il Fatto Quotidiano, 28 maggio 2025
I leader son tutti matti. I disturbi mentali dei politici
Follia, mon amour: chi l’avrebbe mai detto. Da Churchill a Lincoln, fino a Gandhi e Kennedy. Una serie di storie di “pazzi” (e da pazzi). Folli geniali, ma sarebbe scontato dirlo. Le due cose vanno a braccetto come Cip e Ciop. Perché il genio non è solo fantasia e colpo d’occhio. C’è di mezzo anche una buona dose di bipolarismo, ipertimia, ipersessualità, tratti paranoici e deliri di onnipotenza.
Ne è convinto lo psichiatra statunitense Nassir Ghaemi, da poco in libreria con Una straordinaria follia. Storie di disturbi mentali dietro a grandi leader (Apogeo). Una carrellata di cartelle cliniche, discorsi e interviste rimasti dispersi nel torpore della psicoanalisi. Il primo della lista è l’eroe spietato della Guerra civile americana: “Il Generale William T. Sherman è pazzo” titola il Cincinnati Chronicle nel novembre del 1861, dopo che il militare viene destituito per l’ennesimo delirio paranoico. Eppure il precorritore della strategia della “terra bruciata”, usata e abusata nelle guerre future, non ammetterà (quasi) mai le sue crisi. Tranne quando si lascerà scappare sull’amico Ulysses S. Grant, diciottesimo presidente degli Stati Uniti: “Mi è stato vicino quando ero pazzo, e io gli sono stato vicino quando era ubriaco”.
Anche Winston Churchill soffrì di gravi episodi depressivi. Così come il padre, Lord Randolph, che morì in stato di follia. Una neurosifilide per l’esattezza, che gli fece sfumare la candidatura da primo ministro. Uno dei sintomi era la spasmodica predilezione per il sesso, tanto da lasciare nel testamento 20 mila sterline a Lady Colin Campbell, conosciuta come la “dea del sesso” dell’Inghilterra vittoriana. Quello del figlio era però un disturbo diverso, il “Cane Nero” come lo additava in pubblico. Confiderà più volte di aver pensato al suicidio (“Non mi piace stare vicino al bordo di un binario quando passa un treno espresso” spiega al medico). Poi si riprende, tra momenti di assenza alternati all’euforia degli stati maniacali. Quindi inizia la pioggia di idee: “Ne ha cento al giorno e circa quattro sono buone” dirà di lui il presidente Franklin Delano Roosevelt (anch’egli affetto da disturbi mentali) dopo lo sbarco in Normandia. Un comportamento ciclotimico lo definisce lo psichiatra Ernst Kretschme, caratterizzato dal tipico saliscendi umorale. I medici lo curano con le anfetamine, lui si cura con l’alcol. Whisky e soda per colazione, champagne a pranzo. Altro whisky e soda prima di cena. “Ho preso più io dall’alcol, di quanto l’alcol abbia preso da me” ironizzerà (in buona compagnia con George W. Bush, anche lui in pole tra i politici che hanno alzato troppo il gomito per anestetizzare i propri disturbi psichici). Eppure in politica estera Churchill ha qualche défaillance, tipo quando si rifiuta di trattare per l’indipendenza dell’India con quello che chiama il “piccolo fachiro seminudo”, ovvero il Mahatma Gandhi. Una “Grande Anima” dilaniata anch’essa dalla depressione e un’incontenibile ipersessualità. Sì, proprio quella: “Sposatosi troppo presto, era mosso da un desiderio carnale che avrebbe potuto debilitare e persino uccidere sia lui che la moglie se non avessero vissuto separatamente per lunghi periodi” spiffera lo psicoanalista che analizza la sua cartella clinica, Erik Erikson, sorvolando invece su un tentato suicidio in età adolescenziale. Gandhi riuscirà a sublimare le voglie carnali con la promozione dell’astinenza sessuale. Cosa che invece non turba minimamente John Kennedy, che sotto la copertura dei servizi segreti si serve della piscina della Casa Bianca per raffreddare i bollori pomeridiani. In particolare con due collaboratrici dello staff presidenziale denominate in codice “Fiddle” e “Faddle”. Un’ipersessualità legata all’ipertimia (caratterizzata da tratti maniacali) probabilmente indotta dall’assunzione continua di steroidi, anfetamine e procaina.
Decisamente più monogamo Abraham Lincoln, che soffrirà di una serie di episodi depressivi che lo segneranno per tutta la vita. Il motivo? Il rifiuto di una proposta di matrimonio. Ma anche un’eredità genetica a dir poco sfigata. Verrà curato con salassi, docce fredde e compresse di mercurio (“le mie pillole blu”). In compenso, l’autore sostiene che la depressione lo abbia portato a essere estremamente empatico (un “attivismo depressivo” simile a quello di Martin Luther King). Tanto da scagliarsi contro i movimenti suprematisti bianchi, in un Paese – gli Stati Uniti – che sancisce che tutti gli uomini sono stati creati uguali. “Tranne i negri”, aggiunge lui polemico. Un’intuizione controcorrente dettata dalla follia – sostiene Ghaemi – “catalizzatore indispensabile” del genio. In stato di delirio il cervello sforna una quantità mastodontica di risposte ai problemi, con intuizioni fuori dagli schemi, soprattutto nei momenti di crisi.
Prendete Ted Turner: pochissimo sonno, elevata distraibilità, paranoico, un padre suicida, spese pazze e sesso sfrenato. Nel 1980 fonda la Cnn, inventando l’all news 24 ore su 24 con un’azzardata mossa di mercato e zero soldi in tasca. Boom. Successone. Insomma, sei pazzo? Genio!