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 2025  maggio 27 Martedì calendario

Nuovo colpo al Green deal meno rigidi i target al 2040 Battaglia sui fondi agricoli

«Arriverà prima dell’estate». Con un’inattesa accelerazione, dopo vari rinvii di una misura attesa a inizio anno, la Commissione europea ha rimesso sul tavolo il taglio (vincolante) del 90% di CO2 entro il 2040, provvedimento finora ostaggio dei veti incrociati dei governi ma adesso previsto in calendario per giugno. Si tratta di un secondo target intermedio di riduzione dell’emissione di gas serra dopo quello, già legge, del -55% al 2030 (in entrambi i casi l’anno di riferimento è il 1990), sulla strada per raggiungere lo zero netto, e quindi la neutralità climatica, a metà del secolo. Bruxelles non intende fare marcia indietro perché, spiegano dall’esecutivo Ue, «l’obiettivo del -90% è contenuto nelle linee guida politiche» del secondo mandato di Ursula von der Leyen e sarà il «punto di partenza per ogni discussione». Ma dagli scambi tra il commissario al Clima Wopke Hoekstra e i governi dei 27, che si sono intensificati negli ultimi giorni, emergono parecchie cautele sulla misura di attuazione del Green Deal, considerata una prova della tenuta del piano verde anche nel nuovo corso politico.
La chiave sta, ancora una volta, nella flessibilità che sarà concessa alle capitali per superare le resistenze. Esclusa l’ipotesi di fissare percentuali alternative (ad esempio dell’80-85%), con l’emendamento in arrivo la Commissione dovrebbe, invece, offrire ai governi una serie di opzioni per rendere il nuovo obbligo più gestibile. Tra questi, secondo quanto fatto filtrare a Bruxelles, rientrerebbero dei meccanismi internazionali di compensazione, una possibilità già prevista dall’Accordo di Parigi. Ciò significa, in buona sostanza, consentire ai Paesi Ue che lo vorranno, collaborando su base volontaria, di finanziare progetti di riduzione delle emissioni in un altro Stato (ad esempio un programma di riforestazione o un impianto industriale più efficiente) in cambio di “bonus” che sono poi conteggiati ai fini del raggiungimento dei target di riduzione della CO2 nell’Ue. Tra le opzioni al vaglio dei tecnici Ue, pure quella di calcolare, per arrivare al 90%, le rimozioni della CO2 dall’atmosfera per così dire “naturali”, rappresentate, ad esempio, dall’assorbimento del carbonio da parte dell’agricoltura, delle foreste e del suolo. In attesa dei dettagli del nuovo target “green”, a Bruxelles si organizza un’altra battaglia, stavolta di medio termine: quella sul bilancio comune Ue dopo il 2027. La bozza di struttura futura del budget settennale arriverà a metà luglio, ma l’Italia guida già da ora il (nutrito) fronte di Paesi che puntano i piedi sul futuro delle risorse per l’agricoltura. E ciò a fronte delle prime indicazioni che parlano di un accorpamento in un fondo unico dei programmi della Politica agricola comune (Pac, che rappresenta più di un terzo del totale del budget) e di altri schemi finanziari Ue, all’interno di un singolo capitolo intitolato “Partenariati nazionali e regionali per investimenti e riforme”, da attuare poi attraverso dei piani nazionali.
IL VERTICE
Alla riunione dei ministri dell’Agricoltura e della Pesca ieri a Bruxelles, il titolare del Masaf Francesco Lollobrigida ha presentato un documento congiunto concordato con la Grecia e sottoscritto da altri 15 Paesi, tra cui Francia, Irlanda, Spagna e Austria, per dire no alla riforma. Nel testo si sostiene la necessità di «mantenere il finanziamento della Pac separato, dedicato e indipendente, sulla base dell’attuale struttura a due pilastri». Per Lollobrigida, «sarebbe un ritorno a una frammentazione delle politiche europee. Noi crediamo, invece, che la sovranità alimentare europea si debba raggiungere attraverso una grande visione che garantisca la produzione e lasci poi flessibilità alle singole nazioni». Per il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, il fondo unico equivarrebbe a un «indebolimento dell’efficacia e della coerenza delle politiche, e farebbe perdere la flessibilità necessaria per rispondere alle esigenze del settore». L’iniziativa «va nella direzione indicata da Coldiretti e Filiera Italia; ora, però, è necessario che si facciano passi concreti per sostenere davvero gli agricoltori e i pescatori europei che hanno bisogno di chiarezza e certezze sul loro futuro», ha affermato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini.