Avvenire, 28 maggio 2025
Fucili e crocifissi nella guerra contro Kiev I preti ortodossi russi si schierano al fronte
Non bastavano le lezioni sui valori tradizionali nelle scuole, gli incitamenti ad arruolarsi e i battesimi sulla linea del fronte. Adesso i preti ortodossi sono pronti a imbracciare i fucili e secondo alcune testimonianze avrebbero già iniziato a farlo. La Chiesa ortodossa russa ha lanciato corsi teologici nelle città di Ekaterinburg e Rostov sul Don, il cui obiettivo è quello di addestrare i religiosi a lavorare in mezzo ai militari.
Non si è ben capito, però, a che livello. Per il momento, ufficialmente, si sa solo che il corso a Rostov sul Don è già partito, con le esercitazioni che avvengono direttamente al fronte, e che il patriarca Kirill, da sempre in piena sintonia con la visione nazionale del presidente Putin e fermo sostenitore dei valori tradizionali, ha approvato l’iniziativa. La Chiesa Ortodossa Russa, dall’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale” in Ucraina, come chiamano la guerra in Russia, è stata uno dei promotori più attivi. Secondo dati ufficiali, dall’inizio del conflitto, al fronte sono stati inviati 2mila preti, costruite 140 chiese di campo e battezzati 42mila soldati. Il problema, però, è che non si limiterebbero alla missione spirituale. Nel luglio dello scorso anno, Kirill ha insignito di un’onorificenza molto importante alcuni monaci. Fra questi c’era anche Gussev, un prete impegnato sul campo di battaglia, per «il suo servizio pastorale in tempo di guerra». Padre Gussev è stato anche autore di un libro, per raccontare la sua esperienza. La versione cartacea è stata pubblicata con l’aiuto di Russia Unita, il partito del presidente Putin. Nel testo, però, si nota come il parroco non passasse il tempo solo in preghiera o a benedire i soldati. I suoi resoconti raccontano come facesse parte del battaglione di ricognizione della 810ma brigata della guardia marina. Il suo compito, in particolare, consisteva nel riportare gli spostamenti degli ucraini sul campo di battaglia. Nel 2024, ha annunciato sui social network di essere diventato un combattente, adottando il soprannome “Tit” e assumendo il grado di comandante.
Il monaco Konstantin Nikitenko è una vera e propria star dei canali Telegram dei propagandisti. Di facciata serve come prete e medico ma è impiegato in una brigata di sabotaggio e assalto. A un giornalista che lo ha intervistato, ha dichiarato che fin dall’inizio dello scontro armato con Kiev, «ha voluto con tutto il cuore aiutare la lotta contro il nazismo» sposando in pieno la falsificazione storica del Cremlino. Per farlo, ha avuto bisogno dell’autorizzazione del suo abate, che è arrivata senza difficoltà. Il Patriarcato è il motore di questo attivismo. L’arciprete Andrei Tkachov, una figura di spicco all’interno della Chiesa ortodossa, è un ospite fisso in televisione, dove tiene veri e propri appelli all’arruolamento, cosa che ha fatto più volte lo stesso patriarca Kirill, spiegando che in Ucraina si giocava l’esistenza stessa della nazione russa. All’interno del Patriarcato è stato istituito un vero e proprio dipartimento militare che ha il compito di tenere i contatti con il ministero della Difesa. «Un’operazione militare speciale» che per il Patriarcato ortodosso di Mosca sembra diventata quasi una guerra di religione.