La Stampa, 26 maggio 2025
Dai “dazi zero” all’intesa sul modello inglese, il governo spaccato su tutto
Il botta e risposta tra Matteo Salvini e Antonio Tajani sui dazi rivela le divisioni nel governo sulla postura da mantenere nel negoziato con Donald Trump. È vero che la trattativa al tavolo con gli Stati Uniti la porta avanti l’Unione europea, come ricorda il ministro degli Esteri che accusa il collega della Lega di «retorica antieuropeista», ma bisogna chiarire «chi tratta» e con quali obiettivi, risponde il ministro delle Infrastrutture. Gli obiettivi da raggiungere a guardare le posizioni dentro il governo appaiono molto diversi. Sia la premier Giorgia Meloni sia Tajani sostengono che il traguardo verso cui tendere è quello di «dazi zero», mentre il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti va ripetendo con sano realismo che la Casa Bianca non ritirerà l’applicazione delle tariffe e che occorre continuare a trattare per giungere a un’intesa gestibile, ad esempio con barriere commerciali al 10% come quelle accettate dal Regno Unito. Una linea, quella di Giorgetti, che sembrava aver trovato grande consenso nell’esecutivo ma che ora appare più debole dopo la minaccia di Trump di portare le tariffe al 50% dal primo giugno.
Le giustificazioni salviniane alle politiche protezionistiche americane hanno stancato Forza Italia che ha deciso di non restare in silenzio e di difendere l’Europa a trazione Ppe. Secondo gli azzurri lo stallo dei negoziati non è una responsabilità di Bruxelles, è Washington che alza la posta. Giorgio Mulè, vice presidente della Camera ed esponente azzurro, spiega che l’interesse principale a trovare un accordo sui dazi dovrebbe essere degli Stati Uniti che hanno «un debito e un affidabilità del dollaro che cominciano a scricchiolare». Perciò, Mulè invita Trump «a togliere la pistola fumante dal tavolo e ad avere una posizione più conciliante».
Alle accuse rivolte da Salvini al commissario slovacco Maros Sefcovic, reo per il Carroccio di non aver aperto «una interlocuzione seria con gli Usa», la vicesegretaria nazionale di Forza Italia, Deborah Bergamini, contrappone la coesione europea al tavolo con Trump: «Credo che la fermezza costruttiva con la quale l’Europa si sta muovendo rappresenti uno scatto di maturità e di maggiore unità che sarà importante per le scelte e le decisioni future».
Resta da capire se l’escalation imposta da Trump sia solo «una mossa negoziale» come ripetono in molti nel centrodestra o se dietro ci sia una strategia diversa, più concreta e non soggetta ai repentini cambi di rotta del tycoon. «Trattare» è la parola d’ordine che accomuna Meloni, Giorgetti, Salvini e Tajani, però non è detto che basti per salvare l’Italia dalla guerra commerciale.
A dare una chiave di lettura ulteriore dell’atteggiamento di Trump è Arrigo Sadun, ex direttore esecutivo per l’Italia del Fondo monetario internazionale, che dal Festival dell’economia di Trento spiega la necessità del presidente americano di utilizzare i dazi per ridurre il debito esploso con il Covid. «Potrebbe riuscire a coprire circa il 30% dell’aggiustamento strutturale di bilancio da realizzare nell’arco di un decennio. Molti vedono i dazi come uno strumento di politica commerciale, ma l’attrattiva è dovuta anche alle entrate fiscali», dice Sadun che aggiunge: «L’aggiustamento è stimabile in 5-6 trilioni di dollari in dieci anni e un’imposizione generalizzata di dazi tra il 10% e il 20% potrebbe portare introiti per 200 miliardi di dollari all’anno che in dieci anni si tradurrebbero in 2 trilioni».
La polemica sui dazi che si è scatenata in maggioranza appare fine a se stessa visto che l’Italia non è formalmente al tavolo con Trump e non ha grande capacità di incidere, se non «creando ponti e smussando angoli». Il dibattito sulle tariffe rappresenta però un altro tassello delle distanze che esistono in questo momento all’interno del centrodestra sui dossier economici. In questi giorni a Trento sono diventate di dominio pubblico le spaccature anche sul risiko bancario. Fratelli d’Italia accusa il presidente della Consob Paolo Savona di aver sconfessato il Golden Power varato da Palazzo Chigi sull’Ops di Unicredit su Banco Bpm. Forza Italia contesta ancora il Golden Power e auspica modifiche, la Lega risponde che i paletti messi a Unicredit non si toccano e il Golden Power non verrà modificato.
Sul Fisco Salvini rilancia la rottamazione delle cartelle in 120 rate da approvare entro l’estate mentre il vice ministro Maurizio Leo (Fdi) frena limitando la sanatoria solo ai contribuenti che sono veramente in difficoltà economica. Per Forza Italia, invece, la priorità resta il taglio dell’Irpef al ceto medio.