repubblica.it, 26 maggio 2025
Per i banchieri alla fine vincerà Putin. Ecco i 4 scenari possibili per la guerra in Ucraina
La buona notizia è che le armi si fermeranno entro la conclusione del 2025; la cattiva invece è che non ci sarà una vera pace ed è molto probabile che il finale sarà quello sognato da Vladimir Putin. A lanciarsi in queste previsioni sono gli analisti del centro studi geopolitici di JPMorgan Chase, uno dei colossi mondiali della finanza, che devono orientare gli investimenti in un orizzonte economico dominato dalle incertezze belliche e dai capricci di Donald Trump. Il loro lavoro li obbliga alla sintesi, tanto che il report sull’Ucraina appena pubblicato assomiglia alle quotazioni dei bookmaker, ma non è un gioco d’azzardo perché coincide con le valutazioni di molti Stati maggiori e servizi di intelligence.
La durata della guerra
Anzitutto sulla durata della guerra. Kiev è drammaticamente a corto di soldati mentre Mosca avanza molto lentamente con perdite altissime e al ritmo attuale – sottolinea il rapporto – gli serviranno 118 anni per occupare l’intero Paese. Ed ecco che le dinamiche del logoramento – assieme al fatto che l’Europa non ha abbastanza armi da fornire e che la pazienza diplomatica della Casa Bianca sembra già esaurita – obbligheranno Zelensky e Putin ad accettare un “accordo imperfetto”, che congelerà la situazione al fronte senza stabilizzare i rapporti tra le due nazioni.
Quanto può reggere un cessate il fuoco?
La durata di un cessate il fuoco dipende dall’equilibrio che verrà raggiunto sul tavolo dei negoziati tra le richieste di sicurezza di Kiev e le concessioni di segno opposto che Mosca pretende dall’Ucraina e dall’Occidente. Perché è chiaro che entrambi i governi firmeranno solo un’intesa che possa essere presentata in patria come un successo o comunque essere difesa politicamente come il male minore. Quello che accadrà dopo la tregua sarà nelle mani soprattutto degli europei e della loro capacità di essere un partner solido per tutelare la ricostruzione e l’indipendenza dell’Ucraina. JPMorgan Chase non pare crederci ed infatti non è per niente convinta di un happy ending: ritiene che ci sia un 50% di probabilità che Kiev segua la sorte della Georgia, teatro di una guerra lampo putiniana nell’estate del 2008.
Lo scenario Georgia
Senza la presenza di contingenti occidentali a protezione del suo territorio, nè di un forte sostegno militare, l’Ucraina nei prossimi anni potrebbe entrare in un lungo periodo di instabilità, deragliando dal percorso di integrazione nella Ue fino a ricadere nella sfera di influenza moscovita. Nel 2008 Tbilisi era candidata a entrare nella Nato e nella Ue; adesso c’è al potere un partito che imita Mosca, arroccato nel palazzo nonostante le proteste di piazza proseguite per settimane. Perché? L’esempio georgiano mostra che senza garanzie di sicurezza e senza pilastri istituzionali, le strade verso la democrazia rischiano di crollare. Quello che potrebbe accadere se domani Kiev venisse lasciata sola. Tutti gli ucraini temono questo scenario: diffidano degli americani e non sanno quanto gli europei saranno affidabili. E sono certi che “una pace ingiusta” provocherà lo sgretolamento del Paese, tra operazioni ibride per animare un movimento filorusso, crisi economica e tentazioni separatiste di alcune regioni che perderanno fiducia nei vertici politici.
Lo scenario Bielorussia
Potrebbe esserci persino di peggio: una deriva ancora più netta che renda l’Ucraina simile alla Bielorussia. JPMorgan Chase crede che ci sia solo il 15% di possibilità che si verifichi: significherebbe infatti che Usa e Ue hanno voltato le spalle, costringendo il Paese a capitolare e accettare un leader succube del Cremlino come Lukashenko. Questo è l’epilogo che piacerebbe di più ai falchi del nazionalismo russo, quelli come il filosofo Alexander Dugin che teorizzano l’Eurasia, ma è difficile considerarlo come un futuro pacifico perché inevitabilmente sorgerebbe una resistenza armata ucraina.
Il modello sudcoreano
La multinazionale assegna le stesse, basse, chance anche al miglior sviluppo: il modello sudcoreano. Cosa significa? Zelensky deve cedere il controllo – non la sovranità – di un quinto della nazione ma ottiene lo schieramento di una task force europea e un impegno statunitense ad aiutarlo, oltre a fondi per ricostruire che includono 300 miliardi di euro confiscati alla Russia.
Lo scenario israeliano
Qualche probabilità in più – il 20% – viene data a uno scenario chiamato “israeliano”: non ci saranno boots on the ground, ma un massiccio piano occidentale di supporto militare e finanziario che trasformi l’Ucraina in una “fortezza”, sempre sul piede di guerra. Alla luce della crescita vertiginosa dell’industria bellica e delle forze armate ucraine, la proiezione appare verosimile. Insomma, a scommettere su queste basi le possibilità che Mosca col tempo raggiunga una vittoria ampia superano di molto quelle di un futuro sereno per Kiev.
Nell’inaffidabilità e imprevedibilità di Trump, soltanto la rapida crescita di un’Europa della Difesa potrebbe riportare stabilità nel continente. Al momento però non pare un’ipotesi vincente.