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 2025  maggio 24 Sabato calendario

Nel campus solo paura “Corsi su come reagire in caso di arresto”

D’accordo, ti parlo. Ma solo se non citi il mio nome, perché sono terrorizzata. Devi capire che nel momento in cui l’amministrazione Trump ha emesso il bando immediato per gli studenti stranieri, io sono diventata un’illegale. Non ho dormito ieri notte, perché temevo che qualcuno bussasse alla mia porta per arrestarmi e cacciarmi». La studentessa europea che fa questa confessione chiede l’anonimato, e francamente è impossibile non rispettarlo, anche se una cosa del genere non l’avevamo mai sentita prima negli Stati Uniti e mai ci saremmo aspettati di sentirla. Siamo sulla scalinata della Widener Library, dove gli studenti di Harvard appena laureati vengono farsi le foto ricordo del momento che auspicabilmente cambierà la loro vita. Non così, però: «I miei professori – continua la ragazza – mi avevano chiesto di restare, perché questo Paese offre possibilità straordinarie ad una laureata in legge come me. Però ho deciso di tornare a casa, perché non mi sento più sicura. La mia paura è che anche l’Europa diventi così, ma intanto devo andare via dagli Stati Uniti».
Non è isteria. «Da un paio di mesi racconta un altro studente anonimo – l’università organizza sessioni per insegnare come comportarci in caso di arresto, sequestro del cellulare o altri abusi. Ci hanno dato una linea telefonica di emergenza per chiamare gli avvocati Harvard, se veniamo fermati».
Il professore di Government Michael Sandel, una stella accademica di questo ateneo, commenta così con Repubblica: «È una situazione terribile. Gli studenti internazionali non dovrebbero essere tenuti ostaggio della volontà del governo». La scusa dell’amministrazione Trump è che Harvard è diventata un luogo insicuro, soprattutto per gli studenti ebrei, a causa di agitatori stranieri: «È chiaro – risponde Sandel – che il governo non agisce in buona fede. Sta conducendo una guerra contro l’istruzione superiore, ed Harvard in particolare, per cambiare il modo in cui vengono gestite le università e i contenuti dell’insegnamento. Sfrutta gli studenti internazionali come pupazzi e il motivo è ovvio: sono un quarto degli iscritti, e quindi se vengono banditi il colpo economico per la nostra istituzione è enorme. In sostanza sono lo strumento di un ricatto economico». Anche la ragione per cui Harvard è nel mirino è evidente, secondo Sandel: «È l’ateneo più famoso, sta resistendo sul piano legale al tentativo del governo di asservire l’istruzione superiore alla propria ideologia, e quindi va colpito per dare una lezione a tutti».
John Corcoran indossa ancora latoga della laurea, e scuote la testa: «Mi sono laureato in medicina e speravo di iniziare subito a lavorare nella ricerca contro il cancro, ma questi posti di lavoro stanno sparendo perché il governo ha tagliato i finanziamenti. Francamente non capisco come possano giustificare simili iniziative: lo studio per debellare una malattia mortale non è di destra o di sinistra, e l’eccellenza scientifica in tutti i campi è da sempre un pilastro della forza degli Stati Uniti, tanto sul piano della sicurezza, quanto su quello economico. Non comprendo quale sia la convenienza di perderla, cacciando dal Paese le migliori menti venute a farlo crescere. Con questo governo in carica, Einstein non sarebbe mai andato a Princeton». Cameron Snowden si spinge anche oltre: «L’amministrazione Trump ha una chiara posizione anti intellettuale. Spesso nei regimi fascisti vediamo attacchi contro le istituzioni che influenzano di più le persone, e in genere l’istruzione è uno dei primi obiettivi. Perché se controlli la conoscenza e la percezione che i cittadini hanno del mondo, controlli molti altri aspetti della loro vita». D’accordo, ma regimi fascisti? «Questo – annuisce Cameron con convinzione – è un classico schema dei governi autocratici. Basta studiare la storia per capirlo. Il vero scopo è distruggere l’istruzione universitaria, per trasformarla in uno strumento di indottrinamento a favore del potere». E gli abusi contro gli studenti ebrei? «Una scusa. Ci sono state proteste, anche dure, ma nessuno qui è un terrorista di Hamas. Ho decine di amici ebrei nel campus, eppure non ne conosco neanche uno che condivida quanto sta facendo l’amministrazione». John interrompe Cameron per rafforzare il concetto: «È una prova di forza, anche per dare soddisfazione all’ego smisurato di Trump».
L’italiano Carlo Giannone, presidente dell’Harvard European Students Club, vuole credere che ci sia ancora un futuro: «Siamo felici di essere negli Stati Uniti e speriamo di poter proseguire il nostro percorso di studi, per cui abbiamo investito risorse e fatto sacrifici». Però ammette: «Siamo disorientati e impauriti».