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 2025  maggio 27 Martedì calendario

I gladiatori, detti anche hordearii, ossia «mangiaorzo»

Che la cucina abbia cambiato i caratteri della evoluzione di noialtri esseri umani è realtà largamente acclarata. «Siamo quello che mangiamo» diceva il filosofo Ludwig Feuerbach. Ciò che viene introdotto nel nostro organismo non influenza soltanto il corpo, ma anche i processi energetici, psicologici, spirituali e via così. E a proposito di dinamiche dell’alimentazione nella storia, c’è questo libro di Seta Seeuburg, Come si consuma un mammut (Corbaccio, 240 pagine, 9,90 euro) molto interessante perché spiega come, da bipedi eretti, abbiamo conquistato l’Eurasia prima, l’Australia e le Americhe poi, grazie anche alla capacità di modificare le nostre abitudini alimentari.
Quello della Seeburg non è insomma l’ennesimo, e francamente stancante, libro di ricette ma una narrazione ricca di curiosità e stimoli culturali di come e qualmente l’uomo abbia spalmato su cinquanta piatti altrettante fasi di quelle culture e di quelle società che li hanno inventati.
Cominciamo con gli antichi egizi per i quali, com’è noto, la morte rappresentava il punto di partenza di una nuova esistenza. Prima di avere accesso ai beati campi di Iaru, tuttavia, occorreva affrontare un periglioso viaggio e superare il severo giudizio di Osiride. Era dunque il caso che il defunto portasse con sé tutte le cose in grado di garantirgli un certo livello di comfort personale. A tale scopo gli egizi pensavano bene di munirlo di costolette di manzo mummificate da consumare alla bisogna.
E sempre a proposito di aldilà, è bene sapere che per un etrusco appariva insostenibile l’idea di dover rinunciare a un buon piatto di lagana, una volta traslocato nell’ambiente ultraterreno. Stiamo parlando dell’antenata delle nostre lasagne o degli attuali spaghetti, qualcosa di molto più gustoso se condita con una spolverata di formaggio.
Sulla pietanza servita durante l’ultima cena di Gesù e dei dodici apostoli, la Bibbia non fornisce elementi chiari. Probabilmente si trattava di una semplice zuppa a base di vegetali e legumi, forse lenticchie, servita in una grande scodella collocata al centro del tavolo alla quale i commensali attingevano con pane azzimo utilizzato al modo di un cucchiaio.
È nell’antica comunità romana che si manifesta un fenomeno destinato a perdurare nei secoli: il cibo come elemento di distinzione sociale. Irrefutabile come la posizione assunta da ogni singolo abitante di Roma all’interno della società dell’epoca, è infatti anche il modo di alimentarsi del ceto sociale a cui egli appartiene. Particolarmente evidente risulta l’esempio di quell’esiguo strato della popolazione d’un rango ancora più basso di quello degli schiavi. Parliamo dei gladiatori, detti anche hordearii, ossia «mangiaorzo» con esplicito riferimento alla loro dieta. Questi marcantoni destinati a scannarsi nelle arene dell’impero, erano vegetariani per necessità, visto che la carne risultava troppo costosa per le loro tasche. Infatti, si cibavano prevalentemente di cereali e di legumi, soprattutto di fagioli, a volte sotto forma di zuppa, altre volte di passato.
Il libro della Seeuburg riserva più di qualche chicca. Leggendolo si scoprirà, per esempio, come e perché lo «scambio colombiano» ha dato al curry indiano il suo sapore piccante. Merito, o demerito (dipende dai gusti) di Cristoforo Colombo. Colombo, infatti, con la scoperta dell’America e delle piante di peperoncino, indurrà una svolta epocale nei sapori delle pietanze indiane, come in quelle di tutta l’Asia sudorientale e dell’Africa in generale. La pianta più piccante del mondo arriverà infatti un po’ ovunque grazie ai portoghesi che la porteranno in Africa, nel vicino Oriente, in Thailandia, in Giappone e, appunto, in India dove diventerà la varietà straordinariamente infuocata di peperoncino detta Bhut Jolokia.
E veniamo a tempi a noi più vicini. «La storia dell’umanità è anche una storia che parla di accelerazione. Ogni attività umana, ogni scoperta, ogni tecnica o tecnologia progrediscono e si evolvono di generazione in generazione prendendo velocità», scrive l’autrice. Il discorso vale anche per il mangiare che, nella società industriale, diventa fast food. Ecco, l’hamburger del fast food è l’effetto di una innovativa razionalizzazione dei processi produttivi ideata dopo la guerra in una piccola città relativamente insignificante della California chiamata San Bernardino. I protagonisti di questa vera e propria rivoluzione dell’alimentazione sono due fratelli, Richard e Maurice McDonald, la cui avventura parte nell’immediato secondo dopoguerra del secolo scorso, da un piccolo ristorante drive-in. Finiamo con la storiella di quei gentiluomini riuniti in un esclusivo circolo newyorkese che un bel giorno del 1951 avrebbero assaggiato carne di mammut conservata nei ghiacci artici. Tutto falso: alcune analisi eseguite più tardi sul Dna avrebbero dimostrato che quella carne apparteneva a una testuggine franca, prelibata per il suo brodo. Ma non disperiamo: il “topo lanoso” appena creato dagli scienziati è il primo passo verso il ritorno in vita di una specie estinta 4mila anni fa: il mammut, appunto.