Avvenire, 27 maggio 2025
Padri e figli
Jean Renoir era regista; suo padre, Pierre-Auguste, pittore. Passavano molto tempo insieme. Il padre aveva chiesto al figlio di fargli da modello per i suoi quadri. Un frequentarsi che aumentò quando, dopo essere partito in guerra, Jean, il figlio, tornò a casa ferito in modo grave a una gamba. Il vecchio Pierre-Auguste con l’età aveva lui anche problemi a muoversi e stava su una sedia a rotelle. Padre e figlio condividevano un’immobilità che ebbe come solo effetto positivo dare spazio a lunghe conversazioni. Parlavano d’arte e di espressione artistica. Difficile, per il giovane Jean, sbrogliarsi da un legame troppo stretto e simbiotico. A venirgli in soccorso fu uno svago che si trasformò poi in vocazione e luminosissima carriera: il cinema. Quando di nuovo fu in grado di camminare, venne portato dal fratello a vedere dei film. Erano i film di Charlie Chaplin. L’entusiasmo del giovane Renoir fu immediato, assoluto. Si moltiplicò tempo dopo con la visione di Femmine folli di Erich von Stroheim. Rivide e poi rivide quella pellicola decine di volte.
Si sentiva contagiato da una passione nuova, definitiva. Ora poteva liberarsi del modello del padre, restando fedele a stesso amore per le immagini, ma trasformate. Immagini in movimento. Cinema!