Avvenire, 3 giugno 2025
La “guerra delle 88 ore”, vetrina cinese: India e Pakistan si riarmano con i droni
Per gli analisti quella che India e Pakistan hanno combattuto tra lo scorso 7 e 10 maggio è stata una “quasi guerra”. Qualcuno la ha anche chiamata la «guerra delle 88 ore», una fiammata lunga quattro giorni, spentasi anche grazie all’intervento degli Usa. Ma tutti concordano che si tratti, in realtà, di una tregua armata, sempre sul punto di riesplodere, con New Delhi e Islamabad che hanno speso oltre 96 miliardi di dollari per la difesa lo scorso anno. Al tempo stesso siamo davanti – nonostante la tensione tra i due Paesi vicini non si sia mai sopita – a un confronto militare diverso dai precedenti, soprattutto a causa delle continue accelerazioni sul fronte tecnologico. Insomma a disegnare i (tragici) contorni della guerra del futuro sarà il progresso tecnologico. La corsa ai droni, in cui sono impegnate tanto Islamabad che New Delhi, lo conferma. Come sottolineano dal centro studi Stimson, il conflitto è stato scandito da alcuni passaggi inediti.
L’India per la prima volta ha utilizzato da crociera contro il Pakistan, sia il missile BrahMos (sviluppato in collaborazione con la Russia) sia lo Scalp-Eg europeo. A sua volta, il Pakistan ha lanciato, sempre per la prima volta, vettori balistici a corto raggio con armi convenzionali contro l’India (missili Fatah-I e Fatah-II e forse di altri tipi). E se non bastasse, «questo è il primo caso di guerra, nella rivalità tra India e Pakistan, in cui entrambe le parti hanno impiegato droni con l’intento di causare danni al nemico». Quello che si è così consumato in poche decine di ore, è stato «il terzo esempio di gravi e mortali ostilità direttamente tra due Stati nucleari» (gli altri esempi sono gli scontri sino-sovietici del 1969 e la guerra di Kargil, sempre tra India e Pakistan del 1999).
Entrambi i Paesi vogliono spingere sulla guerra dei droni. Come riportato da Reuters, «l’India prevede di investire massicciamente nell’industria locale e potrebbe spendere fino a 470 milioni di dollari in droni nei prossimi 1224 mesi, circa tre volte i livelli pre-conflitto». Ad affermarlo Smit Shah della Drone Federation India, che rappresenta oltre 550 aziende e interagisce regolarmente con il governo A sua volta, l’Aeronautica militare pachistana «sta spingendo per acquisire più droni per evitare di mettere a rischio i suoi velivoli di fascia alta». Sia il Pakistan che l’India hanno schierato aerei da combattimento di ultima generazione durante gli scontri, ma Islamabad ha solo circa 20 caccia J-10 di fascia alta di fabbricazione cinese, rispetto alle tre dozzine di Rafale che Delhi può schierare. India e Pakistan «sembrano considerare gli attacchi con i droni come un modo per esercitare pressione militare senza provocare immediatamente un’escalation su larga scala», ha detto Walter Ladwig III, politologo del King’s College di Londra. «I droni permettono ai leader di dimostrare determinazione, ottenere risultati visibili e gestire le aspettative interne, il tutto senza esporre costosi velivoli o piloti a pericoli». C’è un altro aspetto che fa della “quasi-guerra” tra India e Pakistan un oggetto di analisi privilegiato. Siamo davanti al primo conflitto che abbia coinvolto un esercito, quello del Pakistan, in possesso di armi cinesi moderne, «in particolare il sistema di difesa aerea HQ-9, il missile aria-aria PL15 e il caccia J-10». Le prestazioni di questi nuovi sistemi cinesi sul campo di battaglia sono di immensa importanza per gli Stati che temono un futuro confronto con la Cina, sottolineano gli esperi. Come ha scritto la Cnn, l’escalation del conflitto ha offerto al mondo «un primo vero sguardo su come l’avanzata tecnologia militare cinese si comporti contro l’hardware occidentale». La Cina non combatte una guerra importante da oltre quattro decenni. Ma sotto la guida di Xi Jinping, ha accelerato la modernizzazione delle sue forze armate, investendo risorse nello sviluppo di armamenti sofisticati e tecnologie all’avanguardia. Ha anche esteso questa spinta alla modernizzazione al Pakistan.
Negli ultimi cinque anni, la Cina ha fornito l’81 per cento delle armi importate dal Pakistan, secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute. E come terreno di test e vetrina commerciale la guerra delle 88 ore non è niente male.