Avvenire, 31 maggio 2025
Corea del Sud, la pensione non basta: gli anziani costretti a tornare a lavorare
In pensione da tre anni, il signor Kim, 65 anni, si è dovuto arrendere a una doppia evidenza. Primo: la necessità di tornare a lavorare. «Non avevo scelta – ha raccontato al Korea Times – perché la mia pensione non è sufficiente per arrivare a fine mese».
Secondo: che l’esperienza lavorativa maturata per oltre 30 anni non sarebbe servita a garantirgli un impiego nel quale continuare a metterla a frutto. Il signor Kim è così migrato da un’azienda di medie dimensioni nella quale lavorava come contabile agli scaffali di un supermercato: oggi è un addetto part-time al rifornimento.
Non si tratta di un’occorrenza solitaria ma di un fenomeno di massa. La Corea del Sud detiene un (duplice) triste primato. È il Paese con i tassi di povertà e di occupazione per gli anziani tra i più alti al mondo. I dati parlano chiaro. Il tasso di povertà degli over 65 nel Paese si attesta al 40,4%, il più alto tra tutti i 38 Paesi membri dell’Ocse, una cifra quasi tre volte superiore alla media Ocse del 14,2%.
Non solo: come testimoniano i dati pubblicati dal Ministero della Salute, del Welfare e dell’Ufficio di Statistica della Corea, il tasso di povertà è peggiorato per il secondo anno consecutivo in quella che è diventata ufficialmente lo scorso anno una società “super-anziana”, con almeno il 20% della popolazione che ha un’età pari o superiore a 65 anni. Il tasso di povertà risulta significativamente più alto tra le donne, attestandosi al 43,2% rispetto al 31,8% degli uomini. Risultato? Il tasso di occupazione del Paese per la fascia d’età si attesta al 37,3%, anche in questo caso, il più alto tra i Paesi Ocse e significativamente superiore alla media del 13,6%. Un paradosso stridente che testimonia il disarticolarsi tra la ricchezza di un Paese e il benessere generale dei suoi cittadini: la Corea del Sud è la tredicesima economia più grande al mondo e la quarta in Asia. Come scrive il quotidiano Korea JoongAng Daily, «a prima vista, la continua attività economica tra gli anziani sembra essere una risposta positiva alla diminuzione della popolazione in età lavorativa in Corea.
Gli anziani che mantengono un impiego possono contribuire all’economia con l’esperienza e la competenza accumulate.
Tuttavia, un’analisi più attenta dei dati dipinge un quadro meno ottimistico». Oltre la metà degli anziani occupati è rientrata nel mondo del lavoro con impieghi non correlati alla carriera pre-pensionamento. Molti lavorano in piccole imprese in condizioni precarie, spesso come lavoratori irregolari che svolgono lavori manuali o poco qualificati. Il 61,2% degli anziani occupati è costituito da lavoratori irregolari. Quasi la metà, il 49,4%, è impiegata in aziende con meno di 10 dipendenti. Non solo. Tra i lavoratori più anziani che hanno trovato un nuovo impiego dopo la pensione, il 53,2% fa sapere che l’attuale lavoro non è “per niente” o “solo leggermente” correlato alla precedente occupazione. In termini di tipologia di lavoro, i ruoli manuali semplici rappresentano la quota maggiore con il 35,4%, seguiti dagli operatori di macchine utensili con il 15%. Il calo della qualità del lavoro porta a un calo significativo dei salari. «Pensavo di poter mettere a frutto la mia esperienza, ma la realtà era diversa. Ora trasporto scatole per quattro ore al giorno con il salario minimo», racconta il signor Kim. L’incubo del “fine lavoro mai” non sembra così lontano dalla società sudcoreana.