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 2025  maggio 25 Domenica calendario

Gli slogan della generazione z

Ogni generazione ha i suoi slogan politici. Alla fine degli anni Sessanta, i figli del baby boom post-bellico gridavano «Yankee go home», Americani tornatevene a casa. Infuriava la guerra in Vietnam, la sinistra radicale era contro l’imperialismo, il capitalismo, la democrazia borghese. Oggi i figli dei boomers gridano «Ausländer raus»: stranieri andate via, il motto favorito del partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD). I nati fra il 1995 e il 2010 (chiamati zoomers, la cosiddetta Generazione Z) non sono più contro il mercato.
H anno una forte sensibilità ecologista: pensiamo al movimento di Greta Thunberg, attivista ventiduenne. Molti zoomers diffidano però della democrazia liberale e dell’integrazione europea. Alcuni guardano con favore ai regimi autocratici, come la Russia di Putin. E le loro preferenze elettorali tendono a premiare i partiti della destra radicale.
La transizione fra i due poli estremi dello spettro politico è avvenuta per gradi, con una forte accelerazione nell’ultimo quinquennio. Nelle elezioni europee del 2019, il voto giovanile per i partiti che appartengono al gruppo dei «Patrioti» è cresciuto di almeno 10 punti rispetto al 2014. La Generazione Z è la prima, fra quelle del dopoguerra, a registrare una percentuale di voti per la destra estrema superiore alla media della popolazione.
La radicalizzazione giovanile può essere una fase temporanea e reversibile, ma non è detto. Negli anni Settanta del secolo scorso, le frange estreme della sinistra diedero vita al terrorismo rosso: ricordiamo gli Anni di Piombo. Come un fiume carsico, questo tipo di estremismo si è successivamente nascosto nel sottosuolo: secondo Europol, ci sono tuttora una quindicina di movimenti rivoluzionari clandestini pronti a compiere azioni violente. Il fenomeno più preoccupante è la polarizzazione in direzione opposta degli zoomers. Sempre secondo Europol, il radicalismo di destra (insieme a quello jihadista) costituisce la principale minaccia alla sicurezza interna dell’Europa.
Che cosa spiega questa svolta generazionale? I primi zoomers nacquero nel 1995, lo stesso anno in cui debuttò Internet. La Generazione Z è cresciuta di pari passo con le nuove tecnologie digitali. Sappiamo che i mezzi d’informazione giocano un ruolo fondamentale in politica. Quando scoppiarono le rivolte studentesche nei campus americani durante la seconda metà degli anni Sessanta, si disse che la televisione aveva fatto da detonatore: quella in Vietnam era la prima guerra filmata, che entrava ogni sera nelle case degli americani. Anche in Europa i media amplificarono in quel periodo la visibilità del conflitto sociale e propagarono (anche se in via indiretta) la voce della estrema sinistra.
Internet ha creato una sfera comunicativa interamente nuova: il mondo «online». Gli ideologi e gli attivisti di estrema destra sono stati fra i primi a capirne le potenzialità per fare proseliti. La manipolazione informativa si è focalizzata soprattutto sull’immigrazione: pensiamo alla diffusione della tesi complottista sulla «grande sostituzione», ossia la colonizzazione dell’Europa da parte degli immigrati musulmani. Le restrizioni introdotte durante il Covid (lockdown e vaccini) sono state a loro volta sfruttate per incitare i giovani contro supposte élite tecnocratiche, lontane dai bisogni dei cittadini.
Per la maggioranza degli zoomers, i social media sono l’unico punto di contatto con la politica. Le cosiddette camere d’eco attivano vere e proprie spirali di polarizzazione. Molti giovani rimangono intrappolati in bolle comunicative che fanno perdere interesse e dimestichezza con la realtà esterna, compresa la sfera politica offline.
Ovviamente, così come non tutti gli zoomers sono radicali, la polarizzazione non è solo un effetto delle tecnologie digitali. Esistono ragioni oggettive di disagio (reddito, lavoro, casa), che colpiscono in misura differenziata a seconda della classe sociale e del luogo di residenza. I social facilitano l’aggregazione di un pubblico eterogeneo come la Generazione Z intorno ad alcune bandiere unificanti (via gli immigrati, basta con la «dittatura» di Bruxelles). Ciò che preoccupa di più è la crescente avversione nei confronti delle garanzie liberali, la tendenza a ridurre la democrazia al semplice momento elettorale, al conferimento di un mandato a un leader per decidere e fare, senza troppo riguardo per la Costituzione.
I social media potrebbero essere (per molti lo sono) una palestra di socializzazione inter-culturale e di dialogo civile. Oggi prevalgono però gli effetti divisivi, gli incentivi al «tribalismo» delle piccole comunità online, l’erosione dei valori e delle pratiche di tolleranza. I nativi digitali fanno fatica a diventare cittadini autenticamente democratici.
Il 2025 è l’anno della cittadinanza digitale. Sui siti della Commissione Ue e del Consiglio d’Europa vi sono materiali molto utili, non solo per i giovani ma anche per genitori e insegnanti. Gli orientamenti politici delle persone maturano intorno ai vent’anni e poi perdono plasticità. Senza un massiccio sforzo pedagogico, il ricambio generazionale rischia di minare dall’interno le fondamenta politiche del modello europeo.