Corriere della Sera, 30 maggio 2025
«Inter e Psg un inno alla libertà e al gioco, la mia partita del cuore»
Psg-Inter è la partita di Youri Djorkaeff, uomo chiave dello sviluppo del calcio per la Fifa. Una finale che fa anche da traino perfetto per il Mondiale per club.
«Sì è vero. La qualità del percorso di Psg e Inter è stata incredibile e hanno meritato la finale. È la mia partita del cuore, per quello che ho fatto in campo, ma ancora di più per quello che ho fatto fuori dal campo: due miei figli sono nati a Milano».
L’aveva prevista a febbraio. Ci credeva davvero?
«L’ho detto davanti ai miei amici e tutti hanno sorriso. Ma ero convinto, perché sono due squadre con un gioco forte e un cuore grande. Come l’Inter contro il Barcellona e come il Psg con il Liverpool: sono le squadre più belle».
La pressione è più forte sul Paris?
«Sì e no. Anche l’Inter ne ha dopo aver perso lo scudetto».
Il Psg è molto più ricco. L’Inter può davvero farcela?
«Inzaghi ha portato in alto la squadra anche quando non c’era molto da spendere e ha fatto un grande lavoro. Ma la differenza principale è che l’Inter ha già giocato la finale due anni fa e non ha cambiato tanti giocatori».
Per Thierry Henry quello di Inzaghi è «un calcio folle in cui gli attaccanti difendono e i difensori fanno gol».
«Quello che mi piace dell’Inter è che è in grado di cambiare il corso del gioco, ha una volontà di ferro».
Nel 1996 ha vinto la Coppa delle Coppe col Psg: avrebbe mai pensato che sarebbe stato l’ultimo trofeo?
«È incredibile, perché avevamo aperto un ciclo. Anche gli anni del Qatar hanno portato poco: non c’era bisogno solo di grandi giocatori, ma di un grande allenatore come Luis Enrique, che capisse la difficoltà di allenare a Parigi».
Ora la stella è lui?
«La squadra era forte anche con Mbappé, ma per vincere servivano scelte forti. Luis Enrique ha voltato la pagina delle star per prendere giocatori che lottano per il club».
Suo padre è stato capitano del Psg e della Francia. Può capire il peso di Thuram?
«Sì, la sua situazione è incredibile, perché è in finale da protagonista, gioca con uno dei più grandi club al mondo, contro il club più importante del suo Paese».
È esagerato dire che Moratti è stato quasi un secondo padre per lei?
«No, è davvero così. Mi è dispiaciuto non esserci al compleanno, ma ci siamo sentiti. Il presidente ha cambiato la mia vita. Alla consegna della Legion d’Onore potevo invitare solo cinque persone, lui era tra queste. Ed era felicissimo».
Al primo gol lei gli regalò un vino pregiato.
«Sì, lo presi da Peck, molto costoso, ma se lo meritava».
Non era agli 80 anni di Moratti perché era in Paraguay per la Fifa. In cosa consiste il suo lavoro?
Far crescere il calcio
Con la Fifa cerchiamo di far crescere il calcio in tutto il mondo, tramite strutture e competizioni
«Il futuro del calcio è in tutto il mondo e noi lo facciamo crescere ovunque: con strutture e competizioni».
Il Mondiale per club nasce anche per questo?
«La grande forza della Fifa è anticipare le novità che possono essere positive per i club, non solo in Europa. Questa competizione arriva al momento giusto, per vedere qual è la squadra più forte del mondo e far crescere il mercato negli Usa».
A proposito di compleanni, il suo non è banale.
«Sì, sono nato il 9 marzo come l’Inter, anzi come l’Fc Internazionale. E anch’io ho radici ovunque. L’Italia poi è sempre stata vicina alla causa armena e alla memoria del genocidio, con una comunità forte a Milano. Per me era importante anche questo».
La sua foto col baby Mkhitrayan è invecchiata bene.
«È vero e sono molto felice per lui e la sua famiglia, gente con dei valori. Henrik porta la bandiera dell’Armenia nel mondo».
Donnarumma-Sommer che sfida è?
«Possono essere i protagonisti. Sommer ha fatto una grande carriera e Gigio ha fatto una seconda parte di stagione che nessuno si aspettava. È tornato fortissimo».
Lei aveva l’ossessione del tiro “perfetto”. Chi è il migliore tiratore di domani?
«Come gesto, Doué ha la capacità di trovare l’angolo giusto. E poi c’è Dembelé: con lui non si sa mai. Non è il classico centravanti: sarà un problema in più per Acerbi».
Fin qui è stata anche la Champions di Lautaro.
«C’è sempre, conosce la sua forza e la presenza nel gioco: può essere davvero la sua finale perché ha la capacità di portare la squadra al top».
Sarà anche Qatar vs Usa.
«Alla fine sarà soprattutto la finale della Curva Nord e della Porte d’Auteil: il calcio che vogliamo è quello».
Però ci sono problemi coi biglietti per gli ultrà. Può essere un fattore?
«Da quel che so vale anche per i parigini».
Parlando del suo famoso gol alla Roma lei ha detto che si sentiva «libero». Cosa vuol dire? E si può essere liberi anche in una finale di Champions?
«Bella domanda, potremmo stare un’ora a parlarne. Diciamo che la libertà è quando riesci a fare tutto quello che pensi, senza dover dire una parola. In modo naturale».
Quindi sarà la finale tra due squadre libere?
«Mi sembra la definizione perfetta».