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 2025  giugno 01 Domenica calendario

Il Messico elegge 2.600 giudici L’ombra dei narcos sulle urne

La chiamata alle urne dei messicani, oggi, è senza precedenti. Il Paese si appresta a eleggere i magistrati dell’intero apparato giudiziario. Il voto è l’esito di una riforma che ne fa la prima e unica democrazia al mondo a lasciar decidere al popolo chi deve amministrare la giustizia. Un esperimento ambizioso, se così lo si può chiamare, di cui, tuttavia, è difficile prevedere gli sviluppi. La portata della consultazione è enorme. Tra gli oltre 7.700 candidati verranno scelti più di 2.600 togati e alti funzionari da assegnare ai tribunali federali, statali e distrettuali. Pure i nove della Corte Suprema. Alla chiama di oggi ne seguirà un’altra, nel 2027, a completare l’assetto. Per generazioni, i giudici messicani sono stati nominati dal presidente e confermati dal Senato.
Quelli destinati ai tribunali federali sono stati preselezionati da una commissione ad hoc per mezzo di esami e concorsi indetti ad accertarne il merito. L’idea di eleggerli a suffragio popolare è stata lanciata dall’ex presidente Andrés Manuel López Obrador che ne ha fatto un vessillo politico convinto che il voto avrebbe ripulire le aule da nepotismo e corruzione. Problemi che, a suo dire, avevano portato a una valanga di casi impuniti e crimini neppure denunciati. La delfina di López Obrador, Claudia Sheinbaum, arrivata al Palazzo Nazionale un anno fa, ha portato avanti la riforma al Congresso fino a tradurla, a settembre 2024, in una vera e propria modifica costituzionale. Funzionerà?
I dubbi al centro del dibattito sono tanti. La “rivoluzione” giudiziaria messicana non convince quanti temono che il voto dal basso possa dare maggiore potere proprio al partito di governo, Morena, perché capace di indirizzare il voto. López Obrador l’avrebbe maturata come una sorta di ritorsione nei confronti dei togati che gli avevano bloccato alcune iniziative come l’indebolimento dell’agenzia elettorale e il trasferimento della Guardia Nazionale sotto il controllo militare. Desta preoccupazione anche il rischio che tra gli aspiranti magistrati possano esserci cittadini non qualificati o, peggio, vicini ai gruppi criminali come i cartelli della droga. La nuova legge prevede che i candidati alle giudiziarie non possano ricevere finanziamenti pubblici o privati per la campagna elettorale: devono contare solo sulle proprie risorse e sulla “guerrilla” raccolta fondi organizzate sui social media perché gli spot radio e tv sono vietati. Chi, ci si chiede, se lo può permettere? Il confine tra democratizzazione e politicizzazione della giustizia è davvero sottile. Delia Quiroa, nota attivista per i desaparecidos in Messico e candidata a giudice federale, non è favorevole alla riforma ma ha ammesso che questa svolta le ha offerto un’opportunità che altrimenti non avrebbe mai avuto. L’associazione Defensorxs ha identificato tra gli aspiranti amministratori della giustizia diverse persone «altamente a rischio» di contaminazioni criminali, tra cui un avvocato che fu consulente legale del “signore della droga” El Chapo e un ex procuratore statale del Michoacán accusato di presunto coinvolgimento nell’omicidio di due giornalisti.
I nomi dei vincitori di questa speciale tornata elettorale verranno ufficializzati il 15 giugno. Resta l’incognita dell’affluenza che secondo l’Istituto Nazionale Elettorale sarà inferiore al 20 per cento. Forse troppo poco per parlare di esercizio democratico.
99 %
la quota dei delitti che non viene indagata in Messico secondo “Impunidad cero”. Il problema del sistema è evidente ma molti criticano la soluzione proposta.
30mila 
le vittime della guerra tra narcos nel 2024. Per l’organizzazione specializzata Acled, il Messico è il quarto Paese più violento al mondo dopo Palestina, Myanmar, Siria.
127mila
i desaparecidos nella narcoguerra negli ultimi 10 anni. Il comitato contro la sparizione forzata dell’Onu ha emesso 681 raccomandazioni inascoltate