corriere.it, 27 maggio 2025
Emma Marrone e il tumore all’ovaio scoperto a 25 anni: «Ho visto i miei genitori andare in pezzi. La rabbia mi ha salvata, ma ho avuto paura di non farcela»
«Il mio problema non era quello che stava succedendo nel mio corpo, ma salviare i miei genitori. Ho visto mia mamma e mio papà invecchiare di cent’anni di colpo, cadere in mille pezzi». Emma Marrone, oggi 41enne, racconta di quando ha scoperto – per caso – il tumore all’ovaio e di come la sua famiglia ha reagito alla diagnosi. Lo fa a Milano, dal palco del teatro Manzoni, in occasione di Ieo per le donne, l’appuntamento annuale che l’Istituto europeo di oncologia dedica all’ascolto delle sue pazienti. Davanti alla cantante, in sala, 1.500 donne che hanno vissuto o stanno vivendo l’esperienza della malattia.
La diagnosi a 25 anni
Emma scopre il cancro giovanissima: non aveva ancora compiuto 25 anni. «Stavo benissimo, avevo accompagnato un’amica dalla ginecologa e mentre eravamo lì mi hanno detto: ma perché non fai una visita anche tu?», ricorda. Durante il controllo, nota il volto della dottoressa cambiare. «"Non voglio allarmarti, ma vedo qualcosa che non mi convince. Ti consiglio di ascoltare un altro parere´, le sue parole».
«Mi ero estraniata dal mio corpo»
Al secondo controllo, rivede lo stesso sguardo preoccupato nel ginecologo di famiglia. «Il medico disse ai miei: “Le cose non sono per niente belle”. Mi ricordo la sensazione, è come se da quel momento mi fossi estraniata dal mio corpo – aggiunge -. Il mio problema non era quello che stava succedendo nel mio corpo, il mio problema era salvare i miei genitori prima ancora che salvare me stessa, era questo il mio piano malefico, perché ho visto mia mamma e mio papà invecchiare di cent’anni di colpo, li ho visti cadere in mille pezzi. Poi è partita una pratica infinita, perché la situazione era abbastanza importante».
L’intervento, poi l’inizio della carriera
Dopo una serie di consulti, il lungo intervento a Roma per togliere la massa. «Poi è iniziata la mia vita, la mia carriera. È come se la mia testa si fosse completamente estraniata dal corpo: non ero quel corpo, non ero quel cancro, ero una ragazza giovane che voleva fare carriera, cantare, vivere e vedere i suoi genitori sereni».
La recidiva
La malattia l’ha accompagnata per dieci anni, in cui ha dovuto affrontare anche una recidiva. «La rabbia mi ha salvato. Non sono una abituata a piangersi addosso. Poi in verità, ragazze, c’è stata tanta paura di non farcela. Eppure la rabbia mi ha spinto sempre a dire alla malattia `non puoi vincere tu´». Ad aiutarla, anche, il fatto di aver sentito vicini alcuni dei medici che l’hanno seguita. «L’empatia, il rispetto per la malattia dell’altro può infondere coraggio».
«Fate i controlli, ribaltatevi come calzini»
A distanza di alcuni anni dalla prima diagnosi, la cantante ha deciso di parlare pubblicamente della sua esperienza. «Ho pensato a quante ragazze potevano avere il mio stesso problema. Io non avevo sintomi, ma non sempre vuol dire stare bene. Ho iniziato a parlare di questo tema per spingere le ragazze a fare i controlli: ogni anno un check-up completo di tutto. Ribaltatevi come dei calzini e fate dei controlli perché a volte, sì, non si hanno dei sintomi». Sul palco del Manzoni la cantante ha anche interpretato alcuni suoi successi in versione acustica, tra cui «Amami».
Le nuove tecniche: il «ghiaccio» che uccide il tumore
Nel corso della mattinata sono stati anche raccontati i nuovi sviluppi della ricerca, in particolare per la cura del cancro al seno. Si stima che oggi in Italia ci siano almeno 834 mila donne che hanno ricevuto una diagnosi di tumore alla mammella. «L’obiettivo è arrivare alla guarigione senza bisturi – dice Paolo Veronesi, direttore del programma di Senologia e figlio di Umberto, fondatore dello Ieo -. Oggi stiamo già sperimentando questa possibilità». Per esempio, tramite la crioablazione, tecnica che permette di «congelare» il tumore senza necessità di asportare i tessuti. «Oggi lo proponiamo in day hospital alle donne con più di 50 anni con piccoli tumori della mammella, entro i 15 millimetri – dice Franco Orsi, alla guida della divisione di Radiologia interventistica -. Sotto guida ecografica si inserisce la sonda, poi ghiacciamo il tumore con azoto liquido». I «frammenti» della massa rilasciati dopo la procedura stimolano inoltre il sistema immunitario a produrre anticorpi. Tra le altre prospettive, l’eliminazione della chirurgia nei casi in cui la chemioterapia pre-operatoria causa una regressione totale del tumore e l’uso del robot.