ilmessaggero.it, 30 maggio 2025
Giancarlo Galan: «Ridatemi il vitalizio, non ho reddito». Ma la Regione dice no e difende il pignoramento
Palazzo Ferro Fini resisterà in giudizio nei confronti dell’ex governatore (ed ex ministro) Giancarlo Galan sulla questione del vitalizio. Martedì l’ufficio di presidenza ha deliberato la costituzione nel ricorso promosso dall’ex Doge contro lo stesso Consiglio regionale, la Regione e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione davanti al Tribunale di Venezia. L’istituzione si opporrà alla richiesta di pignorare solo un quinto (cioè 565,16 euro netti) dell’assegno mensile (pari a 5.420,83 euro lordi), che attualmente viene interamente trattenuto a graduale copertura della condanna contabile a 5,8 milioni rimediata per lo scandalo Mose, poiché il 69enne «non ha alcuna altra fonte di reddito» e «riesce a vivere con quanto gli viene elargito dal fratello».
Il credito
Galan aveva regolarmente percepito l’emolumento da maggio 2012 a marzo 2013, dopodiché era stato eletto alla Camera, per cui l’erogazione era stata ripristinata solo ad aprile 2016 ma soltanto fino a giugno, in quanto erano poi scattate le procedure erariali per il credito da 576.983,79 euro incardinato a Padova e quello da 5.230.085,19 maturato a Rovigo. «Oggi il vitalizio regionale ha assunto natura previdenziale, a seguito di recenti modifiche legislative, che lo hanno riconfigurato in termini dichiaratamente pensionistici», hanno però argomentato gli avvocati Maurizio Paniz e Stefania Fullin, secondo i quali «non è più ammissibile ed è illegittima l’intera privazione del suo importo». Stando alla ricostruzione della difesa, l’ex maggiorente di Forza Italia «non può svolgere attività lavorativa a causa delle proprie precarie condizioni di salute», non ha maturato il diritto al vitalizio parlamentare «non avendo raggiunto il minimo di 4 anni, sei mesi ed un giorno di mandato elettivo», «non riceve nemmeno un qualche sussidio od altra forma di sostegno al reddito»: vive nell’alloggio che il fratello «gli ha messo a disposizione» sui Colli Berici e «non dispone di alcun bene (mobile o di altro genere) poiché tutto quanto possedeva gli è stato confiscato».
Questa settimana i vertici dell’assemblea legislativa hanno preso atto formalmente del ricorso, notificato lo scorso 9 maggio e ritenuto conseguenza del mutamento sopravvenuto, «per quanto allo stato non ancora consolidato», del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento in materia di vitalizio, «cui è stata riconosciuto, se non carattere e natura di istituto previdenziale in senso proprio, quantomeno, funzione di tipo previdenziale, ovvero quale strumento per la tutela della dignità della persona, in quanto preordinato a provvedere ad esigenze di vita successive alla cessazione del mandato ed in ragione del conseguimento di un limite minimo di età». Da un lato Palazzo Ferro Fini ha rilevato che il Consiglio regionale del Veneto «non parrebbe costituire, nel ricorso in questione, parte necessaria del contenzioso attivato», in quanto «soggetto terzo» del pignoramento stabilito dai giudici dell’esecuzione di Padova e Rovigo. D’altro canto, però, l’istituzione ha osservato che con l’azione legale è stata chiesta la sua condanna «a decorrere da agosto 2022 con corresponsione di arretrati maturati e maturandi, maggiorati con gli interessi moratori e rivalutazione monetaria».
Per i giuristi regionali, invece, «nessun obbligo, in termini di condanna, ed a non meglio definite prestazioni, tantomeno ad effetto retroattivo, può configurarsi in capo ad un ente, quale il Consiglio regionale del Veneto, che ha puntualmente adempiuto» ai compiti che gli spettano in qualità di terzo pignorato. Per sostenere questa posizione davanti al Tribunale di Venezia, perciò, l’Avvocatura regionale è stata incaricata di resistere in giudizio contro il “suo” ex presidente.