Avvenire, 1 giugno 2025
Le sentenze aprono, ma i Comuni vietano Sulle regole degli affitti brevi regna il caos
L’estate ormai alle porte potrebbe essere quella del record di presenze per il turismo italiano – se le stime saranno confermate dai numeri reali – ma rischia seriamente di trasformarsi anche nella stagione del caos delle regole sugli affitti brevi. Il pericolo esiste. E si è fatto sempre più impellente alla luce delle ultime “puntate” sia sul fronte giudiziario sia su quello normativo. Da una parte, infatti, alcune recenti sentenze hanno annullato di fatto una serie di argini che erano stati faticosamente fissati contro il brulicare di alloggi per turisti “mordi e fuggi” nelle grandi città e nelle località di vacanza più gettonate. Dall’altra parte, però, ci sono i Comuni più colpiti dall’overtourism – a partire da Firenze – che stanno moltiplicando gli sforzi e i provvedimenti per garantire i diritti alla vivibilità dei residenti e per preservare la funzione principale dei loro territori, pensati anzitutto per essere abitati e non solo “visitati”.
Andiamo con ordine. Ad ingarbugliare ulteriormente una situazione già caotica sul mercato degli affitti brevi è stata la sentenza del Tar del Lazio del 27 maggio. I giudici ammini-strativi hanno annullato la circolare del ministero dell’Interno, del 18 novembre scorso, che imponeva il riconoscimento di persona degli ospiti di strutture extralberghiere e vietava il self check-in. Insomma, indietro tutta e nessun obbligo di riconoscimento de visu per gli ospiti delle abitazioni locate per brevi periodi «perché non ci sarebbero giustificazioni adeguate» all’imposizione prevista dal documento del Viminale. Hanno esultato le organizzazioni degli affitti brevi, che si sono subito attivate con il governo per ottenere un pieno riconoscimento delle tecnologie di identificazione da remoto utilizzate. Anche perché il pronunciamento del Tar del Lazio segue a una sentenza di metà aprile del Consiglio di Stato che, in merito a un ricorso di una cittadina contro il comune di Sirmione (in provincia di Brescia), ha stabilito che non è di competenza degli enti locali imporre restrizioni ai privati che gestiscono gli affitti brevi. Queste decisioni giudiziarie non sono piaciute agli albergatori tradizionali, che vedono nei gestori di B&B «una concorrenza sleale» e rappresentano un colpo duro da digerire soprattutto per quei sindaci che stanno portando avanti la loro battaglia contro l’invasione degli appartamenti ad uso turistico.
Il gruppo di amministratori in prima linea nel contrasto al turismo di massa sregolato, tuttavia, non ha alcuna intenzione di arrendersi. Particolarmente attiva, anche nelle ultime settimane, è stata la prima cittadina di Firenze, Sara Funaro, che ha ribadito che le misure varate nel capoluogo toscano contro le key box e lo stop a nuove aperture nell’area Unesco non si toccano. Proprio da ieri, tra l’altro, a 15 giorni dalla pubblicazione della delibera all’albo pretorio, è in vigore il nuovo regolamento per le locazioni turistiche brevi del Comune di Firenze. Con il provvedimento vengono introdotti nuovi criteri e confini: un limite minimo di 28 mq per le civili abitazioni in cui poter svolgere attività di locazioni turistiche brevi, l’istituzione di un Registro comunale, la necessità di autorizzazioni valide 5 anni legate sia al proprietario sia all’abitazione (che decadono quindi in caso di compravendita) e sanzioni da 1.000 a 10mila euro per i titolari di attività irregolari o sprovvisti di relativi requisiti urbanistici e di sicurezza (Scia e Cin).
Ovviamente Firenze non è sola in questa lotta per la tutela delle città dallo tsunami turistico. Ne sa qualcosa Venezia che, da decenni e sempre più a fatica, sta provando in ogni modo a contenere gli assalti di massa di visitatori da tutto il mondo. Nella strategia del 2025 sono stati raddoppiati i giorni a ingressi limitati (saliti a 54 l’anno) ed è tornato il contributo d’accesso di 10 euro nei periodi di alta stagione per chi non prenota con almeno 4 giorni di anticipo. Da inizio luglio, inoltre, anche la Basilica di San Marco diventerà un monumento a prenotazione. Con biglietto che diventa più caro, passando da 6 a 10 euro.
Il tema non si limita ai sindaci delle metropoli, ma tocca da vicino sempre più amministratori locali dalla Costiera Amalfitana alle Cinque Terre. «Il fenomeno degli affitti brevi deve essere necessariamente regolamentato come lo è in Francia, in Spagna, in Germania dove esistono delle norme con dei contingentamenti per evitare che si creino alcuni fenomeni distorsivi», ha sottolineato nei giorni scorsi il presidente dell’Anci e sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi.
La questione si intreccia inevitabilmente con l’emergenza abitativa e il diritto di garantire una casa accessibile a tutti. Con il boom degli affitti brevi, negli ultimi anni l’offerta per le locazioni tradizionali nelle grandi città è crollata e contemporaneamente – i prezzi dei canoni sono schizzati all’insù. Risultato? Per studenti, giovani lavoratori e famiglie del ceto medio la ricerca di un alloggio a costi accessibili si rivela sempre più spesso un’impresa. Eppure qualche segnale di contro tendenza si inizia a cogliere. La flessibilità di un affitto mordi e fuggi a volte ingolosisce i proprietari di seconde case, anche per scongiurare a priori il rischio morosità, ma non sempre si rivela un affare o la soluzione più vantaggiosa per un immobile. Da un’analisi dell’Ufficio Studi SoloAffitti, realizzata su un campione di quattro grandi città italiane (Milano, Roma, Napoli, Firenze), emerge che la redditività netta di un affitto breve è spesso inferiore a quella garantita da un classico contratto di medio- lungo periodo, soprattutto nella formula 3+2 a canone concordato.
A Milano, ad esempio, nonostante l’incasso lordo dell’affitto breve superi i 32.000 euro annui, la redditività netta si ferma al 2,7%, contro il 3,5% di un contratto 3+2. A Roma il trend è simile: 3,3% contro 3,8%. I costi di gestione, la fiscalità meno favorevole e le nuove normative (come il CIN o il divieto di check-in da remoto) incidono pesantemente sulla rendita effettiva. Non a caso una quota non indifferente di piccoli investitori che si erano lanciati in modo un po’ improvvisato nel business degli affitti immobiliari per turisti ha già azionato la retromarcia. E il 38,5% di chi ha abbandonato l’affitto breve lo ha deciso proprio a fronte di guadagni inferiori alle aspettative. La locazione tradizionale non regalerà i brividi dell’incasso da capogiro nella settimana del Salone del Mobile a Milano, ma offre maggiore stabilità. E spesso, alla lunga, rende di più.