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 2025  maggio 28 Mercoledì calendario

Sorpresa: ai giovani la politica interessa Influencer in pole, ma i partiti risalgono

Esiste una differenza tra l’essere parte e il sentirsi parte di qualcosa, un solco dalle profondità potenzialmente incolmabili, ed è in queste profondità che si colloca il dramma della disaffezione politica dei giovani italiani. Per affrontare il problema, però, non si può semplicemente adottare la narrativa dominante che vuole le nuove generazioni svogliate e disinteressate al futuro e al bene della comunità, facendo della difficoltà ad affacciarsi alla politica odierna una colpa. E sarebbe anche lontano dal vero, i dati lo dimostrano: il 76,4% dei giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni si interessa «abbastanza o molto» alla politica, lo dice l’ultimo studio del Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo, che tra aprile e maggio 2024 ha intervistato un campione di 2000 giovani secondo quote rappresentative di genere, età, titolo di studio, condizione lavorativa e area geografica di residenza.
Il sondaggio evidenzia anche che il 71,7% dei ragazzi è convinto dell’importanza del voto e che il 75,5% crede che la politica possa essere uno strumento utile per migliorare la vita dei cittadini. Nonostante questo, però, oltre il 60% dei giovani è convinto che attualmente ci siano opportunità molto limitate per le nuove generazioni, o che non ce ne siano affatto. Il vero problema quindi è che i ragazzi sentono che la politica italiana non è in grado di offrire loro un vero spazio di azione. A questo proposito, però, va fatta una precisazione: le giovani donne mostrano valori di interesse molto più bassi rispetto alla controparte maschile. Il 27,4% delle ragazze, infatti, dichiara uno scarso interesse per la politica a fronte del 16,6% dei ragazzi. Le giovani donne non hanno fiducia nella propria capacità di influenzare il sistema politico, non credono di poter avere accesso agli spazi della politica e, anche qualora riuscissero ad assumere una posizione di governo, non credono di poterla mantenere nel tempo, dimostrando di avere assorbito stereotipi di genere ancora attivi.
Nel nuovo mondo però, quello della digitalizzazione e dei social media, i giovani hanno sviluppato delle modalità di partecipazione tutte loro. Esiste, infatti, «un’altra politica», fatta da nuovi attori in grado di coinvolgere le giovani generazioni, di guidarle ed eventualmente di manipolarle: gli influencer.
Sono giovani anche loro, hanno visibilità e sono parte di una nuova élite, gli influencer che parlano di politica stanno acquisendo un potere sempre più grande: i ragazzi li percepiscono come genuini e affidabili, perché simili a loro e perché meno suscettibili ad essere influenzati o pilotati dagli interessi di qualcun altro. Sanno spiegare le tematiche politiche in modo semplice e accessibile a tutti, possono mobilitare flash mob e sostenere referendum e raccolte firme. Questi nuovi soggetti politici portano, però, diverse incognite: le loro spiegazioni e interpretazioni della realtà potrebbero portare a un’eccessiva iper-semplificazione o alla manipolazione delle opinioni di giovani che non hanno ancora sviluppato una propria coscienza critica. Possono anche farsi portatori di una narrativa che incoraggia la sfiducia nei partiti, fattore centrale nell’allontanamento dei giovani dalla politica. Lo studio di Laboratorio Futuro dimostra, in realtà, che il livello di fiducia delle nuove generazioni nei confronti dei partiti è in risalita: nel 2024 si attesta al 31,6% mentre nel 2012 era fermo all’8,6%. Nonostante questo, però, il dato è ancora troppo basso e anche se i giovani dimostrano di comprendere l’importanza dei partiti, non li riconoscono come luoghi fatti per loro, in cui possono trovare uno spazio di azione e realizzazione.
I ragazzi si sentono lontani da un modo di fare politica che non comprendono e che non gli appartiene. Il Laboratorio dell’Istituto Toniolo evidenzia, quindi, la necessità di un ripensamento del concetto di partecipazione che tenga conto dei nuovi attori e dei nuovi spazi in cui si fa politica. Tra gli scenari ipotizzati nello studio c’è anche la possibilità che l’erosione del rapporto tra giovani e istituzioni comprometta definitivamente «la qualità della democrazia e la capacità del sistema politico di rispondere efficacemente alle trasformazioni sociali in atto». Lo studio evidenzia poi la necessità di costruire dei luoghi in cui fare politica con i giovani e per i giovani, perché se è vero che «libertà è partecipazione», come cantava Giorgio Gaber, la politica odierna rischia di produrre dei cittadini che vedono lo spazio pubblico come un luogo estraneo e inaccessibile, dei cittadini privati della loro libertà.