il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2025
Appello, la tagliola di Nordio: vietarlo per quasi tutti i reati
Estendere l’impossibilità di presentare ricorso contro le sentenze di proscioglimento a tutti i reati, fatta eccezione per la mafia e il terrorismo. E poi impostare un processo di Appello che non si basi solo su quanto raccolto in primo grado, ma che rianalizzi tutto daccapo. È l’idea alla quale, da qualche tempo, stanno lavorando gli uffici del ministero della Giustizia di via Arenula. E riguarda da una parte il funzionamento del processo di secondo grado, dall’altra la possibilità di estendere il principio di inappellabilità dopo le assoluzioni anche a delitti più gravi, compresi – per citarne alcuni – quelli contro la Pubblica amministrazione, a cominciare dalle corruzioni, o anche l’omicidio.
È l’ennesima riforma alla quale starebbe pensando il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Che volesse riformare l’Appello lo ha dichiarato lui stesso in un’intervista al Corriere della Sera. Partendo dal caso Garlasco, ma parlando in generale, senza entrare nel dettaglio, Nordio ha spiegato: “Dopo un proscioglimento è irragionevole una condanna. Soprattutto se le assoluzioni sono due”. “In generale – ha aggiunto – se vengono acquisite nuove prove a carico dell’imputato, prima che la sentenza passi in giudicato, si deve rifare il processo ex novo. Non inserirle nel fascicolo già formato, come avviene in appello”.
In via Arenula si guarda al modello britannico di Common Law. In sostanza – è il ragionamento di alcuni addetti ai lavori – oggi l’Appello si basa sugli atti del processo di primo grado. E dunque eventuali errori commessi resteranno in piedi anche nei successivi gradi di giudizio. Quindi l’idea è quella di impostare un processo di Appello nuovo, basandolo sul principio del dubbio pro reo, ossia “nel dubbio, a favore dell’imputato”. E così in secondo grado tutte le prove dovranno essere analizzate daccapo.
C’è poi la questione dell’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento. Era stata la riforma Cartabia, con il decreto legislativo 150 del 2022, a modificare il comma 3 quater dell’articolo 428 del codice di procedura penale che riguarda l’“impugnazione della sentenza di non luogo a procedere”. Si è così stabilito che “sono inappellabili le sentenze di non luogo a procedere relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa”. Si tratta di reati minori, ovvero le contravvenzioni. La cosiddetta “Legge Nordio”, la 114 del 2024 (quella che ha abrogato l’abuso d’ufficio), però poi ha esteso in parte questo principio di inappellabilità ad altri reati. All’articolo 593 del codice di procedura penale (“Casi di Appello”) ha stabilito al comma 2 che “il pubblico ministero non può appellare contro le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2”.
Vuol dire che i magistrati non potranno presentare ricorso in Appello anche per quei reati a citazione diretta a giudizio. Per elencarne alcuni: resistenza a pubblico ufficiale, falsa testimonianza, evasione, tranne nei casi in cui la violenza o la minaccia siano state commesse con armi o da più persone riunite. E poi rissa (tranne nei casi in cui abbia avuto come conseguenza morte o lesioni), lesioni personali stradali gravi, truffa, appropriazione indebita e ricettazione. Ma non basta. Ora l’idea è quella di allargare ancora di più i reati contro i quali, in caso di proscioglimento, il pm non potrà presentare appello. E potrebbero essere compresi quindi anche i reati contro la Pubblica amministrazione, come le corruzioni o le concussioni, e altri delitti. Saranno esclusi, invece, i reati di mafia e terrorismo.
Certo, è l’ennesima riforma ancora allo stato embrionale. Per adesso non vi è nulla di preciso, resta un’idea. Se ne riparlerà dopo un’altra battaglia cara al ministro Nordio, quella sulla separazione delle carriere. Questa riforma costituzionale è stata approvata già a gennaio scorso dalla Camera dei deputati. Mancano ancora il passaggio in Senato e il referendum. I tempi sono lunghi, ma qualora dovesse entrare in vigore, il processo cambierà. E a quel punto si potrà intervenire anche sull’Appello.