lastampa.it, 30 maggio 2025
Alta velocità, perché oggi i treni vanno più piano rispetto a quando è nata
La puntualità dei treni ad Alta velocità nei primi mesi dell’anno è in miglioramento, giurano da Trenitalia, con una media di circa l’80% dei convogli da 300 all’ora arrivati in orario tra gennaio e marzo. La realtà dei numeri dice però che i nostri treni veloci sono in panne. E non solo per via di guasti e ritardi. Ma anche per le promesse non mantenute.
Quando nei primi anni Duemila l’Alta velocità muoveva i suoi primi passi, i vertici di Ferrovie preferivano reclamizzarla come “Alta capacità di trasporto”, riferendosi a passeggeri e merci. A venti anni di distanza quelle linee che di notte avrebbero dovuto far sferragliare i treni cargo sono in realtà rimaste deserte, tanto che su ferro continua a muoversi solo il 5% delle merci mentre il 68% viaggia ancora su gomma, intasando strade e autostrade d’Italia.
Sicuramente di passeggeri invece l’Av ne ha trasportati sempre di più, passando dai circa 6,5 milioni del 2008 ai 40 milioni e passa di oggi, con una flotta di Frecce che dai 108 convogli del 2008 è ora composta da 270 unità che intasano una rete che non ce la fa a reggere il traffico sempre in aumento. Tanto più se mal tenuta e con una estensione pari a meno di un terzo dei 2.700 km di binari Av francesi e ad appena un quarto dei 3.900 spagnoli.
Cosa succede
E così, mentre alla chetichella – una manciata di minuti oggi, un’altra domani – l’orario ufficiale della dorsale Roma-Milano si allunga di una buona mezz’ora, aumentano i guasti di treni e linee che fanno diventare routine i ritardi. Tanto da spingere sempre più passeggeri di nuovo verso l’aereo. Secondo il Codacons, nei primi due mesi dell’anno si sono contati già 104 forti rallentamenti o sospensioni della circolazione che hanno trasformato in un calvario il viaggio di tanti italiani. Basti ricordare lo stop di ore della circolazione per un guasto alla linea aerea alla stazione di Torino il 2 gennaio e i ritardi fino a 10 ore toccati ai treni in arrivo e partenza da Roma Termini sei giorni dopo per un guasto agli impianti di circolazione sulla Firenze-Bologna.
Per avere dati sulle percentuali di treni Av in ritardo non ci sono altre fonti che Trenitalia e Italo. La prima registra ritardi nel 25% delle corse, che diventano però del 65% sulla Salerno-Torino, del 30% sulla Milano-Roma. Italo invece comunica che solo il19% dei suoi treni non arriva in orario. «Ma sono percentuali che nessuno può verificare e che non tengono realmente conto della cause esterne, come investimenti e maltempo, che farebbero scendere la media dei treni puntali al di sotto del 50%», afferma Gianfranco Battisti, uno che di traffico ferroviario ne sa qualcosa, avendo ricoperto il ruolo di Ad delle Fs dal 2018 al 2021.
Oltre agli imprevisti c’è poi proprio l’orario ufficiale di Trenitalia a segnalare la frenata delle Frecce. Che da Roma a Milano nel 2008, quando si inaugurò il tratto appenninico della linea Av, percorrevano la tratta in appena 2 ore e 45 minuti, facendo sosta solo a Bologna. Poi, con un ritocco dei tempi di percorrenza dietro l’altro, mai comunicato ufficialmente, si è arrivati alle 3 ore e 20 di oggi da Roma Tiburtina a Milano Rogoreto. Un allungamento dei tempi che si ripercuote anche sui treni diretti da Salerno verso Torino e Venezia.
Perché succede
Per spiegare questa debacle il ministro dei Trasporti Matteo Salvini e gli attuali vertici di ferrovie, capitanati dall’ad Stefano Antonio Donnarumma, hanno più volte parlato di aumento della domanda e dei 1.200 cantieri aperti per migliorare le linee, preannunciando altri 60 miliardi di investimenti da qui al 2029 con l’obiettivo di aumentare del 30% le persone raggiunte dal sistema Av. Insomma, «stiamo lavorando per voi». Peccato che a spulciare le vecchie relazioni al Parlamento di Fs prima del Covid si scopre che nel 2019 i cantieri erano più del doppio, per l’esattezza 2.900, mentre i passeggeri più o meno quelli sono rimasti.
«In realtà – spiega ancora Battisti – l’aumento dei tempi di percorrenza e dei ritardi si deve solo in minima parte al maggior traffico sulle linee, mentre le vere cause vanno ricercate nella peggiorata manutenzione di mezzi e linee. E se si allungano anche i tempi dei ripristini delle linee una volta verificatosi il guasto, questo dipende da una minore efficienza delle sale operative rispetto al passato. In altre parole, dietro c’è soprattutto un problema di governance, per cui il problema non lo si risolve tagliando del 15% le corse come propone Salvini».
Chi ne beneficia
Una soluzione – quella evocata dal ministro – che tra l’altro finirebbe per far vendere meno biglietti, impattando così negativamente anche sui margini operativi di Trenitalia. Già minacciati tra l’altro dalla riscossa dell’aereo. Una tendenza che si è cominciata a rilevare intorno al 2022, dopo lo stop pandemico dei trasporti e che ha poi trovato conferma nei due anni successivi. Un periodo durante il quale sempre più italiani in viaggio tra Roma e Milano hanno scelto la “navetta dei cieli” che tra Fiumicino e Linate, secondo i dati dell’Enac, ha trasportato un milione e 53mila persone, il 21% in più rispetto all’anno precedente, il 74% rispetto al 2022 e il 37% se si confronta il numero con quello del 2019. Una avanzata resa possibile anche da tariffe sempre più concorrenziali, visto che con Ita si riesce a viaggiare andata e ritorno con 100 euro contro i 98 di Trenitalia rilevati a marzo. E così mentre l’Europa riscopre il treno anche per lunghi spostamenti da una nazione all’altra, da noi si torna a volare. Non per quel “blu dipinto di blu” delle note piene di speranze degli anni ’50, ma per sfuggire ai disagi dei nostri treni sempre meno veloci, sempre più in panne