ilfattoquotidiano.it, 28 maggio 2025
L’università di Bologna denuncia 10 studenti per l’occupazione di un’aula. “Repressione contro chi si mobilita”
Una nuova frattura si apre nel tessuto democratico dell’Università di Bologna. Dieci studenti, tra cui i candidati del collettivo Cambiare Rotta alle elezioni del Consiglio studentesco di UniBo sono stati raggiunti da denunce per l’occupazione di un’aula inutilizzata. A firmare l’esposto, secondo il collettivo Cambiare Rotta Bologna, sarebbe stata direttamente l’Università. Le notifiche sono arrivate in piena campagna elettorale, alimentando l’indignazione e il sospetto di un atto repressivo mirato contro chi da mesi anima le mobilitazioni studentesche in città.
Il collettivo denuncia che l’occupazione contestata risale al 25 novembre scorso, giornata internazionale contro la violenza sulle donne. In quell’occasione, gli studenti avevano riaperto uno spazio in via Belmeloro abbandonato da oltre cinque anni. “Uno spazio che abbiamo deciso di riaprire il 25 novembre” spiegano in una nota “in un ateneo nel quale le violenze e i ricatti non sono da meno, come dimostrano non solo i numeri del MUR ma anche il fatto di qualche mese fa, di molestie ad un ricercatore di UniBo”. L’aula, dicono, era simbolica non solo per il suo stato di abbandono, ma per la data scelta.
“L’Università di Bologna ha deciso di far partire delle denunce contro 10 studenti e candidati negli organi UniBo e al CNSU”, si legge nel comunicato del collettivo. Gli studenti spiegano di essere gli stessi che “negli ultimi anni hanno lottato nelle tende contro il caroaffitti, nelle tende contro il genocidio in Palestina, davanti alla mensa più cara d’Italia per avere un servizio ristorativo gratuito e di qualità garantito a tutti”. Le denunce si inseriscono, secondo Cambiare Rotta, in un clima già segnato da intimidazioni.
“Non solo denunce, ma schedature in università, alle fermate dell’autobus, per strada e fin sotto casa; negazione arbitraria di interi plessi, forze dell’ordine fin dentro i corridoi dell’Università”. Per il collettivo, la repressione non è un caso isolato ma l’ennesima espressione di una governance universitaria sempre più chiusa, che “preferisce gli accordi con l’industria bellica e il risparmio sui servizi essenziali al confronto con la comunità studentesca”.
Cambiare Rotta spiega di essere stato un collettivo in prima linea nelle proteste per la Palestina, contro il caro-affitti, per mense gratuite e di qualità, per il diritto allo studio e contro la militarizzazione degli atenei. “Tutto ciò non ci stupisce, ma anzi lo denunciamo da tempo, e sappiamo essere un ulteriore passo repressivo contro chi in università si mobilita, come hanno testimoniato i lavoratori di Usb, a cui vengono chiusi continuamente gli spazi di democrazia, al contrario delle sigle concertative”, affermano.
IlFattoquotidiano.it ha provato a contattare l’Universitá di Bologna per un commento sulla vicenda, al momento senza ottenere nessuna risposta. Quegli stessi studenti hanno ora vinto le elezioni e in questi giorni è partito un appello per il ritiro immediato delle denunce, che ha già superato le 700 firme, apposte da docenti, studenti e lavoratori. “Continuiamo la mobilitazione contro la repressione a partire da una rappresentanza di rottura, d’alternativa e a servizio degli studenti, che sappia rimettere al centro le loro rivendicazioni e aprire sempre più gli spazi democratici in ateneo, senza nascondersi negli organi.”, scrive il collettivo. L’appello degli studenti si estende a tutta la cittadinanza per combattere un clima che “conferma la gestione UniBo: porte chiuse agli studenti e denunce, tagli e accordi con la guerra.”