Il Messaggero, 29 maggio 2025
Raddoppiano i delitti compiuti dai minori «Spesso per futili motivi»
Focus sugli omicidi minorili al congresso della Società italiana di psichiatria e psicopatologia forense che si è concluso pochi giorni fa. L’emergenza della cronaca, di fatto, ha obbligato gli specialisti a scandagliare i contorni di queste drammatiche relazioni adolescenziali. Fatte, si sa, di pietre scagliate sulla testa, coltellate, strangolamenti, botte mortali. Relazioni come quella di Martina, la quattordicenne di Afragola uccisa con una dall’ex ragazzo.
L’emergenza è l’escalation dei casi. Nel giro di un solo anno, dati della Criminalpol alla mano, il numero di omicidi commessi da minorenni in Italia è più che raddoppiato: dal 4% del 2023 all’11,8% nel 2024. Si passa, cioè, dai 14 del 2023 ai 35 del 2024. Parallelamente anche le vittime minorenni sono in crescita: dal 4% al 7% del totale. Calano gli omicidi in generale ma aumentano quelli dei ragazzi.
Da qui, la volontà, degli psichiatri di capire meglio le dinamiche, analizzare i profili, studiare il pregresso di chi ha ucciso, individuare le abitudini e le scelte. Le risposte sono diverse e sono tante ma alcuni punti convergenza legano tutti questi episodi
LE SOSTANZE
«L’impressione che emerge dai fatti è che spesso si tratti di violenze nate da motivazioni futili. Da rabbia che non si sa contenere e placare perché intorno, i ragazzi, sono immersi in un clima di violenza. Dal bullismo, all’attacco sui social, al malessere che diventa attacco cieco e senza regole verbale e non verbale – spiega Liliana Lorettu psichiatra presidente con Eugenio Aguglia della Società italiana di psichiatria e psicopatologia forense – Ma dietro questa apparenza si cela spesso un uso diffuso di sostanze psicoattive, che influiscono pesantemente sia sul comportamento sia sull’insorgenza di episodi psicotici».
Un caso che dieci anni fa sarebbe sfociato in una scazzottata, o un pianto d’amore ferito chiuso in camera oggi ha più probabilità di vedere l’utilizzo di un’arma.
Possibile che la violenza delle immagini di cui i ragazzi si nutrono attraverso social e giochi online contribuisca e normalizzare gesti e comportamenti estremi? Gli psichiatri non lo escludono e mettono in fila una serie di comportamenti e di emozioni che riescono a gestire solo con la violenza. Con l’annientamento di se stessi (in carcere) e con la morte dell’altro.
I più giovani guardano gli adulti e quello che loro arriva è un messaggio facile, tutto sommato, da capire e copiare. Si rendono conto, cioè, che per uccidere non è più necessaria una ragione gravissima, una condizione di esasperazione estrema che renda l’omicidio l’unica via d’uscita, quasi una forma di legittima difesa.
«Si sta diffondendo un modello in cui si mischia la paura dell’abbandono – aggiunge Liliana Lorettu – con l’incapacità di accettare il rifiuto. L’idea della sopraffazione vince e la reazione diventa immediata, cieca, violenta. La droga, spesso unita alcol, danneggiano il cervello in modo tale da arrivare ad agire senza pensare alle conseguenze. C’erano per forza segnali, che nessuno ha visto. Questo deve spaventare».
In pochi mesi, da ottobre scorso, è un rosario di storie “minorenni” insanguinate e giustificate da un abbandono. Aurora, 13 anni, di Piacenza era perseguitata dall’ex ragazzo (minorenne anche lui) e una sera è volata, forse spinta dal terrazzo del condominio. Michelle, 17 anni, è stata uccisa da un coetaneo che l’ha lasciata morente in un carrello del supermercato. Sparatoria tra gruppi di giovani under 18 a Napoli: sono stati esplosi almeno dieci colpi e un proiettile ha raggiunto Emanuele Tufano, 15 anni.
LA BRAVATA
«Una volta l’adolescente aveva il gusto della bravata, ricordiamo tutti quelli che si sdraiavano lungo i binario e aspettavano l’arrivo del treno mostrando il coraggio spiega ancora la psichiatra – e ci sembrava già una deriva pericolosa. Oggi ci troviamo davanti ragazzi che, senza esitazione, dicono che l’hanno fatto perché lasciati. Ragazzi che non conoscono l’ironia e non sanno maneggiare le emozioni. Una relazione? Non la conoscono. Riescono a parlare di possesso, di volontà di comandare, di non sapere confrontarsi con una decisione altrui. Non conoscono il rispetto».