Il Messaggero, 26 maggio 2025
La vita pericolosa delle sex workers Una app per proteggersi dai clienti
«Avete letto di Denisa?», scrive una ragazza nella chat. «Era in trasferta a Prato. Non risponde più da giorni. Io sono stata in quel residence dove è scomparsa. Mai più. Un posto da film del terrore». Una settimana dopo, un altro messaggio: «Ragazze io ho paura. È successo di nuovo. Vasilica, la nostra collega, è stata ammazzata con un coltello», commenta col cuore in gola Valerì, nome d’arte.
Sono questi i messaggi che rimbalzano tra le sex worker italiane, nei gruppi chiusi di WhatsApp e Telegram, nascosti dietro un’emoji, un soprannome, un numero senza foto. È un sottobosco fatto di stanze d’albergo, appartamenti presi in affitto per pochi giorni, annunci online e clienti sconosciuti. Dove ogni squillo del telefono può essere un potenziale pericolo, e ogni «ok, arrivo» è seguito dalla condivisione della posizione inviata di corsa alla collega più vicina. Parlano tra loro in codice, si chiamano solo con nomi fittizi, vere identità quasi mai. E soprattutto, si proteggono. Come possono. Con messaggi, segnalazioni, allarmi. Con una sola certezza: la paura. Per capire quel mondo, bisogna entrarci in punta di piedi. Fingere di essere una di loro. Leggere. Ascoltare. Giorno dopo giorno, in silenzio.
E quello che si trova non è un universo di sesso, ma un abisso di terrore. Una rete intrisa di ansia, di racconti da brivido, di richieste di aiuto che si somigliano tutte. C’è un filo rosso che unisce Denisa Maria Adas, 30 anni, scomparsa il 16 maggio da un residence appena fuori Prato, e Vasilica Potincu, 35 anni, trovata con un coltello nella schiena in un appartamento di Legnano. Due donne. Due sex worker. Due destini interrotti.
LE TESTIMONIANZE
«Noi abbiamo un’app segreta, la usiamo per segnalare quelli che fanno male», mi rivela Sonia, 47 anni, da Roma. «Ci salviamo a vicenda. Nessuno lo farà al posto nostro». L’app – volutamente anonima – è una sorta di lista nera digitale, alimentata ogni giorno dalle testimonianze di centinaia di donne. Serve a evitare i clienti violenti, quelli maleducati, quelli che non pagano, quelli che «ti stalkerano». Basta selezionare il tipo di pericolo e quel numero, da quel momento in poi, sarà visibile anche alle altre escort che usano l’applicazione: marchiato e bloccato. «Se una di noi non risponde entro un’ora, parte l’allarme», spiega Eva, 51 anni, da Bologna. «Condividiamo la posizione nei gruppi WhatsApp con le colleghe di fiducia. Se non torni online, vengono a cercarti. E quando finisci l’appuntamento, mandi un messaggio “è tutto ok” e noi capiamo: è la nostra catena di salvataggio». È così che si raccontano, con il terrore che la prossima possa essere una di loro.
LA PAURA
«Una volta mi hanno puntato un coltello alla gola», racconta Sonia. «Ero agli inizi, inesperta. Lui sosteneva che lo avessi imbrogliato e non voleva pagare. Mi sono salvata per miracolo». Da allora non si è più fidata del caso: ogni cliente lo controlla prima sulla app. «Se il nome non compare, gli scrivo, provo a sentire la voce, cerco di capire chi ho davanti. Dopo più di dieci anni ho sviluppato un istinto. Lo abbiamo tutte. Ma non basta. Le segnalazioni sono centinaia ogni mese, e molti cambiano numero. Spariscono, poi riappaiono sotto altri nomi».
Col tempo, Sonia ha imparato a filtrare: «Ho selezionato i clienti, non sono tutti cattivi. Su Escort Advisor ho creato un profilo che attira un certo tipo di uomini. In gran parte sono professionisti: medici, avvocati, politici. Con alcuni si crea persino un rapporto stabile, quasi di amicizia. Ma ci sono anche quelli che si ossessionano. Succede spesso. L’unico modo è sparire anche tu».
Nelle chat tra le sex worker la tensione aumenta. Ogni giorno una di loro condivide qualcosa: «Questo mi ha tirato uno schiaffo», «quest’altro ha finto di essere un poliziotto», «mi ha chiusa a chiave in bagno». Una racconta di un uomo che si è spogliato e le ha mostrato una pistola. Un’altra dice di essere stata rapinata. Poche di loro denunciano veramente. «Quando entri in stanza, sei sola: nessuno ti salva se qualcosa va storto». Per questo Noemi, 21 anni, dalla Sicilia condivide le sue strategie: «Se il cliente mi insospettisce, gli dico che ho amici nei paraggi pronti a intervenire. Evito le trasferte. E, se proprio devo, vado con una collega».
Non è solo il cliente a fare paura. Anche le colleghe, a volte, diventano una minaccia. «Una mi ha aspettata sotto il b&b con un coltello», racconta, «diceva che le avevo rubato “la piazza”. In questo lavoro le rivalità si risolvono con urla, minacce. Perché qui ogni annuncio è denaro: se perdi visibilità, perdi lavoro».
Il portale più usato per promuoversi è Escort Advisor, dove gli uomini lasciano recensioni. «Pensano che fai tutto. E se ti rifiuti, impazziscono», spiegano, parlando di alcuni clienti. Da un anno il sito offre un servizio legale gratuito. «Siamo gli unici ad aver attivato un supporto così, ma non basta», spiegano dal team. «Serve una tutela reale, una regolamentazione, un coinvolgimento concreto delle autorità». Ogni giorno, donne come Sonia, Eva e Noemi gestiscono messaggi, appuntamenti, imprevisti. E quella paura che non se ne va: sparire come Denisa, morire come Vasilica. Perché, in questo mondo, il pericolo non ha volto. Solo una porta che si chiude. E il silenzio, dopo.