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 2025  maggio 27 Martedì calendario

Mamme single: sole e invisibili

Le madri single in Italia sono sempre di più e molto più svantaggiate dei padri soli, ma per loro (e i loro figli) si sta facendo ben poco. «Per la politica sono invisibili: non sono oggetto di studio né sostenute con interventi mirati come invece succede in altri Paesi europei, per esempio con punteggi più alti per la graduatoria di accesso agli asili nido o detrazioni fiscali specifiche, risultando più esposte alla povertà»: a dirlo è Antonella Inverno, responsabile ricerca e analisi di Save the Children, che al tema ha dedicato un intero capitolo dell’ultimo rapporto della ong sulla maternità in Italia. Le donne tra 25 e 54 anni con figli minori e senza partner, secondo un’analisi inedita di Save su dati Istat, nel 2024 erano 716mila di cui oltre un terzo senza lavoro (e 7 volte su 10 non lo cerca neppure) con un reddito medio netto annuo (al 2023) di 26.822 euro contro i 35.383 dei padri nella stessa condizione (e i 48.306 di una coppia con almeno un minore a carico), un affitto da pagare in un caso su tre (mentre i padri soli in affitto sono il 17,5 per cento) e un’abitazione di proprietà in poco più di un caso su due (rispetto al 72 per cento dei padri single).
È l’anatomia di una povertà dal volto femminile. «Se il monogenitore è donna – evidenzia Inverno, citando stime Istat – il rischio di fragilità economica o di esclusione sociale per gli under 16 sale al 41,3 per cento mentre scende al 27,6 per cento se in famiglia è presente solo il padre: pressoché uguale a quella delle coppie con figli minorenni». Nel report Save the Children traccia l’identikit delle madri single in assoluto più vulnerabili, con almeno un figlio minorenne: under 35 anni la fascia di età con la maggiore incidenza di disoccupate (17,8 per cento), basso titolo di istruzione, residenti in prevalenza al Sud (dove il tasso di impiego è 44,2 per cento, contro una media nazionale del 67,5).
Monogenitrici
Separate, divorziate, vedove, abbandonate: nel 2043 saranno più di un milione
Separate, divorziate, vedove, abbandonate dal partner o single per scelta: il numero di madri sole con almeno un figlio sotto i 20 anni, calcola l’Istat, nel 2043 arriveranno a poco più di un milione mentre i padri monogenitori a 231mila, rimanendo minoritari come adesso. Nonostante la composizione familiare stia cambiando così vistosamente il nostro welfare non sembra preoccuparsi dei genitori soli. «Per le madri single – osserva Alessandro Rosina, professore di demografia e statistica sociale all’università Cattolica di Milano – si accentua la difficoltà di gestire vita professionale e personale che hanno le coppie con figli in Italia e per la quale il nostro Paese risulta più penalizzato di altri. Questo problema deriva dalla storica carenza di politiche pubbliche e aziendali per la conciliazione dei tempi familiari e di lavoro. I servizi per l’infanzia molto spesso non hanno orari flessibili e chiudono quando il genitore è ancora in ufficio. Questo potrebbe costringere la mamma a licenziarsi per badare al bambino. Quanto al part-time bisognerebbe promuovere la forma reversibile, già diffusa all’estero, che permette alla dipendente di tornare al tempo pieno in futuro, in base alle sue esigenze, mentre in Italia in due terzi dei casi il contratto a tempo parziale, con uno stipendio inferiore, è imposto». In aggiunta, da noi le donne scontano una pesante disparità di genere. «Hanno retribuzioni mediamente inferiori del 20 per cento rispetto a quelle degli uomini- sottolinea il professore – e meno probabilità di fare carriera». Garantire il benessere delle madri single significa quindi, riassume Rosina, «fare in modo che abbiano, oltre a salari più adeguati e posizioni lavorative più gratificanti e coerenti con il loro titolo di studio e competenze, anche più tempo da trascorrere insieme con i propri figli, prevedendo la possibilità di usufruire di congedi superiori quando il padre è più latitante o assente del tutto e di avere rapporti di lavoro più flessibili anche nelle situazioni di affidamento condiviso».
Al momento, ricorda l’esperta di Save the Children, «le mamme sole possono beneficiare di sostegni economici indiretti, non pensati tuttavia per la loro situazione, come l’assegno unico riconosciuto a tutte le famiglie con figli a carico, il cui importo varia a seconda dell’Isee, e l’esonero totale dei contributi previdenziali, che però è rivolto solamente alle mamme con tre o più figli, di cui il più piccolo con meno di 18 anni, e un contratto di dipendenza a tempo indeterminato. Il bonus parziale per quelle con almeno due figli viene riconosciuto solo a condizione di un reddito che non superi i 40mila euro e fino al decimo anno del figlio più piccolo. Tanto per cominciare, sarebbe giusto estendere questi sgravi alle madri con contratti a termine o atipici o che sono libere professioniste, e imporre un criterio di decontribuzione proporzionale al reddito. Il sistema attuale avvantaggia chi guadagna di più».