La Lettura, 25 maggio 2025
All’anagrafe tartarughe ninja e principesse
Uno dei compiti più impegnativi e insieme più appaganti per i futuri genitori è quello di scegliere il nome del nascituro. Ci si pensa per settimane, a volte per mesi. E se qualche conoscente si meraviglia di fronte a tanto impegno, si sbaglia: il nome è importante. Lo avevano già capito gli antichi, che vedevano uno stretto legame tra il nome della persona e il suo destino futuro. Per questo i Greci raccomandavano di scegliere un nome propiziatore e i latini ribattevano con la famosa formula nomen omen (il nome è augurio, il nome è destino).
Osservare l’evoluzione dei nomi più popolari tra bambine e bambini è rivelatore anche oggi, a cominciare dai primi in classifica. Il vincitore assoluto è Leonardo, con oltre 7 mila casi; e lo è da vari anni, precisamente dal 2018. Che cosa ha favorito questa rapida ascesa, visto che prima era un nome ritenuto poco adatto a un bambino? Il primo sdoganamento per il mondo infantile venne dalla cultura popolare, e precisamente dalle Tartarughe ninja. Dal 1984, questo simpatico gruppo di tartarughe mutanti con i nomi di artisti italiani rinascimentali ha avuto grande fortuna in fumetti, film e videogiochi. Il loro leader, intelligente e responsabile, si chiama Leonardo, ed è divenuto in fretta un beniamino dei più piccoli. Dopo di loro, ci fu il caso di uno dei più grandi bestseller di tutti i tempi, Il Codice da Vinci di Dan Brown, del 2003, che vendette 85 milioni di copie e ispirò un film del 2006, rilanciando il pathos del genio di Leonardo. Tra l’altro, il codice Leicester, a cui vagamente si ispira il libro, era stato acquistato alcuni anni prima da Bill Gates per la stratosferica cifra di 30 milioni di dollari. Se aggiungiamo il gran numero di mostre e celebrazioni organizzate per festeggiare il cinquecentesimo anniversario della morte del personaggio storico nel 2019, chiudiamo il cerchio. Era dunque un nome associato a un genio dalle molteplici capacità artistiche, scientifiche e ingegneristiche, pure amato dai bambini. Una combinazione in grado di scalzare il precedente leader, Francesco, da sempre popolare per l’associazione con il santo e dal 2013 con Papa Bergoglio.
Un po’ diversa la storia del nome più utilizzato per le bambine, Sofia, in testa alla classifica dal 2010. Una volta nome molto comune tra la nobiltà europea, Sofia ha avuto un periodo di appannamento a metà Novecento, per poi riprendersi negli ultimi anni. Diffuso nella tradizione religiosa e lanciato nel mondo dei media da Sofia Loren, a differenza di Leonardo che è presente soprattutto in Italia, Sofia gode di una fortuna internazionale e risulta tra i primi cinque negli Stati Uniti. Con questo nome troviamo attrici famose, come Sofia Vergara; principesse in carne e ossa (appartenenti alle dinastie di Spagna e Svezia) e di fiction (come il cartone animato Disney Sofia la principessa del 2012-2018). Insomma, un nome di peso con riferimenti regali. Peraltro, anche il secondo nome in classifica, Aurora, oltre a rimandare ad attrici e cantanti, è il nome della principessa protagonista della Bella addormentata nel bosco, sempre di Disney.
Una volta si diceva che il criterio più importante di scelta fosse la prosecuzione della tradizione familiare: i figli assumevano i nomi dei parenti stretti, soprattutto nelle famiglie nobiliari. Oggi non è più così e questo mostra la fluidità sociale e culturale caratteristica della nostra società, come pure il crescente ruolo del mondo dei mass media. Semmai qui permane una piccola differenza di genere: anche nell’infografica, si nota maggiore stabilità nell’andamento dei nomi maschili rispetto a quelli femminili. Infatti storicamente è affidato alla prole maschile il compito di trasmettere l’eredità e la continuità della famiglia e del gruppo, nomi compresi.
Questo spiega la maggiore presenza di evergreen tra i maschi (Alessandro, Lorenzo, Andrea e anche Mattia, prevalente sul più «antico» Matteo) rispetto alle femmine (Giulia). Il fenomeno è evidente pure nelle famiglie straniere residenti in Italia: secondo l’Istat, i nomi maschili più comuni rispecchiano i Paesi d’origine (Adam, Ryan/Rayan, Amir) più di quelli femminili (Sofia, Sara, Amira).
Una conseguenza di questa maggiore libertà è il relativo declino di alcuni nomi legati al culto religioso. Clamorosa, tra le bimbe, la scomparsa fra i primi trenta in classifica del nome forse più diffuso per secoli, Maria; come pure il ridimensionamento di alcuni nomi di ascendenza biblica tra i maschi. Salgono invece nomi tipici del nord Europa, come Ginevra, Matilde, Emma; e tra i maschi Edoardo e Riccardo.
L’onomastica, o studio dei nomi, ci aiuta quindi a leggere l’Italia di oggi. Ne esce un Paese dove la natalità in costante calo assegna ai figli un grande valore, segnalato dalla scelta di nomi importanti e con riferimenti storico/mediatici di spessore. Dove le tradizioni familiari si sposano con un crescente peso della cultura internazionale. Dove infine le caratterizzazioni regionali sono ancora relativamente presenti: al sud primeggia Francesco, oltre ad Antonio in Calabria e Basilicata, e Giuseppe in Sicilia, mentre a Bolzano il preferito è Noah; Sofia, Aurora, Giulia e Beatrice si dividono il primato in varie regioni meridionali.
Presso gli inuit che vivono nell’Artico è diffusa l’usanza di attribuire ai bambini nomi segreti. Sono nomi dell’anima e non del corpo, e non possono essere rivelati e usati in pubblico perché definiscono la persona nel profondo. Anche se in Italia non ha una valenza così forte, l’atto di dare un nome alle persone mantiene un significato profondo e creativo.