Sette, 30 maggio 2025
Intervista a Barbara D’Urso
Cinquant’anni di televisione, sedici in Mediaset (Mattino Cinque, Pomeriggio Cinque, Domenica Live, Il Grande Fratello, Live-Non è la d’Urso e molti altri), arrivando a condurre quattro programmi nello stesso periodo, ascolti record, d’improvviso Barbara d’Urso sparisce dalla televisione.
L’ultima puntata di Pomeriggio Cinque saluta il pubblico per la pausa estiva: «Ci ritroviamo a settembre, sempre qui, col cuore». Ma a settembre lei non ci sarà, solo che non lo sa, né lo immagina. Nessuno viene cancellato all’apice del successo, avendo ottenuto il massimo dei risultati. Si parla di decisione condivisa tra lei e la rete, nell’unica intervista concessa tuttavia la d’Urso chiarisce: «Sono stata lasciata a casa in pochi giorni senza alcun preavviso».
Quel che segue non è una rivelazione esclusiva, né un’anticipazione su ciò che verrà (un nuovo programma? dove? quando?). Quel che segue è il ritratto di una donna di 68 anni, star amatissima che da un giorno a un altro perde tutto.
Il giorno dopo?
«Sul divano ferma immobile».
Cerca di capire?
«Sì».
Conclusione?
«Non capisco».
Un cambiamento immediato?
«Il telefono: fino al giorno prima ricevevo una media di duecento messaggi al giorno, li ho contati. Il giorno dopo dieci, spariti tutti. Sono rimasti gli amici più stretti».
Cosa significa perdere qualcosa/qualcuno d’importante?
«Ogni volta che succede io torno alla prima perdita».
Ovvero?
«Mia madre».
Quanti anni aveva lei?
«Undici io, otto mia sorella, tre mio fratello».
Sua madre si ammala.
«Appena nasce mio fratello, mamma rientra dalla clinica, si mette a letto e non si alza più (ndr: morbo di Hodgkin)».
Da quel momento?
«Per quattro anni, la prima cosa che chiedo mettendo piede a casa, nemmeno il tempo di poggiare la cartella: “come sta mamma?”. Ero sicura che sarebbe guarita».
Perché?
«Non era concepibile un mondo senza mamma. Di lei ricordo il sorriso nonostante la malattia, quel sorriso che oggi è il mio».
La quotidianità di voi bambini?
«Tutto si svolge in camera di mamma. L’albero di Natale, i giochi. Una sera nel letto con lei a guardare Un disco per l’estate, io ballicchio, mia nonna dice: “stai ferma, sennò esce l’ago”».
L’ago.
«Nella mia testa c’è l’immagine di mia madre con un ago perennemente infilato nel braccio, la flebo. Oppure l’immagine della porta di camera sua chiusa: i medici dentro, noi figli fuori. Io chiedo il perché, qualcuno risponde: “non trovano la vena”. Ecco, quella porta chiusa riappare spesso».
Nel senso?
«La rabbia di non poter far niente, il senso di impotenza. Da qui, credo, la mia voglia di abbattere le porte chiuse».
Abbattute?
«Le battaglie che ho portato avanti a Pomeriggio Cinque erano porte chiuse».
Esempio?
«Contro la discriminazione di genere, contro la violenza sulle donne. Storie di degrado, solitudine, situazioni di abbandono e disperazione cambiate grazie all’intervento della nostra trasmissione».
Una in particolare?
«Sui giornali esce la notizia: Giovane disabile segregato per anni in Calabria, legato al letto dalla madre. Ma poi, intervistando la donna, entrando nella loro casa, capisco, capiamo che la vicenda è ben diversa. Questa donna sola, senza marito e senza lavoro, vive da trent’anni in una casa fatiscente. Due figli disabili, il primo in una struttura, il secondo rifiutato da tutte le strutture perché troppo aggressivo, nessuno lo vuole. Così la madre lo accudisce, non lo lascia mai, se si allontana, lui cerca di buttarsi dalla finestra. Con il nostro interessamento e la nostra insistenza il ragazzo è stato accolto in una struttura, e alla madre è stato dato un alloggio dignitoso».
La televisione aiuta?
«Se pensa che quella madre pur di non lasciare il figlio solo non era mai andata da un medico, né da un dentista. Aveva perso tutti i denti, e si vergognava a mostrarsi in video, teneva la mascherina. Diceva: “non riesco a parlare senza. Io voglio ridere».
E?
«Siamo riusciti a mandarla da un dentista che le ha messo tutti i denti. Era felice. Ha riso».
Torniamo a Barbara d’Urso bambina: la morte della mamma.
«Agosto, noi figli siamo in campagna. Una notte mi sveglia mia zia, dice che bisogna rientrare a Napoli perché mamma si è aggravata. Partiamo. Facciamo una sosta, mio zio chiama casa. Mia zia mi comunica che mamma sta meglio, dietrofront».
La verità?
«Mamma è morta, ma nessuno me lo dice».
Dunque?
«Credendo che stia bene, corro, gioco. Ho un ricordo: io sull’altalena che dico tra me e me: “se tocco le foglie dell’albero, mamma vive per sempre”».
Toccate?
«Con un piede».
Una paura dell’infanzia?
«Le vipere».
Ancora nei giorni della morte di sua madre?
«Mentre mia madre muore, o forse è già morta, mentre c’è il funerale, a me viene il ciclo per la prima volta. Nessuno mi aveva spiegato cosa fosse. Perciò mi spavento, penso che sto per morire».
