ilfattoquotidiano.it, 25 maggio 2025
Finale di Champions, l’Inter non vende i biglietti alla Curva Nord. Domani presidio di protesta degli ultras: “Gestione imbarazzante”
Chi abbia detto no non risulta ufficialmente, se la Procura di Milano, o la Questura o la società Fc Internazionale. Di fatto il club non ha venduto e non venderà alla Curva Nord nerazzurra una parte dei biglietti dei circa 18 mila totali per la finale di Champions a Monaco del 31 maggio. Attenzione: vendere e non dare gratis o a prezzo di favore i biglietti agli ultras. La richiesta della Nord era quella di poterli acquistare con divieto di cambio biglietto e non di averli in un’altra maniera. Dunque in modo regolare e come prevede la legge. La scelta singolare del club, invece, di favorire gli abbonati decennali sembra essere stato uno stratagemma per evitare antipatiche complicazioni o accuse di favorire gli ultras soprattutto dopo gli ultimi eventi giudiziari. In queste settimane i referenti della curva grazie anche all’avvocato Mirko Perlino hanno provato a interloquire con i vari soggetti in campo, anche con atti formali e una lettera di due pagine inviata alla Procura, al Tribunale, alla Questura e al presidente dell’Inter Giuseppe Marotta. Lettera che inviata lo scorso 19 maggio a oggi non ha avuto risposta. Per questo la scelta sarà quella di una manifestazione-presidio lunedì dalle 18 sotto la sede dell’Inter in via della Liberazione a Milano.
Non un atto ostile, anzi, ma, viene spiegato dalla Curva con un comunicato di ieri, un atto pacifico per dimostrare l’attaccamento alla squadra. Chi scenderà in piazza domani saranno tutti quei tifosi che hanno seguito l’Inter nelle trasferte di Champions in Olanda, in Germania e in Spagna, quelli che hanno alzato striscioni, sventolato bandiere e cantato i cori. “A pochissimi giorni dalla finale – si legge nel comunicato della Nord – ci ritroviamo tutti esclusi, privati della possibilità di entrare allo stadio (…). La gestione del ticketing per la finale è stata imbarazzante e ha lasciato fuori una marea di interisti. Si è preferito distribuire i biglietti a sponsor, amici e agenzie viaggi (…). Ci è stato addirittura vietato di allestire qualsiasi coreografia. Un accanimento folle e senza precedenti che colpisce ragazzi estranei a qualunque vicenda giudiziaria (…). Facciamo sentire a questi signori tutto il nostro dissenso”.
Il muro alzato da società e istituzioni è motivato dall’indagine Doppia Curva e dal fatto, come emerso dagli atti, della gestione criminale dell’ex direttivo rispetto alla finale di Istanbul. Anche per questo il club veleggia per ora indenne nella burrasca giudiziaria che ha smantellato il vecchio direttivo mandato a processo con l’accusa di associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso. E per la quale venerdì il pm Paolo Storari ha chiesto quasi cento anni di galera per gli imputati delle due curve dei club di Milano, puntualizzando, nella sua requisitoria, alcuni atteggiamenti delle dirigenze, che pur non penalmente rilevanti, hanno favorito il potere dei capi ultras. Detto questo, oggi chi rappresenta la Curva nord non è mai stato indagato nell’indagine dell’antimafia. Non il direttivo e nemmeno gli oltre 5mila tifosi che ogni domenica riempiono il secondo anello verde. E se, in realtà, l’ultima decisione spetta al club, per quel che risulta al Fatto, la scelta di non dare i biglietti è stata mediata anche da altri soggetti, tra questi gli inquirenti che comprensibilmente vedono il rischio che la vendita dei biglietti alla curva possa vanificare, anche agli occhi dell’opinione pubblica, i loro prezioso lavoro.
Le responsabilità penali ci sono state e il Fatto è stato il primo in Italia a rivelarle. È anche vero però che le responsabilità penali sono personali e oggi il nuovo direttivo non ha alcun legame con la triade Ferdico-Bellocco-Beretta. Per questo, già il 19 maggio con una lettera di due pagine l’avvocato Perlino “con mandato professionale ricevuto dai membri del direttivo della Curva Nord” ha scritto a Procura, Tribunale, Questura e vertici dell’Inter sottolineando come “la procedura adottata per la distribuzione dei biglietti (…) appare penalizzante per i tifosi più assidui e fedeli rendendo difficile la loro partecipazione all’evento”. Inoltre, il documento specifica chiaramente che la curva si è “resa disponibile a fornire i nominativi con pagamenti in anticipo e senza alcuno sconto del titolo di accesso e con divieto di effettuare il cosiddetto cambio nominativo, procedura che eviterebbe la rivendita degli stessi”. Insomma una richiesta in totale trasparenza anche perché “secondo la norma vigente, il divieto di agevolazioni tra cui l’erogazione dei biglietti sussiste solo nei confronti di soggetti destinatari di DaSpo e a condizione che i biglietti siano ceduti a prezzo agevolato o gratuito”, e dunque non come proposto dalla Curva Nord. Come detto la lettera inviata il 19 maggio non ha avuto risposta. E così ieri il direttivo ha annunciato la mobilitazione, inviando una email allo stesso Marotta firmata dall’avvocato Perlino e nella quale, annunciando il presidio di lunedì, chiede a Marotta che “la società voglia concedere un incontro con una delegazione di tifosi eventualmente alla presenza di soggetti istituzionali per un confronto costruttivo”. Del resto se da un lato con questa posizione rigorosa si vuole evitare il bagarinaggio, dall’altro si favorisce la speculazione abnorme, certo non in nero e si spera trasparente, da parte di tante società private e agenzie di viaggio che mettono in vendita pacchetti (pullman e biglietti) a prezzi che superano i 5mila euro.
Insomma, se la situazione non sarà sbloccata, la coreografia di oltre settanta metri già fatta e disegnata, e per ora top secret, resterà chiusa nei capannoni. Del resto è evidente che questo scontro al di là della situazione contingente solleva un tema ben più ampio: l’esistenza delle curve e degli ultras in Italia. Il decreto Amato varato nel 2007 dopo la morte dell’agente Filippo Raciti e che vieta rapporti tra società e ultras forse non basta più. Una scelta andrà fatta. Ma su questo la palla passa alla politica e al Parlamento.