ilfattoquotidiano.it, 26 maggio 2025
Dopo Ferrovie, anche Marina e Aeronautica puntano sulla tecnologia di Starlink: ecco come viene aggirato il no del Colle a Musk
Non solo treni. Tutti vogliono la “scatoletta” di Elon Musk e i ministeri portano avanti sperimentazioni e studiano progetti per utilizzare la comunicazione satellitare del magnate sudafricano. E questo nonostante il no del Capo dello Stato a un accordo organico a livello governativo. Ieri era stato il ministro dei Trasporti Matteo Salvini a rendere noto che Ferrovie dello Stato ha avviato una sperimentazione di alcune settimane con “due soggetti per rendere possibile la connessione sui treni e uno è Starlink“. Notizia confermata dallo stesso gruppo Fs, con il vicepremier leghista che ha ribadito di essere “il primo sostenitore di un accordo” con Musk se dovesse essere scelta la sua tecnologia. Ma a muoversi per un accordo con Starlink ci sono anche altri suoi colleghi di governo, come l’altro vicepremier (e ministro degli Esteri) Antonio Tajani o come il ministro della Difesa Guido Crosetto, con l’Aeronautica che sta studiando un progetto per attrezzare navi e aerei militari. Tradotto: a una collaborazione con SpaceX lavorano ministri di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, ovvero tutti i partiti di governo, per quella che – al netto di tutte le smentite di rito – potrebbe anche sembrare un’azione politica coordinata.
Le “perplessità” del presidente Sergio Mattarella sull’ipotetica cessione di sovranità all’azienda privata di un cittadino straniero, hanno di fatto (almeno apparentemente) stoppato la trattativa tra l’Italia e SpaceX. Ma se l’accordo tra Governo Meloni e Musk per utilizzare il sistema di comunicazione della costellazione di satelliti è in stallo, i singoli ministeri si muovono in autonomia. La Farnesina utilizza già Starlink: “Alcune sperimentazioni con i sistemi satellitari” di SpaceX sono in corso presso le sedi diplomatiche italiane “di Uagadugu, Dhaka, Beirut, Teheran e Bamako“, come confermato a marzo dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, rispondendo a un’interrogazione in Senato. Stesso discorso anche per la Marina militare: un’antenna di Musk è ben visibile in alcune fotografie della nave Amerigo Vespucci impegnata nel suo giro del mondo. Ma il ministero di Guido Crosetto adesso punta a far adottare il sistema di comunicazione Starlink anche all’Aeronautica. Secondo quanto anticipato da La Stampa, infatti, si lavora per attrezzare navi e aerei militari e si pensa anche a una sperimentazione sui caccia F35.
L’antenna Starlink a bordo dell’Amerigo Vespucci
Ma come i singoli ministeri riescono ad aggirare lo stallo della trattativa tra governo e SpaceX? Secondo quanto è in grado di rivelare ilfattoquotidiano.it, la risposta è semplice quanto sorprendete: il welfare. Fonti informate spiegano infatti che la Marina avrebbe risolto il problema sottolineando che Starlink serve come supporto a equipaggi e personale per le connessioni e le comunicazioni con le famiglie, quindi per migliorare i benefit e le prestazioni erogate ai propri dipendenti. Uso civile, pertanto, non militare. Telespazio – joint venture tra l’italiana Leonardo (società a controllo pubblico, con maggiore azionista il Ministero dell’economia) e la francese Thales – gestisce reti di comunicazioni in grado di integrare soluzioni satellitari e terrestri per il mercato commerciale ma anche per quello istituzionale. Nel giugno del 2024 ha annunciato di aver firmato un accordo con SpaceX per la commercializzazione dei servizi Starlink. Ma quell’accordo prevede un utilizzo solo civile, non può essere quindi utilizzato per attività delle forze armate o di polizia. L’eventuale sperimentazione ufficiale sui caccia dell’Aeronautica sarebbe, pertanto, cosa ben diversa.
Rimane il blocco del Consiglio Supremo di Difesa, presieduto dal Capo dello Stato: il parere di Mattarella non è vincolante, ma il suo no a oltranza rappresenterebbe la pietra tombale su ogni rapporto organico con SpaceX. Due settimane fa il Consiglio si è riunito e l’argomento era sul tavolo: a confermarlo implicitamente è stato il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che rispondendo alle accuse a lui rivolte dal referente italiano di Musk, Andrea Stroppa, si è detto stupito delle sue parole perché “ritiene di conoscere quello che è stato detto al Consiglio supremo di difesa, che ovviamente lavora in piena e necessaria segretezza“. Ciò che filtra da ambienti spaziali, è che in quella sede l’atteggiamento del Colle non sia stato di chiusura totale, come invece è accaduto in passato: certo, restano enormi perplessità dal punto di vista politico, ma sotto l’aspetto squisitamente tecnico la presidenza della Repubblica non sarebbe più sulle barricate. Diversa, invece, la posizione del ministro Adolfo Urso, sempre convinto – in barba a quanto dichiarato pubblicamente dai più alti vertici militari – che l’Italia non abbia bisogno dei satelliti di Starlink perché perfettamente in grado di sviluppare e mandare in orbita una costellazione tricolore nel giro di cinque anni.
Nel frattempo, i singoli ministeri operano in autonomia, convinti che il progresso tecnologico sia inarrestabile e che sia necessario adeguarsi. E che gli attori sul mercato che possono garantire in tempi brevi il servizio di satelliti a bassa quota sono solamente Musk e Bezos (con il primo per forza di cose favorito sul capo di Amazon). “La Difesa è interessata, obbligata forse, a integrare le proprie capacità con quelle fornite da satelliti in orbita bassa”, aveva commentato Crosetto mesi fa. E a muoversi non è solo il ministro della Difesa, rappresentante di Fdi. Ci sono anche i due vicepremier con i loro rispettivi ministeri: Matteo Salvini (Lega) e Antonio Tajani (Forza Italia). Una posizione, quella di aggirare il blocco, che pare pertanto essere condivisa da tutti i partiti del governo di Giorgia Meloni.