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 2025  maggio 21 Mercoledì calendario

A Gaza strage di donne, la sinistra israeliana: “Bimbi uccisi per hobby”

L’operazione Carri di Gedeone lanciata dall’esercito israeliano venerdì aumenta la pressione di fuoco su Gaza, colpendo la popolazione già decimata da 19 mesi di guerra a un ritmo che non si vedeva da tempo. Solo ieri i morti sono stati 87 e quasi 300 i feriti. Nei sobborghi di Gaza City, il bombardamento di una scuola trasformata in rifugio ha infatti ucciso almeno 22 persone, in buona parte donne e bambini. Altri attacchi sono avvenuti nelle aree centrali di Deir al-Balah e Khan Younis (dove lunedì l’esercito ha imposto l’evacuazione totale agli abitanti) e nei pressi del campo profughi di Nuseirat.
Intanto le Nazioni Unite lanciano più di un allarme. Il più grave riguarda i bambini: «Quattordicimila rischiano di morire a Gaza nelle prossime 48 ore se non riceveranno al più presto gli aiuti necessari» ha affermato Tom Fletcher, sottosegretario Onu agli Affari Umanitari, parlando con la Bbc della limitata apertura israeliana all’ingresso di camion carichi di cibo. Una mossa, per altro, dichiaratamente fatta «per non perdere il sostegno di paesi amici» come ha ammesso il premier Benjamyn Netanyahu. Lunedì ne sono entrati appena 5. Ieri l’esercito ha autorizzato l’ingresso di altri 100 camion – ancora fuori – ma per ora nulla è stato distribuito. «È una goccia nell’Oceano, per salvare i bambini dovremmo inondare la Striscia di aiuti» ha detto Fletcher.
Intanto a sconvolgere le coscienze ieri ha contribuito pure un rapporto di UN Women, l’agenzia Onu che si occupa di questioni femminili: dove si stima che a Gaza sono state uccise ben 28mila donne dall’inizio della guerra. Ricordando che non muoiono solo nei bombardamenti, ma anche di parto, fame, violenze e mancanza di servizi essenziali. «In media ne muore una ogni ora. Molte erano madri, lasciano figli, famiglie, comunità devastate». Il numero dei minori uccisi è d’altronde poco inferiore: una stima del Palestinian Central Bureau of Statistics parla di 19mila bambini uccisi e 39mila orfani.
Eppure a Doha i negoziati sono in stallo, con buona pace dell’indignazione internazionale e degli ormai spazientiti americani che pressano entrambe le parti. «Gli uni vogliono solo un accordo parziale, gli altri garanzie di fine guerra. Nessuna proposta colma le divergenze», ha alzato le braccia il premier del Qatar Al Thani che supervisiona i colloqui. E infatti ieri Netanyahu ha richiamato il suo team, lasciando in Qatar solo i funzionari di rango inferiore. Una mossa che già indigna le famiglie degli ostaggi: «Se Israele abbandona i negoziati sprofonderemo tutti nel pantano di Gaza. Pagheremo il massimo prezzo per il minimo risultato».
Anche il leader dei Democratici (che a sinistra riunisce Labour e Meretz) Yair Golan attacca, per la prima volta in maniera così dura, l’esecutivo: «Se non torniamo a comportarci come un Paese sano di mente, che non uccide bambini per hobby, rischiamo di diventare uno Stato-paria come fu il Sudafrica dell’Apartheid. Questo governo mette a repentaglio la nostra esistenza», ha detto all’emittente pubblica Kan. Netanyahu gli ha subito risposto dandogli del traditore: «Condanno l’incitamento selvaggio di Golan contro i nostri eroici soldati e Israele. L’Idf è l’esercito più morale al mondo, difende la nostra sopravvivenza».

Ma intanto, pure sui giornali israeliani si moltiplicano le critiche al governo. Yedioth Ahronoth lo accusa di «aver commesso errori enormi» nel gestire la guerra e le relazioni esterne: «Israele è isolata, conta ormai solo sul sostegno limitato e instabile americano». Israel Hayom nota che «Trump sta perdendo la pazienza. Presto ci chiederà una data di fine guerra. Non ce la lascerà protrarre all’infinito. Già si dice che voglia invitare Naftali Bennett alla Casa Bianca», ovvero il maggior rivale politico di Netanyahu. Maariv titola: «Il mondo contro Israele». E perfino il conservatore Jerusalem Post ospita un editoriale che chiede «una nuova leadership. Questo governo è disfunzionale e va sostituito»