Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  maggio 29 Giovedì calendario

Il Tribunale dei ministri chiama Nordio su Almasri e lui nicchia

Il Tribunale dei ministri ha convocato il ministro Carlo Nordio (indagato come Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano nel caso Almasri) e al momento è in corso una discussione nel Governo sull’opportunità di andare o meno a rendere interrogatorio.
Il ministro della Giustizia è indagato dal 28 gennaio per omissione di atti di ufficio e favoreggiamento. La legge prevede 90 giorni di tempo per le indagini del Tribunale dei Ministri al termine delle quali, sentito il procuratore, può archiviare o trasmettere gli atti alla Camera per l’autorizzazione a procedere contro il ministro. I 90 giorni sono scaduti da un mese ma il Tribunale non ha deciso e si è dato una proroga. Sono stati sentite molte persone informate dei fatti. L’allora capo del DAG, il Dipartimento per gli Affari di Giustizia, Luigi Birritteri; il magistrato Cristina Lucchini, anche lei in servizio al ministero, il capo della Polizia Vittorio Pisani, il direttore dell’AISE Giovanni Caravelli e altri. Ora il Tribunale vuole interrogare l’indagato Nordio.
La convocazione non dovrebbe creare ansia in un ex pm che per una vita ha svolto interrogatori dall’altra parte del tavolo. Eppure il ministro della Giustizia, da quel che risulta al Fatto, non è convinto di andare a rispondere. Da una decina di giorni si discute del tema ai massimi livelli. Giorgia Meloni non ha preso posizione e ha delegato il dossier a Mantovano. All’inizio della scorsa settimana, da quel che Il Fatto ha ricostruito, si è svolto un confronto tra il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e il ministro. Mantovano, anche lui ex magistrato penale, è convinto che Nordio debba andare a rendere interrogatorio. Nordio nicchia.
Tutti gli indagati, compresi i ministri, possono avvalersi della facoltà di non rispondere. Ma, a parte la funzione passata, anche quella attuale renderebbe difficilmente sostenibile davanti all’opinione pubblica un rifiuto di Nordio. Il Tribunale dei Ministri in fondo è un collegio speciale creato per garantire i governanti tenendoli lontani dai pm che possono convocare i comuni mortali.
D’altro canto Nordio ha qualche ragione a essere più preoccupato di Mantovano. Questo è il secondo segnale sinistro per il ministro che lo pone in una situazione oggettivamente diversa rispetto agli altri indagati. Il primo era stata l’iscrizione. Il ministro dell’Interno Piantedosi, il sottosegretario con delega ai servizi segreti Mantovano e la presidente Meloni sono stati indagati per peculato e favoreggiamento, cioé per i due reati ipotizzati nella denuncia dell’avvocato ed ex parlamentare Luigi Ligotti dalla quale è partita tutto. Per Nordio l’iscrizione del procuratore Lo Voi (‘omessa ogni indagine’) si è estesa anche all’omissione di atti di ufficio. E ora quell’ipotesi aggiunta potrebbe preoccupare il ministro perché, a detta di molti giuristi, è meno ‘lunare’ delle altre. Dopo le prime polemiche contro la Procura, proprio l’Associazione Nazionale Magistrati aveva spiegato l’ipotesi astratta di reato: “Almasri è stato liberato per inerzia del ministro della Giustizia che avrebbe potuto e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne l’arresto in vista della consegna alla Corte penale internazionale”.
Alla fine il ministro Nordio potrebbe decidere di cedere ai consigli di Mantovano e rispondere. I rischi non sarebbero tanto penali quanto politici.
Le tre giudici che compongono il collegio (la presidente Maria Teresa Cialoni, giudice penale, e le componenti Donatella Casari, giudice del lavoro, e Valeria Cerulli, giudice penale) si sono mostrate sensibili alla trasparenza. Applicando l’articolo 116 del codice di procedura penale hanno consegnato ai denuncianti la richiesta di archiviazione nei confronti dell’ex ministro Roberto Speranza per uno dei procedimenti sull’emergenza Covid. Il documento, comprese le sintesi dell’interrogatorio di Speranza, è così finito on line. Potrebbe accadere anche con le dichiarazioni eventuali di Nordio che a quel punto potrebbero essere confrontate dalla libera stampa con quelle del ministro in Parlamento. O con quelle di Giorgia Meloni sul web. Nel suo celebre video del 28 gennaio la premier aveva detto: “La richiesta di arresto della Corte Penale Internazionale non è stata trasmessa al ministero italiano della giustizia come invece è previsto dalla legge e per questa ragione la Corte di appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida”. Da quel che è trapelato finora non sembra che questa ricostruzione sia stata confermata totalmente dalle audizioni dei magistrati in servizio allora al Ministero, in testa l’ex capo del DAG Luigi Birritteri. Anche per questo un eventuale verbale di Nordio potrebbe creare nuovo imbarazzo al Governo.