Il Messaggero, 29 maggio 2025
L’attrice approdata a Hollywood: «Per un provino andato male ho scelto di darmi allo "shopping terapeutico" a Parigi Uso camicie bianche oversize: sopra puoi scriverci qualsiasi umore»
Dalle Marche a Hollywood. È questo il cammino percorso dall’attrice Emanuela Postacchini. Nata ad Ancona nel 1991, dapprima si è avvicinata alla danza per poi innamorarsi del teatro. La sua è stata una gavetta a tutti gli effetti: ha iniziato con piccoli ruoli in produzioni televisive e cinematografiche italiane per poi approdare a coproduzioni italo-straniere e americane, come Third Person (accanto a Liam Neeson e Olivia Wilde), e The Man Who Was Thursday, con le quali è arrivata ad Hollywood. Ha raggiunto la fama internazionale grazie al ruolo di Flora nella produzione Netflix e Paramount The Alienist, per poi partecipare alla serie di Sacha Baron Cohen Who is America. Nel 2023 l’abbiamo vista nel film The Seven Faces of Jane e in Robots. A giugno tornerà sul grande schermo con un ruolo da protagonista nell’atteso film Riff Raff del regista Dito Montiel, insieme a Bill Murray, Jennifer Coolidge, Ed Harris. Attualmente è impegnata come protagonista in un nuovo progetto internazionale Flowers of Evil, diretto da Alexandra Cassavetes.
Qual è il suo rapporto con la moda?
«La moda per me è un linguaggio silenzioso ma potentissimo. È come un set: ogni giorno puoi interpretare un personaggio diverso, ma solo se rimani fedele alla tua essenza. Amo la moda che racconta storie, soprattutto quelle un po’ vissute, un po’ vintage».
Si è mai regalata momenti di shopping sfrenato?
«Sì, una volta a Parigi, dopo un provino andato male. Mi sono rifugiata da Yves Saint Laurent vintage e ho comprato un trench e un paio di guanti di pelle bordeaux. Shopping terapeutico».
Gli abiti secondo lei sono qualcosa che definisce l’immagine o hanno il potere di lanciare dei messaggi, un po’ come faceva anche la Westwood?
«Assolutamente entrambi. L’abito ti presenta al mondo, ma può anche sfidarlo. Vivienne Westwood ci ha insegnato che anche una cucitura può diventare rivoluzione. L’eleganza non ha bisogno di urlare, ma quando lo fa, lascia il segno».
Qual è il suo stile?
«Femminile, elegante, con un amore per i dettagli che raccontano».
Quale epoca lo rappresenta di più?
«Mi sento molto vicina agli Anni ’50 per quelle linee che valorizzano il corpo con grazia e naturalezza, come le gonne a vita alta, i bustini leggeri, la sensualità sottile. Ho anche però un’anima un po’ ottocentesca: adoro le camicie di organza, le maniche ampie, i tessuti che sfiorano la pelle come una carezza».
Finora quale personaggio che ha interpretato aveva lo stile più simile al suo nella realtà?
«Direi Marina in Riff Raff. Il suo modo di vestire era essenziale, quasi istintivo, ma mai trascurato. Ho amato quel guardaroba fatto di maglioni ampi, camicie rubate dall’armadio di lui, cappotti oversize. Poco dopo averla interpretata, sono rimasta incinta davvero, e quel legame tra corpo e abiti è diventato ancora più reale per me. Mi ha insegnato che la forza può avere una silhouette morbida e che la maternità può essere incredibilmente elegante».
Ha un indumento che non indosserebbe mai?
«I leggings lucidi stile disco Anni ’80: mi fanno sentire in un video sbagliato. Non amo nulla che sia troppo urlato».
Di quale invece non potrebbe fare a meno?
«Una camicia bianca oversize e ben tagliata. È come un foglio bianco: puoi scriverci sopra qualsiasi umore».
C’è una celebrity a cui si rifà per quanto riguarda lo stile?
«Audrey Hepburn: eleganza pura, classe ineguagliabile. E poi Monica Vitti con quella sensualità naturale, libera e anche un po’ selvaggia».
Ha un porta fortuna?
«Un piccolo foulard di seta rossa che tengo nella borsa. L’ho annodato al polso prima di un provino importante. Poi sono legata ad un cappotto di lana che era di mio nonno. Mi fa sentire “sostenuta"».
Guardando le foto del passato, le è sempre piaciuto il suo modo di vestire?
«No, ma mi intenerisce. Ogni scelta, anche sbagliata, era un pezzo di me che cercava di uscire».
Quanto è sostenibile il suo approccio alla moda?
«Cerco di comprare poco, bene e con amore. Vintage, sartoria italiana, e quando posso scelgo brand etici. La moda deve rispettare il tempo, non solo seguirlo».