Avvenire, 25 maggio 2025
Pensionati e impiegati argentini lato oscuro del “miracolo Milei”
Si apre all’interno dell’atrio della chiesa, sulla sinistra, vicino all’altare del Calvario. L’hanno soprannominata la “porta della vergogna”. Da là passano quanti non trovano il coraggio di attraversare il portone principale della chiesa di Santa Ana e Santo Joaquín, ben visibile al numero 3167 di calle Pedro Lozano. L’entrata degli ospiti usuali della mensa della Caritas parrocchiale. «Si tratta di pensionati, operai, impiegati. Persone della zona che mai avrebbero pensato di dovere chiedere aiuto per mangiare. E invece…», racconta la direttrice, Cristina Méndez de Panzuto, 74 anni di cui quattordici dedicati a tempo pieno al volontariato. Villa del Parque, dove si trova Santa Ana e San Joaquín, nella parte est di Buenos Aires, nonostante il nome “vil-la”, non è una baraccopoli. Al contrario. È un quartiere residenziale popolato fin dall’inizio del Novecento dalla classe media, tra cui il non ancora celebre scrittore Julio Cortázar. Anche le sue case basse con giardino, però, sono state scosse dall’effetto-Milei. Ovvero dai tagli draconiani attuati dal governo per contenere l’inflazione, galoppante negli anni precedenti. Ad aprile i prezzi sono aumentati di meno del 3 per cento: la cifra minore dallo scorso novembre. Il presidente ha celebrato con enfasi la notizia e alcune testate internazionali conservatrici si sono affrettate a festeggiare il «miracolo argentino».«Non lo definirei in questi termini – spiega Agustín Salvia, sociologo e direttore dell’Observatorio de la deuda social dell’Università cattolica argentina –. Dal punto di vista macroeconomico, l’esecutivo è riuscito in tempi rapidi e con efficacia a far calare i prezzi e a mettere ordine nei conti pubblici. Ma la gente non sta meglio. La situazione sociale continua ad essere complicata». Cristina traduce il concetto in termini empirici. «All’inizio del 2024, con l’arrivo di Milei, c’è stato un boom di richieste. All’epoca davamo 25 pasti due volte alla settimana, ora ne distribuiamo 80, tutti i giorni. Non è solo l’aumento quantitativo. Prima, la gran parte di quanti si rivolgevano a noi erano persone senza dimora e lavoratori informali. Ora a questi si sono aggiunti i vicini di casa. Nonostante il salario fisso non riescono a pagare i servizi di base: acqua, luce, gas, trasporti, arrivati alle stelle». Uscite che, in quanto fisse, l’Istituto di statistica nazionale (Indec) non considera poiché il suo indice si basa solo sul consumo. «Il freno all’incremento dei prezzi beneficia tutti. Il mezzo impiegato per ottenerlo, cioè la drastica riduzione della spesa pubblica, ha conseguenze differenti nei vari gruppi sociali – sottolinea Leo Tornarolli, economista dell’Università di La Plata, specializzato in studi sulla povertà –. Le più dure le subiscono i lavoratori meno qualificati dell’edilizia, dello Stato, del commercio». E, soprattutto, i pensionati.
Con una bandiera argentina a mo’ di scialle, Jorge alza il cartello su cui è scritto: «Non c’è pace senza giustizia sociale». Julio mostra la foto di papa Francesco e grida a squarciagola: «I pensionati fanno chiasso per poter sopravvivere». Insieme a Lucila, Ernesto, Ana e altre decine di over sessanta, sono la roccaforte della resistenza al progetto ultraliberista di Javier Milei. Anche mercoledì, come ogni settimana, hanno protestato davanti al sontuoso palazzo del Congresso, blindato da barriere mobili e polizia. E di nuovo ci sono state cariche e lanci di gas al peperoncino per disperdere la folla. Una violenza che, già mesi fa, aveva suscitato la reazione del Pontefice argentino: «Invece di spendere per la giustizia sociale, preferiscono pagare i gas al peperoncino». Sulla questione, questa settimana, è tornata la Conferenza episcopale argentina che, attraverso la Pastorale sociale e la commissione giustizia e pace, ha denunciato «la repressione del legittimo reclamo dei nostri nonni». Il 63 per cento di loro – sul totale di sette milioni – percepisce l’equivalente di 320 dollari: quasi un quarto della somma minima, secondo le associazioni di categoria, per pagare cibo, servizi e medicine. In nome del “deficit zero”, Milei è stato irremovibile nel bocciare le proposte di aumento per adeguare le pensioni all’inflazione. Il presidente si trincera dietro il dato, diffuso alla fine di marzo, della riduzione della povertà di quasi 15 punti percentuali nel secondo semestre del 2024. «Il fatto è che nei sei mesi precedenti si era impennata al 52,9 per cento, in seguito alla maxisvalutazione della moneta nazionale da parte del governo», aggiunge Salvia. La povertà è, dunque, tornata al livello pre-Milei. «La capacità di consumo per le famiglie è, però, inferiore rispetto a fine 2023 perché ora la gran parte delle risorse sono assorbite dall’aumento del costo dei servizi. Perfino durante la drammatica congiuntura postpandemia era maggiore. In pratica, con un gioco di parole, si potrebbe dire che “stiamo male come quando stavamo molto male”», sottolinea il sociologo. «La gente – non parlo dei poveri strutturali ma di lavoratori di classe media – non ce la fa ad arrivare alla fine del mese. La crisi è cronica in Argentina. Prima, però, c’erano dei sussidi per attenuarne l’impatto. L’attuale governo non li ha eliminati. Li ha “congelati” che è la stessa cosa a causa dell’aumento dei prezzi. Che ha rallentato ma continua», dice Gastón Colombres, meglio noto come “padre Tonga”, sacerdote impegnato nella baraccopoli Ciudad Oculta e coordinatore del gruppo dei “curas villeros” di Buenos Aires. Il centro, le mense comunitarie e doposcuola creati con il sostegno della Chiesa vanno avanti a Ciudad Oculta come nel resto delle 6.467 baraccopoli presenti in tutto il Paese.
«I loro abitanti sono più abituati ad arrangiarsi – conclude padre Tonga -. Se i poteri pubblici smettono di fare sentire la loro presenza in modo intelligente attraverso scuole, commissariati, biblioteche popolari, in base alla visione ultraliberale di Milei, i narcos ne approfittano. Occupano gli spazi vuoti. Lo tocchiamo con mano. Come? Siamo noi a raccogliere i “danni collaterali”: gli adolescenti distrutti dal “paco”, la droga- scarto della lavorazione della cocaina. Quando si produce più coca, c’è anche più paco e le mafie lo smerciano nelle baraccopoli per reclutare la “carne da cannone”. Non ne vedevamo così tanto da vent’anni».