Sua madre muore e lei diventa grande?
«Sì».
In seguito?
«Arriva mio padre, mi prende da parte e dice: “mamma ci ha lasciato”. Fine. Nessuno a casa mia parlerà più di mamma. Mio padre si risposa, cambiamo casa. Io non ho ricordi di quell’anno, solo buio. I ricordi ricominciano nella casa nuova, ho dodici anni».
Conseguenza?
«Non parlando della morte di mamma, non supero mai il lutto. Emotivamente sto ancora lì, fuori dalla porta chiusa».
Eppure.
«Non aver affrontato quella perdita per contrasto mi ha insegnato a non rimuovere il dolore, il dolore va attraversato. Dunque eccomi qui».
Le tolgono il programma, è giugno, palinsesti chiusi, lei sa che salterà tutto l’anno successivo. Cosa fa?
«Devo occupare la mente, e il tempo. Di colpo ho tanto tempo a disposizione».
Nel concreto?
«Per sedici anni di diretta quotidiana c’era chi mi truccava, pettinava. Chi mi cambiava lo smalto. Chi sceglieva gli abiti per me. Prima cosa allora: prendere dimestichezza col trucco».
Impara?
«Non benissimo».
Altro?
«A fine agosto, quando sta per ricominciare Pomeriggio Cinque senza di me, capisco che non posso rimanere in Italia: troppo dolore. Qualcuno al posto mio sarebbe partito per mete paradisiache, Bali, Honolulu, sarebbe andato a divertirsi. Io vado a Londra a studiare inglese».
Chi l’accompagna?
«Vado da sola, prendo in affitto un b&b. M’iscrivo a un college, faccio lezione dalle otto di mattina alle cinque di pomeriggio».
Poi?
«Cammino».
Pensieri?
«Mi sono piaciuta».
Motivo?
«Per come ho affrontato la sofferenza».
Lei non finge.
«È stata sofferenza, lo è ancora».
Problemi pratici fuori da Mediaset?
«Vivendo da anni negli studi televisivi, tutte le mie cose, vestiti, scarpe, erano nei magazzini e nei camerini. Finito Pomeriggio Cinque, giugno, vado al mare dove ho costumi e magliette – il necessario. Poi però, rientrata a Milano, devo partire per Londra».
Quindi?
«La mia amica Angelica va a Mediaset con una grande valigia. La guardia le apre il camerino, lei prende qualche vestito. Io parto per Londra, torno. Arriva l’inverno».
L’inverno.
«Ogni tanto Angelica va a Mediaset a prendermi qualcosa. Fino al 31 dicembre, quando scade il mio contratto».
A quel punto?
«Mediaset svuota magazzini e camerini delle mie cose. Io dico: “mi raccomando i pupazzi”».
I pupazzi?
«Pupazzi, cuscini, i regali dei fan».
E?
«Arrivano due tir pieni di roba. Qualcosa la tengo, i pupazzi appunto. Il resto, vestiti, scarpe, le Barbie Barbara d’Urso, le cartelline iconiche con scritto B d U, addirittura le buste shock di Live-non è la d’Urso, le vendo. Organizzo una vendita di beneficenza a favore della cooperativa sociale Arimo (ndr: comunità educativa per adolescenti in difficoltà)».
Quando arrivano i tir?
«Mi ritrovo in mezzo agli scatoloni».
Gli scatoloni.
«Oltre ai vestiti dentro ci sono madonnine, rosari, libri, foto dei figli. Insomma, mi è stata riportata indietro la mia vita per intero».
Senonché?
«Mi siedo per terra, e sento chiaramente che quell’istante non significa solo ritrovarsi in mezzo alle mie cose. Piuttosto ritrovarmi davanti a me stessa, quella che sono stata fin lì, infanzia inclusa, poiché a Mediaset tenevo anche i ricordi d’infanzia come le foto di mia madre e mio padre il giorno di matrimonio».
Sensazione?
«Solitudine».
Niente rabbia?
«Stordimento. Poi mi rialzo e inizio a catalogare ogni cosa».
La spinta per rialzarsi?
«Un’immagine: il vuoto. Ma in quel vuoto ci sono io. E io il vuoto lo so riempire. Da ragazzina, se i miei fratelli non c’erano, nella grande casa deserta io pattinavo. Ho sempre fatto tanto rumore».
Dopo la rottura con Mediaset, due anni di assenza: perché?
«Non è stata una mia scelta, ma ho deciso di non parlarne. Per ora».
Nei due anni?
«A parte andare a Londra a imparare l’inglese, aprire una società di eventi, intensificare le tournée dello spettacolo teatrale, andare in balera con gli amici, mi sono iscritta a una scuola di danza classica. Ho sempre preso lezioni con un maestro privato, solo che sei mesi fa il maestro si trasferisce a Venezia. Invece di cercare un sostituto, decido di fare un corso. Siamo in dieci, dieci donne dai venti ai settant’anni. E avviene la scoperta».
La scoperta?
«Col maestro privato io facevo quello che volevo e credevo di essere bravissima: le pirouette perfette, con lui che mi teneva. Arrivo al corso, e scopro di essere più indietro di tutte».
Sconforto?
«M’impegno. Alle lezioni di gruppo aggiungo quelle private».
Risultato?
«Ho quasi raggiunto le altre».
Cioè?
«Le pirouette le faccio da sola. Anche quattro di seguito».
La paura di Barbara d’Urso oggi?
«Le vipere. Sempre loro».