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 2025  maggio 27 Martedì calendario

La giungla dei condannati dopo due assoluzioni

Ben venga anche il caso Garlasco, se deve soccorrere noi giudici da salotto ai quali due o trecento cose non sono ancora chiare, e tra queste: 1) è possibile ri-processare una persona per lo stesso reato?; 2) è possibile, come si è chiesto anche il ministro della Giustizia durante un talk show sulla Rai, che una persona possa essere condannata dopo aver incassato assoluzioni in primo e secondo grado?; 3) i processi d’Appello e di Cassazione, altra domanda, non dovrebbero essere solo dei cosiddetti «controlli di legittimità» ossia qualcosa che si limiti a verificare se una precedente sentenza sia stata conforme al diritto e alla procedura? Le risposte, succintamente, sarebbero sì, sì e sì; dopodiché, al solito, le leggi sono applicate da esseri umani. Per ri-indagare qualcuno per lo stesso reato basta raccogliere nuovi indizi su nuovi soggetti: si ricordi l’esempio di Silvio Berlusconi che per mafia è stato indagato infinite volte a Palermo, Caltanissetta e Firenze; soltanto per le stragi che uccisero Falcone e Borsellino, e solo a Caltanissetta, ha avuto una prima archiviazione, poi ri-iscrizione altre quattro volte per un totale di cinque archiviazioni. Quanto al resto, ossia a Garlasco, da capo: Alberto Stasi, fidanzato della vittima Chiara Poggi, fu assolto sia in primo grado (2009) che in appello (2011) tuttavia la Cassazione annullò l’assoluzione (2013) e ordinò un nuovo Appello che riesaminasse alcune prove che erano state trascurate in precedenza. Nel nuovo Appello, Stasi fu condannato a 24 anni poi ridotti a 16 col rito abbreviato. La Cassazione confermò nel 2015 e rifiutò anche una richiesta di revisione nel 2020 e 2021. Domanda: non è irragionevole che la decisione della Cassazione di annullare le due assoluzioni (e rimandare in Appello) non abbia comportato un rifacimento dell’intero processo? Secondo Carlo Nordio sì, al punto che, a suo dire, la legge andrebbe cambiata.
Nota con divagazione: vale anche il caso contrario, ossia che ci siano due condanne in primo e secondo grado e poi un’assoluzione in Cassazione. Tre esempi: Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria: condannato in primo grado e in appello, ma la Cassazione annullò la condanna senza rinvio (ossia era finita lì) come pure accadde a Francesco Gaetano Caltagirone per il caso Unipol-Bnl: condannato in primo grado, assolto in appello, la Cassazione annullò per vizi di motivazione e in seguito fu ancora assolto in appello con la Cassazione a confermare. C’è anche il caso dell’ex calciatore Michele Padovano, condannato in primo grado e in appello per traffico di droga con la Cassazione che annullò le condanne, e l’Appello bis che l’assolse una volta per sempre. Ma torniamo a Stasi. In teoria la Cassazione dovrebbe intervenire e condannare solo in circostanze eccezionali, quando non siano necessari ulteriori accertamenti e la questione sia risolvibile esclusivamente in diritto. La giurisprudenza, in teoria, chiede una «motivazione rafforzata» affinché la Cassazione ribalti una doppia assoluzione come nel caso appunto di Stasi, e ogni elemento su cui si basava l’assoluzione, ossia, andrebbe specificamente confutato. È accaduto? Si richiede, affinché Cassazione ribalti una o più assoluzioni, che fornisca delle motivazioni particolarmente rigorose. È successo? La Cassazione, insomma, in genere annulla un’assoluzione solo in casi particolari in cui rilevi delle violazioni di legge o delle motivazioni illogiche. È andata così? A rileggere il provvedimento con cui la Cassazione dichiarò inammissibile un ricorso fatto da Stasi nel 2017, tuttavia, par di capire che le maggiori responsabilità furono dei legali del condannato: questo dicono i giudici. Furono gli avvocati, sempre secondo i giudici, a non chiedere dei necessari approfondimenti dopo che il neo processo d’Appello ordinato dalla Cassazione aveva introdotto nuovi elementi di prova, gli stessi che poi si rilevarono decisivi per la condanna definitiva di Stasi.
Chiaro? No, o non almeno secondo Maurizio Fumo, il giudice di Cassazione, ora in pensione, che nel 2015 condannò definitivamente Stasi, e che ieri, scocciato dai giornalisti, ha sparato un po’ a caso su Nordio: «Dice stupidaggini, ha perso un’occasione per stare zitto, e non è la prima volta». Ma il processo Stasi è da rifare? «Non mi pare ci siano i presupposti, cerco di guardare poco la tv e leggere il meno possibile i giornali». Un caso di opinione non memorabile.