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 2025  maggio 27 Martedì calendario

Pechino accusa l’Australia: «Vuole riprendersi il porto di Darwin»

Australia e Cina sono (di nuovo) sull’orlo di una crisi diplomatica. L’ambasciatore cinese in Australia ha condannato un progetto del governo australiano che porterebbe il porto di Darwin, nel Territorio del Nord, di nuovo sotto il controllo di Canberra nonostante un contratto di affitto concesso a una società del Dragone. Nel 2015, al gruppo cinese Landbridge è stata attribuita una concessione di 99 anni sul porto di Darwin, una decisione ampiamente criticata che ha portato a un esame più rigoroso sulle vendite di infrastrutture importanti.
Ad aprile, il primo ministro Anthony Albanese ha dichiarato che il porto dovrebbe essere «nelle mani degli australiani», impegnandosi a riprendere il controllo di questo «bene strategico». L’ambasciatore cinese a Canberra Xiao Qian ha a sua volta esortato l’Australia a onorare il contratto con Landbridge, una società tentacolare specializzata in energia e infrastrutture. «Un’impresa e un progetto di questo tipo meritano di essere incoraggiati e non sanzionati», ha dichiarato, secondo un testo pubblicato sul sito web dell’ambasciata cinese nel fine settimana. «È eticamente discutibile affittare il porto quando non è redditizio e poi cercare di recuperarlo una volta che diventa redditizio», ha sottolineato l’ambasciatore che ha anche fatto intendere come tale iniziativa sia stata sollecitata da Washington.
Albanese ha in passato criticato il precedente governo conservatore australiano per aver «svenduto» il porto a «una società legata al governo cinese». Il porto di Darwin è il più prossimo ai vicini asiatici dell’Australia ed è utilizzato come base per i marines americani che effettuano rotazioni nel Paese. L’allora presidente americano Barack Obama aveva lamentato il fatto che Washington non fosse stata informata del progetto dell’Australia di fare affari con Landbridge. Oggi i media della Repubblica popolare, in prima fila il Global Times, giornale che ospita la linea ufficiale del Partito comunista, riportano avvertimenti espliciti sui rischi di una «simile operazione» che, a loro dire, altera l’equilibrio del libero mercato per «mere ragioni politiche».
  Nel 2020 Pechino era arrivata al punto di imporre sanzioni a Canberra dopo le critiche del governo australiano alla gestione della pandemia da Covid da parte dei cinesi, accusati di «nascondere la verità» sull’origine del virus in un laboratorio di Wuhan. I due Paesi si erano riavvicinati gradualmente lo scorso anno ma ora la disputa sul porto di Darwin rischia di riportare indietro le lancette degli orologi.