio uno spettacolo non finisce più: ha successo e va avanti. Credo molto nella fortuna. E se qualcosa non va bene bisogna pensare che la vita è una ruota che gira e anche se si va giù, si può tornare su se si hanno tante persone che ti vogliono bene”.
Lei è mai andata giù?“Tanto giù no: ci sono mesi in cui si lavora meno, magari si fa teatro e quindi la gente non ti vede come prima, ma sono sempre stata fortunata”.
Oltre alla fortuna serve anche il talento.“Certo, senza quello crolli, ma se hai talento e non hai la fortuna non ce la fai. E non bisogna essere invidiosi degli altri: guarda quelli dietro di te e pensa a quanto sei fortunato. Io non vedo il bicchiere mezzo pieno, il bicchiere per me trabocca”.
A proposito di bicchieri, quelli del caffè li conosce bene.“Credo che Camera Café sia la trasmissione più difficile nella quale recitare: di solito si dialoga guardando l’altro attore, invece lì molte volte era dietro di te e dovevi guardare una macchinetta del caffè che in realtà non c’era”.
E cosa c’era?“Niente, un tavolino basso con alcuni bicchierini che prendevamo. Dovevamo usare la fantasia e immaginare che fosse tutto lì. E anche in questo caso mi facevano gli scherzi”.
Anche qui?“Interpretavo una stagista anziana e dovevo portare i boccioni dell’acqua. Loro me li davano pieni, bastardi dentro, e mi dicevano che avrebbe reso di più. Si divertivano. Anche lì eravamo un grande gruppo, mando ancora il buongiorno all’attore di Pippo e abbiamo fatto un gruppo WhatsApp con tutte le donne di Camera Café, c’è anche Serena Autieri”.
“Camera Café” potrebbe tornare?“Non penso, Luca e Paolo non hanno più voglia. E sarebbe difficile perché adesso alcune cose non sarebbe più corretto dirle. Poi dopo tanti anni c’è il rischio di non riuscire più a uscire dal tuo personaggio: Tomas Milian mi diceva che nella vita reale aveva iniziato a fare Er Monnezza, quando lui era tutt’altro. E così tornò in America”.
Avrebbe voluto fare di più in tv?“No, anzi io ancora oggi lavoro troppo e i miei nipoti mi sgridano. Faccio ancora teatro, sono madrina dell’Isola che non c’è, un’associazione con la quale attraverso gli spettacoli raccogliamo fondi per ragazzi diversamente abili, e sono testimonial della Lilt, la lega italiana per la lotta contro i tumori, con la quale saremo in piazza il 14 giugno a Torino. Ho avuto un tumore al seno e mi batto per la prevenzione”.
Quando ha scoperto la malattia?“La prima volta nel 2014, proprio grazie alla prevenzione, e mi sono operata. Poi sono stata bene, ma nel 2021, nel periodo Covid, mi chiamarono perché stavano facendo controlli per chi aveva avuto il tumore e scoprii che c’era ancora. Così ho fatto la radioterapia”.
Ora come sta?“Sto bene. Ma bisogna sempre controllarsi. Non bisogna nascondere la testa sotto la sabbia, si può guarire se si fa prevenzione. E mi batterò sempre per questo”.
L’ufficio stampa di Striscia la Notizia precisa che “Silvio Berlusconi non è mai stato presente, né tantomeno ha partecipato, alle registrazioni di Drive In. L’episodio a cui fa riferimento Margherita Fumero è avvenuto invece durante le registrazioni di Sabato al circo, programma realizzato da Canale 5 dopo la conclusione dell’impegno della simpatica attrice con lo storico programma di Antonio Ricci”.