Corriere della Sera, 21 maggio 2025
Dipendenza da smartphone, metà dei giovani inglesi vorrebbe tornare a un mondo senza Internet
La metà dei ragazzi e delle ragazze del Regno Unito vorrebbe un mondo senza Internet. Qui il titolo, dietro c’è una ricerca condotta dal British Standards Institution sulla fascia d’età 16-21 anni che mostra una generazione incapace di gestire il proprio rapporto con gli schermi e la vita digitale. Al punto di arrivare ad auspicare il ritorno a un mondo disconnesso, un mondo che non hanno mai vissuto se non nei racconti degli adulti.
Ma torniamo ai dati della ricerca che, come detto, si focalizza sulla fascia d’età di quello che potremmo definire il secondo impatto con il digitale: dopo la prima scoperta del telefono personale, arriva una sorta di consapevolezza che però è difficile da gestire. Il 70% degli intervistati ha dichiarato di sentirsi peggio dopo aver passato del tempo sulle piattaforme social, il 50% sarebbe favorevole a un «coprifuoco digitale» imposto su certi siti e app dopo le 10 di sera. Fino ad arrivare al 46% che vorrebbe essere giovane in un mondo dove non esiste Internet. Un dato desolante anche perché viene come detto da ragazzi e ragazze che questo mondo non l’hanno vissuto e dunque lo auspicano «al buio», come via d’uscita estrema dove non vedono una via d’uscita reale.
Altri dati della ricerca ci raccontano di un malessere che sembra condizionato e inaffrontabile, proprio come se si trattasse di una droga, appunto una dipendenza. Difesa strenuamente dalle interferenze dei genitori: il 42% degli intervistati ha ammesso di mentire sulle proprie attività online, portate avanti per quattro o più ore al giorno per un quarto dei rispondenti. Un rapporto con il digitale difficile, contrastato, fatto di continui sotterfugi: il 42% ha mentito sulla propria età reale, il 40% sostiene di avere più profili sui social – anonimi, di prova, per «spiare» etc. – oltre a quello ufficiale, il 27% di loro ammette di fingere online di essere una persona diversa da quella che è realmente. Cattive pratiche cui non si riesce a rinunciare – come il 27% che ammette di aver condiviso la propria posizione con perfetti sconosciuti – e che alla fine fanno dire al 68% degli intervistati di ritenere che il tempo speso online è dannoso per la propria salute mentale.
Da astronauta a influencer: cosa è andato storto nel sogno di futuro dei nostri figli
C’è consapevolezza dei rischi e del tempo perduto, ma come abbiamo raccontato, gli algoritmi sono spesso studiati per catturare i ragazzi e le ragazze e portarli dentro la tana del coniglio. Dalla quale spesso non riescono a uscire da soli. Servono Patti Digitali condivisi, come quelli che stanno nascendo anche in Italia, leggi adeguate e l’intervento di reale soluzione da parte delle tech company. Attività da mettere in atto per rafforzare un desiderio – al momento vago e poco diffuso – da disconnessione. Dopo l’abbuffata, iniziano i primi sintomi di nausea.
Anche paradossali/provocatori, come il meta-telefono – che in inglese è methaphone, perché nelle intenzioni ha le stesse funzioni del metadone (methadon) – comparso nel racconto social di tale Ask Cat Gpt, influencer americana da «soli» 175 mila follower su Instagram e 411 mila su TikTok e che si occupa «dell’impatto della tecnologia sulla società». In un video andato virale, Cat appariva in fila in un negozio a San Francisco mentre perdeva tempo su un telefono… finto. Un pezzo di plastica trasparente, delle dimensioni e peso giusti, che servirebbe come surrogato del telefono che ci risucchia. Un’assurdità che non ha mancato di diventare moda: il Methaphone – venduto a 25 dollari, ora anche in versione «neon pink» – è andato subito esaurito. Business e contro-business: non se ne esce. Ma forse sarà proprio una nuova moda – quella di tenere la testa fuori dagli schermi – a salvarci.