la Repubblica, 29 maggio 2025
Un chilo per 23 euro la ciliegia è diventata il nuovo frutto proibito
Per anni in Puglia si è vagheggiato dell’oro rosso. Il tesoro nascosto che avrebbe potuto far ricchi gli agricoltori. Ora il momento in cui le ciliegie sono diventate preziose come rubini (ma non ancora per i coltivatori) è arrivato. Se ne sono accorti i milanesi, che si sono ritrovati, negli scaffali dei supermercati, il prodotto a 23,3 euro al chilo. La varietà è la Bigarreau. «Figuriamoci quando arriveranno le Ferrovia», prevede Terry De Pietro, di Coldiretti.
Le ciliegie “Ferrovia”, tra le più care insieme alle “Vignola”, prendono il nome dalla leggenda del primo albero, che sarebbe cresciuto da un nocciolo gettato da un treno nel giardino di un casellante nel 1935. Col tempo Turi (Bari) è diventata la capitale italiana: dalla Puglia arriva il 30 per cento della produzione nazionale. Ma il lusso, a Milano, erano le primizie cilene a dicembre, non le Ferrovia a maggio. «Non si è mai capito in quale passaggio il prezzo s’impenna», dice Nicola D’Onghia, coltivatore di Gioia del Colle. Un indizio lo fornisce Michele Colella, che ha un ciliegeto a Corato e fa marmellate: «Oggi abbiamo ospitato una scolaresca. Per i ragazzi è stata una caccia al tesoro, non ne trovavano». E Donato Fanelli, produttore di Conversano, conferma: «Ora non diciamo più: “Andiamo a raccogliere le ciliegie” ma “andiamo a cercarle”». Coldiretti stima un calo della produzione del 70-80 per cento. Per il clima impazzito: prima un caldo eccessivo, poi la gelata di aprile, infine le grandinate. Scarseggia anche la manodopera, tanto che per sopperire, e per ospitare meglio i migranti in arrivo per la raccolta, il Comune di Turi ha messo a disposizione di 90 lavoratori un intero stabile.
Ma per una spiegazione più completa bisogna fare un passo indietro. A maggio 2021, quando a Casamassima gli agricoltori riversavano intere casse di Ferrovia per strada. I grossisti compravano a un euro al chilo. Troppo poco: molti coltivatori decisero così di convertire i ceraseti in vigneti. O in uliveti. Più facili da coltivare – le olive, se non raccolte in tempo, non marciscono come le ciliegie – e più redditizi, visto l’aumento costante del prezzo dell’olio d’oliva.
Senonché anche le ciliegie, come tutti i “piccoli frutti”, sono sempre più richieste dal mercato: i consumatori non vogliono perdere tempo a sbucciare mele o pere. E così ora a meno di cinque euro al chilo ciliegie negli alberi non se ne trovano più. Neanche tanto, assicura Fanelli: «Un raccoglitore lo devi pagare 70 euro alla giornata». Il grossista p oi fa il suo ricarico, che include anche il trasporto. E così un chilo di ciliegie arriva a 9 (ma può toccare picchi di 13) euro al chilo alla grande distribuzione. E qui può avvenire di tutto: si va dagli 11-12 euro di Roma ai 20 di Bologna e ai 23 di Milano. Un sogno, la cassetta da mezzo chilo a 3,99 euro di quattro anni fa. A meno di voler andare a Telese Terme, dove tuttora in un supermercato una confezione da 500 grammi è in offerta a 3,90. Come mai? «Vengono dalla Turchia», suggeriscono in Puglia. Anche all’Ortomercato di Milano i prezzi sono molto variabili: dai 5 agli 8 euro al chilo. Di fronte a una volatilità così alta, anche i commercianti al dettaglio, che di solito si mantenevano sul classico ricarico del 40 per cento, ora azzardano di più. «Così però allontani il consumatore – commenta Fanelli – e infatti gli ordini cominciano a scendere. Perché gli stipendi sono bassi. E non siamo tutti costretti a mangiare ciliegie: ci sono anche le pesche, le fragole, le nettarine…».