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 2025  giugno 02 Lunedì calendario

Nel menù c’è il Parmigiano Reggiano ma viene servito il Grana Padano: per il ristorante 4mila euro di multa

È costata cara a un ristorante di Merano la differenza che corre tra Parmigiano e Grana Padano. L’uso improprio del marchio del famoso formaggio di Parma, mentre nei piatti dei clienti c’era il prodotto padano, è costato 4.000 euro di sanzione al ristoratore. A vigilare sul corretto uso del marchio sono gli agenti del Consorzio tutela del Parmigiano Reggiano che hanno pizzicato l’ignaro ristoratore che nel menù dichiarava un generico «parmigiano». 
Anche in tv
Quello dell’uso corretto dei marchi è un aspetto che non investe solo il mondo della ristorazione, tanto che la querelle del parmigiano è arrivata anche in tv, dove un noto programma culinario ha dovuto abituare tutti i cuochi e personaggi che intervengono ad usare la corretta denominazione e ancora oggi qualcuno ci casca. La sostanza è che Parmigiano e Parmigiano Reggiano sono marchi registrati attribuibili solo a quei prodotti; qualsiasi altro tipo di formaggio da grattugiare non può utilizzarne il nome. Dunque se il ristorante usa Grana Padano o anche Trentingrana deve dichiararlo nel menù oppure utilizzare una dicitura generica tipo «formaggio grattugiato o stagionato».
Marchi di qualità
Si parla comunque di marchi di qualità e quindi non si tratta di mettere in tavola prodotti più o meno buoni, ma di chiamarli con il loro giusto nome. «Non c’era intenzione di frodare o ingannare il cliente – dice l’Unione Commercio turismo e servizi dell’Alto Adige a difesa del ristoratore – ha semplicemente scelto una dicitura per far capire meglio al cliente di che prodotto si stesse parlando». Da tempo inveterato infatti, nel linguaggio comune si usa il termine «parmigiano» per definire quel tipo di formaggio anche se non è realizzato a Parma, ma il Consorzio che lo tutela sta combattendo la battaglia per far riconoscere il proprio prodotto e tutelare il proprio marchio di denominazione d’origine difendendolo dall’utilizzo casuale e generico che se ne fa. Al ristoratore meranese alla fine è anche andata bene perché, probabilmente riconoscendo la sua buona fede, la multa comminatagli non ha raggiunto il massimo dei 13.000 euro previsti per legge.