il Fatto Quotidiano, 22 maggio 2025
La Lega anti-Meloni: “No sanzioni a Mosca né tavoli in Vaticano”
La strategia dell’Unione europea sul nuovo pacchetto di sanzioni a Mosca (appoggiata dal governo italiano) e i tentativi diplomatici di Giorgia Meloni per portare i negoziati in Vaticano sollevano perplessità tra gli alleati di governo della Lega di Matteo Salvini. Il vicepremier ieri si è limitato a dire che spera che le parole di Papa Leone XIV “fermino le armi” senza riconoscere a Meloni il ruolo diplomatico, ma a dirlo chiaramente è Roberto Vannacci, da pochi giorni vicesegretario della Lega. Parlando con Il Fatto, Vannacci critica duramente la decisione del Consiglio per gli Affari Esteri che martedì ha approvato il diciassettesimo pacchetto di sanzioni a Mosca nonostante i dubbi del presidente americano Donald Trump: “Einstein diceva che è una follia fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti – spiega il generale – Da anni inseguiamo una strategia delle sanzioni che non ha portato a niente. Tant’è vero che Trump, l’unica persona che sta cercando la pace, è contrario”.
Be’ però anche il governo italiano ha votato a favore. “Sì, ma c’è stata una mediazione del Consiglio” continua Vannacci. Secondo cui approvare un nuovo pacchetto di sanzioni è “un errore”: “L’Europa – prosegue il vicesegretario – da mesi ha una sola strategia: la guerra. Tant’è vero che Putin dopo il 17° pacchetto di sanzioni si è fatto una risata. Invece serve un tavolo negoziale”. Quindi bisognerebbe smettere di mandare anche le armi a Kiev? Per Vannacci un conto è il pacchetto di aiuti italiani che “servono all’Ucraina per difendersi”, un conto è il piano di Riarmo europeo che è “sbagliato nel metodo e nel merito”.
La Lega però ha dubbi anche su come stanno proseguendo i negoziati di pace con l’Ucraina e in particolare Vannacci critica l’iperattivismo dell’Unione europea: “Solo Putin e Trump possono mettersi al tavolo, perché l’Ue da mesi porta avanti unicamente la strategia della guerra”. E Meloni? “Lei è una star, anche il Times l’ha incoronata: è riuscita a ricucire tra l’Ue e gli Stati Uniti”. Mentre Emmanuel Macron per il vicesegretario della Lega è un “fallito pure a casa sua: viene votato da meno di un francese su dieci, basti pensare a come l’ha cacciato Trump quando si sono seduti a parlare con Zelensky al funerale di Papa Francesco”. Al di là delle apparenze, però, Vannacci ha dei dubbi sulla strategia di Meloni di portare i tavoli delle trattative tra Trump e Putin in Vaticano: “Questa ipotesi è molto difficile – continua parlando col Fatto – sia perché il Vaticano è uno Stato molto piccolo, sia perché non ricordo dei precedenti di questo genere. I negoziati si fanno in Turchia e lì magari arriveranno dei negoziatori terzi, tra cui per esempio gli emissari della Santa Sede”.
Intanto ieri il governo italiano ha dato il via libera, insieme agli altri 26 ambasciatori, al piano “Safe” (Security Action for Europe), parte di quello di Rearm Europe che permetterà di istituire un fondo da 150 miliardi in prestiti per la Difesa. L’accordo è stato ufficializzato al Coreper (il comitato che precede il Consiglio) e annunciato dalla presidenza di turno polacca: “Quanto più investiamo nell’equipaggiamento dei nostri eserciti, tanto più scoraggeremo coloro che vogliono farci del male”, ha spiegato il governo polacco. Un accordo che ha fatto esultare anche i vertici delle istituzioni europee, sia la presidente della Commissione Ursula von der Leyen che il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Anche il governo italiano ha dato il via libera, tant’è che il M5S con l’europarlamentare Danilo Della Valle spiega che la Lega “non potrà più parlare di pace”.
Chi chiede più armi è il ministero della Difesa: ieri mattina il capo di Stato maggiore della Difesa Luciano Portolano in audizione in Parlamento ha chiesto di ripristinare le scorte militari perché gli aiuti a Kiev hanno creato “carenze” nei nostri magazzini. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, invece, rispondendo al question time in Parlamento ha spiegato che al prossimo vertice Nato sarà chiesto di raggiungere il 3.5% di spese militari, ma la scelta “spetta al Parlamento”.