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 2025  maggio 29 Giovedì calendario

Una vita così Beautiful

A volte ritornano: i divi di Beautiful hanno un legame speciale con l’Italia e più volte si sono concessi una gita lavorativa: dal Lago di Como a Portofino alla Puglia, il nostro Paese li ha accolti per girare alcune puntate – volano straordinario per il turismo: la soap ha 35 milioni di spettatori al giorno in circa 100 Paesi. I Beautiful days sono tornati, stavolta a Napoli e Capri, fino a sabato il set a cielo aperto delle avventure di casa Forrester, in onda tutti i giorni alle 13,45 su Canale 5. Puntate che qui vedremo solo nel 2026. Ma c’è una buona notizia: oltre alla mitica Brooke (Katherine Kelly Lang), il suo Ridge (Thorsten Kaye) e il ritorno di Nick Marone (Jack Wagner), in Italia c’è pure John McCook, storico interprete di Eric Forrester, uno presente dalla prima puntata. Ergo, non morirà come sembrerebbe dagli episodi ora in onda. «Vedrà la morte in faccia e questo cambierà il suo approccio alla vita – svela l’attore – ma, sì: ora sta molto meglio».
Dopo 38 anni, non scalpitava per essere liberato da Eric?
«No, assolutamente. Sembra paradossale perché la vocazione di un attore è quella di mutare sempre, e vivere mille vite. Ma un ruolo così stabile vuol dire anche un lavoro stabile: uno stipendio sicuro per la famiglia. Io sono felice e realizzato: amo Beautiful ed Eric. Inoltre sono sempre libero di fare un film, se e quando voglio».
Di questi tempi, è un lusso un posto al sole a Hollywood?
«Hollywood sta attraversando una fase molto difficile. Non che sia mai stato facile sfondare, ma ora lo è ancora di più: ci sono meno produzioni e pochi provini, sia al cinema che in tv. Quindi sì, chiunque abbia un programma da più di 4-5 (io addirittura da 38...) si sente fortunato».
Pagate l’effetto Trump?
«Siamo tutti disgustati per la sua elezione, Hollywood è un ambiente liberal e si trova in disaccordo più o meno con tutte le sue decisioni. Al momento non abbiamo avuto un impatto diretto ma i dazi renderanno la gente più povera: forse si andrà meno al cinema e i film faticheranno a incassare».
Eric è uno stilista di grido. Lei come se la cava con ago e filo?
«Non so fare nulla».
Nemmeno cucire un bottone?
«Manco morto…».

È almeno appassionato di moda?
«No, non mi interessa. Il mio rapporto con il costumista di Beautiful assomiglia a quello con mia madre: lui mi dice cosa vestire e come comportarmi, io eseguo».

Quando fece il provino per Eric, le dissero che era troppo giovane: avrebbero dovuto invecchiarla. Le pesò?
«In realtà la natura ha fatto in fretta il suo corso: 2 anni dopo avevo i capelli grigi, quindi non serviva più la tinta. Tuttavia fui lusingato che la produzione volesse me, anche se ero 10 anni più giovane delpersonaggio.
L’ho preso come un atto di fiducia. Ricordo che, mentre ero al trucco e parrucco, il produttore mi diceva: “Vedrai, andrà bene, ci crederanno tutti”. Direi che aveva proprio ragione, visto che sono ancora qui».
A Beautiful succede di tutto: agnizioni, tradimenti, resurrezioni. C’è una svolta che l’ha fatta sorridere?
«In realtà i colpi di scena e le trovate scioccanti sono una benedizione per noi attori. In quel momento diventiamo i più grandi fan dello show perché sono queste le storie che cerchiamo e che vogliamo interpretare. Personalmente la svolta narrativa che mi ha scioccato di più è quella dove Eric scopre di non essere il padre biologico di Ridge».

Ma lui resta il suo preferito?
«Certo. Eric e Ridge restano molto legati: il loro affetto va oltre il rapporto di sangue».
In Beautiful i cattivi restano tali: anche quando cercano di cambiare, ci ricascano. È una grande lezione di vita?
«Onestamente, io sono più possibilista. Si può sempre cambiare, anzi tutti noi dovremmo almeno provarci, e i maestri più grandi sono proprio gli errori. Come però insegna Beautiful, l’amore resta una grande forza che ispira al cambiamento: sia quando è corrisposto sia quando è tradito, ci porta a fare errori, a rialzarci, a lottare».
Sua figlia Molly ha preso parte a Beautiful. Da padre, ha avuto un atteggiamento protettivo sul set?
«Era nel suo destino fare l’attrice. Io recito, sua madre anche, e fin da quando aveva 4 anni Molly ripeteva che voleva salire sul palco. Non mi sono mai sentito di doverla proteggere perché è una donna sicura di sé, forte, che sa cosa vuole. Da padre, l’unica cosa che mi impensieriva era che avrebbe avuto a che fare con un ambiente, come quello del business cinematografico, molto maschile, con quello che questo comporta. Alla fine non c’è però mai stato motivo di preoccuparsi».
Le manca Susan Flannery, interprete di Stephanie?
«Molto. Ha deciso di ritirarsi e, proprio come Stephanie, nessuno avrebbe mai potuto farle cambiare idea. Mi spiace perché era bello condividere il set con lei: il conflitto che c’era tra i nostri due personaggi era avvincente e molto importante per lo show».
Ora che è in Italia, quale sarà la prima cosa che farà finito di girare?
«Camminerò per le vostre meravigliose vie. Siete un Paese immerso nella storia e nella bellezza. Il clima è simile a quello della California del Sud, ma qui siete circondati di arte, monumenti, opere classiche. Inoltre nei vostri occhi vedo una luce, una gioia di vivere, che non ritrovo in noi americani».