repubblica.it, 25 maggio 2025
Iran, la controversa legge sul velo bloccata dal Consiglio di sicurezza nazionale
Il Consiglio di Sicurezza Nazionale iraniano ha sospeso l’attuazione della controversa legge sul velo obbligatorio. Lo ha annunciato il presidente del Parlamento, Mohammad Bagher Ghalibaf, spiegando che, nonostante l’approvazione della norma da parte del legislativo, l’organo di sicurezza ha disposto la sospensione, decisione che secondo la Costituzione ha valore superiore. La legge, promossa lo scorso anno da deputati ultraconservatori, prevedeva pesanti multe, esclusione dai servizi pubblici e, in caso di recidiva, anche pene detentive per le donne che non coprono i capelli in pubblico.
La sua entrata in vigore era già stata rinviata a causa delle proteste scoppiate in Iran e all’estero, in particolare dopo la morte nel 2022 di Mahsa Amini, arrestata perché accusata di aver indossato il velo in modo improprio. La decisione del Consiglio riflette le preoccupazioni del presidente moderato Masoud Peseshkian, che teme nuove ondate di disordini, mentre i conservatori in Parlamento continuano a chiedere l’attuazione della norma in difesa dei valori islamici.
"Sebbene non avessi intenzione di dichiararlo pubblicamente in termini così espliciti, l’SNSC ha formalmente scritto al Parlamento, intimandoci di non promulgare per ora la legge sull’hijab e la castità”, ha dichiarato Ghalibaf ai parlamentari. Le sue osservazioni sono arrivate in risposta a una richiesta del deputato conservatore Mohammad-Taghi Naghdali, che aveva esortato a presentare il disegno di legge per l’applicazione esecutiva.
La legge è stata approvata dal Parlamento nel dicembre 2023, ma è rimasta inapplicata a causa di disaccordi interni e di una diffusa opposizione pubblica in patria e all’estero. Le Nazioni Unite hanno affermato che equivale a un “apartheid di genere”.
In Iran si è acuito il contrasto tra le fazioni ultraconservatrici e diverse istituzioni statali che cercano di evitare ulteriori disordini sociali. Gli ultrareligiosi hanno organizzato sit-in davanti al Parlamento, alla fine dispersi dalla polizia, per chiedere l’applicazione della legge.
Mentre la legge rimane sospesa, diverse autorità hanno cercato di applicarla con altri mezzi. Dalla fine di marzo, le donne di Teheran, Shiraz e Isfahan hanno riferito di aver ricevuto messaggi di testo di avvertimento per presunte violazioni dell’hijab rilevate tramite filmati di sorveglianza. “Attivisti ed esperti di diritti digitali – riferisce Iran International – affermano che i messaggi sono alimentati da sistemi di riconoscimento facciale basati sull’intelligenza artificiale, incrociati con i database governativi di identificazione e i dati dei telefoni cellulari”. “Il Quartier Generale per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio ha accesso legale ai dati personali delle persone?”, ha chiesto Abdollah Ramezanzadeh, ex portavoce del governo e professore di diritto, in un post molto popolare su X.
A marzo, la Missione d’inchiesta delle Nazioni Unite sull’Iran ha dichiarato che “la sorveglianza online è uno strumento fondamentale per la repressione statale”, anche nei confronti di coloro che rifiutano l’obbligo dell’hijab.