Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  maggio 30 Venerdì calendario

Il “machismo” del tycoon e il potere di conservazione

L’attacco di Donald Trump ha coinvolto una mezza dozzina di università private americane, che si sono viste congelare 5 miliardi e mezzo di dollari dalla sua Amministrazione. Quasi tutte hanno protestato, ma solo Harvard ha ingaggiato una vera propria battaglia con il governo conservatore. Perché solo l’ateneo di Cambridge può farlo. Harvard, con un patrimonio di 53,2 miliardi di dollari, quasi 400 anni di storia e una rete di ex studenti che permea da sempre i livelli più alti del potere americano (compresi 8 presidenti e 15 giudici della Corte Suprema, di cui quattro attuali) allunga le radici in profondità nei vertici della società americana, rappresentando una delle fonti principali di quello che il politologo (di Harvard) Joseph Nye ha chiamato “soft power”, vale a dire la capacità di creare il pensiero politico, l’innovazione tecnologica e le tendenze economiche che formano la base della potenza americana. Un potere che non può muoversi liberamente sotto la pressione di test ideologici.
Harvard ha respinto gli ordini di Trump che imponevano controlli delle tendenze politiche nel suo campus e misure punitive per gli studenti considerati “ostili ai valori americani”.
Misure che Harvard non avrebbe mai potuto accettare perché non si considera una delle istituzioni Usa che propagano i valori americani, ma una delle pochissime che li ha creati e che li plasma nel tempo. Custodire questo privilegio fa parte della sua missione, e rappresenta una minaccia per un presidente determinato ad accumulare potere. La lotta di Harvard dunque è una lotta esclusiva, non una protesta che parte dal basso della società americana, dove non si sono ancora sollevati movimenti significativi di opposizione a Trump. Ma proprio per quello potrebbe essere la più difficile da vincere per il capo della Casa Bianca, costretto a confrontarsi con un’élite che vede in Harvard il biglietto da visita indispensabile per entrare nei giri che contano. Ecco allora che assume un certo peso la notizia pubblicata dall’Indipendent e negata dalla First lady con un raro pronunciamento, che l’accanimento di Donald contro Harvard sia dovuto al rifiuto dell’ateneo di ammettere il figlio Barron, al contrario della figlia di Barack Obama, Malia. Una conferma che Harvard tiene ancora in mano le chiavi della stanza dei bottoni, e non le concede tanto facilmente.