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 2025  maggio 31 Sabato calendario

L’Ucraina nelle mani della finanza Usa. Bruxelles rimane a mani vuote

Sulla ricostruzione dell’Ucraina governi, multinazionali, giuristi e lobbisti lavorano sin dall’inizio della guerra, anzi, già da prima, se per ricostruzione si intende privatizzazione e investimenti esteri nel Paese, argomento al centro anche della rivoluzione di Piazza Maidan. Con un governo, quello di Yanukovich, che secondo il Morning Star, si oppose alla “liberalizzazione per consentire un migliore accesso al mercato per i fornitori di servizi europei e una maggiore protezione per gli investitori stranieri”, temendo che l’industria ucraina non fosse allineata alle norme dell’Ue, e quindi non sarebbe stata in grado di sostituire le esportazioni verso la Russia con le esportazioni verso l’Ue, cosa che avrebbe portato alla deindustrializzazione e la retrocessione dell’Ucraina a un fornitore di materie prime verso economie più sviluppate.
Nel 2020 il primo attacco al settore pubblico ucraino arriva con una legge fortemente spinta dall’Uk volta a limitare i diritti dei lavoratori, denuncia il media ucraino Commons. Poi nel 2022 il gruppo finanziario di Wall Street, Goldman Sachs, mentre vendeva titoli di debito russi a prezzo stracciato a speculatori che li nascondevano nel portafogli privato per sfuggire alle sanzioni, consigliava Zelensky su come gestire l’economia di guerra e attrarre gli investimenti per la ricostruzione, mentre un altro dei maggiori istituti finanziari, BlackRock, si occupava della creazione di un fondo di ricostruzione.
A pochi mesi dall’aggressione russa del 2022, in Svizzera si teneva la Urc, Ukraine Reconstruction Conference, già prevista da prima con il nome di Ukraine Reform Conference; nonostante il cambio di nome, il programma non ha subito grandi variazioni. Il primo di questi incontri ha avuto sede a Londra nel 2017, fortemente voluto dall’allora primo ministro Boris Johnson, aveva tra i punti centrali difesa e sicurezza. Il gruppo di lavoro includeva Uk e paesi europei, ma non solo, presenti anche Corea del Sud, Israele, Stati Uniti, immancabili la Banca Mondiale e la Eu Investment Bank. Tra gli scopi dichiarati del pacchetto di riforme da far passare in Ucraina c’era quello di “privatizzare le imprese statali”, e anche le banche, “tramite un protocollo semplificato”, riforma che entrerà in vigore nel 2018, semplificando la catalogazione di imprese e infrastrutture pubbliche per dimensioni. Per quelle di basso valore le aste si svolgono su un sito che prende il nome, dal suono ironico, di ProZorro.sale, dove privati non ucraini possono comprare cose come la stazione degli autobus di Kiev, mentre per le più grandi, come per esempio l’impresa energetica nazionale Centrenergo o la Odessa Port Plant, l’acquisizione è in via diretta col governo.
Da poco indipendente dall’Urss, l’Ucraina conservava una struttura socialista, in cui le principali imprese erano di proprietà statale, ma con l’intensificarsi della guerra con la Russia i paesi alleati hanno approfittato per applicare su di essa una choc therapy finalizzata a vendere le proprietà statali a capitali privati esteri. Anche la Banca Mondiale, nel 2022, redige un piano strategico per l’Ucraina che ricalca quello dell’Urc, in cui si pianifica per il paese la svendita di proprietà statali nazionali al settore privato estero. Ci sarà bisogno di garanzie e quindi si propone a Kiev di creare una specie di assicurazione in grado di risarcire eventuali perdite che gli investitori potrebbero avere pescando dal settore pubblico, in parole povere, smantellare il welfare per risarcire i privati.
Sulla base di queste riforme i gruppi politici dei vari paesi hanno direzionato le proprie energie nel rappresentare gli interessi delle proprie imprese in Ucraina, in una relazione che garantisce maggiori possibilità agli Stati che hanno offerto maggior supporto alla difesa del paese. Da anni collaborano con il governo ucraino al fine di attrarre capitali privati, “il settore privato di paesi Ue, Usa, ma anche Turchia e Cina sono molto interessati alle opportunità economiche date dalla ricostruzione, ma la questione è che non ci sono i soldi per loro”. L’addetto alla cooperazione di un’ambasciata estera a Kiev ha dichiarato al Fatto le sue preoccupazioni riguardo il Reconstruction Investment Fund di Trump; secondo l’esperto si rischia che all’interno del fondo non vi sia abbastanza capitale per via della confusione che il settore minerario sta vivendo durante la guerra; e quindi “il vero piano potrebbe essere nei punti non resi pubblici”, punti che, per le garanzie di sicurezza, preoccupano molto i “colleghi del ministero dell’Economia ucraino. Una delle sicurezze che le multinazionali Usa avranno è “il diritto di estrazione o concessione con il prezzo stabilito nel momento” e sicuramente avranno priorità nelle gare di appalti finanziati dal fondo.
“Trump aveva semplicemente fretta di firmare l’accordo nei suoi primi cento giorni” sostiene il diplomatico, in modo da posizionare gli Usa come maggiori beneficiari del debito e delle relazioni economiche e politiche con Kiev. Con questo panorama l’Europa rischia di avere minor accesso alle materie prime ucraine, fondamentali nella transizione energetica, e ai contratti legati alla ricostruzione del paese. Lo smacco è anche, o soprattutto, politico: gli Usa ricostruiranno il paese e creeranno un legame a lungo termine con l’Ucraina fatto di debiti e supporto politico-strategico. Parallelamente avranno un ruolo dominante nella gestione della Difesa ucraina, per cui anche in Europa aumenterà la dipendenza strategica da Washington sul fronte orientale. E dopo aver rotto i legami energetici con la Russia, l’Europa dovrà rivolgersi agli Usa per il proprio fabbisogno, meccanismo dispendioso per comprensibili questioni geografiche, e che porterebbe i cittadini europei a pagare di più per aver ceduto a Washington anche il monopolio dei combustibili.
Su queste basi, analisti di istituti e media come l’Alameda Institute, Medium, Consultancy o le ucraine Interfax e Commons tentano di immaginare il futuro del paese. Gli Usa potrebbero applicare politiche di privatizzazione modello Wall Street in settori come trasporti, salute, risorse naturali, istruzione, difesa, che saranno gestiti da grandi gruppi finanziari come BlackRock, di cui il cancelliere tedesco era presidente in Germania, o Jp Morgan o corporazioni come Halliburton per l’energia o Lockheed Martin per la difesa; intanto, sostiene Alameda, le dispute legali rischiano di venire gestite da tribunali non ucraini. Già nel 2016, l’Atlantic Council metteva in guardia sulla privatizzazione di asset strategici – non solo militari ma anche infrastrutturali nel caso di miniere, reti elettriche o porti – che, se andranno in mani straniere, l’Ucraina rischierebbe di perdere la propria sovranità. Il costo principale ricadrà come sempre sulla classe popolare del paese, che vedrà crescere il costo dei servizi basici che saranno in mano a compagnie private estere che parallelamente punteranno all’efficienza riducendo il numero di lavoratori. E qui entra in gioco la legge voluta dalla Gran Bretagna nel 2020.