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 2025  maggio 21 Mercoledì calendario

Donald in ritirata sull’Ucraina fa flop e chiama in causa il Papa

Dopo due ore al telefono con Vladimir Putin, Donald Trump passa la palla a Leone XIV. Proporre la mediazione del Vaticano fra Russia e Ucraina, dopo più di tre mesi di tentata mediazione americana, con lo scambio di mille prigionieri, concordato fra le due parti a Istanbul, come unico risultato concreto, è una geniale via d’uscita dal vicolo cieco in cui si era cacciato, causa il costante “nyet” del Cremlino al cessate il fuoco. Passa la palla a Kiev e Mosca annunciando negoziati immediati tanto gentilmente quanto prontamente smentiti dal Cremlino, che offre invece di «lavorare con Kiev a un memorandum per una futura pace». Un qualche progresso, dopo tre anni nei quali il lavoro con Kiev è stato tutto guerra, ma niente negoziati immediati. Passa la palla agli europei informando della sua telefonata una sfilza di leader: Ursula von der Leyen (per mesi snobbata), Emmanuel Macron, Giorgia Meloni, Friedrich Merz, Alexander Stubb – quest’ultimo o per simpatie golfiste guadagnate sul “tee"di Mar-a-Lago o per rassicurarlo della natura pacifica dei lavori in corso nelle basi militari russe al confine con la Finlandia.
Dopo una telefonata che sarebbe stata «l’unico modo di capire se e come mettere fine alla guerra in Ucraina», il presidente americano è arrivato alla conclusione che «le condizioni vanno negoziate fra le due parti». Non si ritira dalla mediazione ma ventila la possibilità con un vago: «Penso che qualcosa stia per succedere. E se non succede, io mi tiro indietro e dovranno continuare loro ("they’ll have to keep it going")» – non chiaro se la diplomazia o la guerra. Non annuncia nuove mosse diplomatiche americane, non rimette in aereo Steve Witkoff per Mosca. Non si lava le mani della guerra in Ucraina ma vuole che adesso se le sporchino altri. Se poi avranno qualche successo, potrà sempre attribuirsene il merito. Chi altri e con che prospettive?
Innanzitutto, dice Trump, tocca a Russia e Ucraina mettersi al tavolo e negoziare. Non è una gran scoperta. I mediatori sono necessari proprio per la riluttanza delle parti a negoziare. Le rispettive posizioni sono state millimetricamente avvicinate dalla girandola americana Gedda-Mosca-Istanbul fino a realizzare l’incontro sul Bosforo di qualche giorno fa: inconcludente, più breve della telefonata Trump-Putin ma…dopo tre anni un incontro c’è stato. A seguito della mediazione Usa, l’Ucraina abbia fatto una concessione importante, rinunciando al cessate il fuoco prima di negoziare, la Russia non ha concesso quasi nulla. Non lo fa dopo la telefonata. La litania di punti da definire anticipatamente col memorandum sul «futuro accordo di pace», compresa «l’eliminazione delle cause della crisi» – tradotto dal russo: l’esistenza dell’Ucraina come Stato indipendente e sovrano – fa pensare che affidarsi alle parti per iniziare «immediatamente» un negoziato sia una strada ancora molto in salita.
«Il Vaticano» ha detto Trump «sarebbe molto interessato a ospitare negoziati». Anche questa non è una gran scoperta. Lo aveva e detto Leone XIV domenica, nel discorso di insediamento sul soglio pontificio, offrendo la mediazione della Santa Sede in tutti i conflitti che insanguinano il mondo, non solo quello ucraino. Ma potrebbe Mosca accettare un ruolo della Chiesa di Roma, con la quale il Patriarca ortodosso Kirill ha rifiutato il dialogo malgrado le ripetute aperture di Papa Francesco, per di più con un Pontefice che invoca una «pace giusta e duratura per la martoriata Ucraina»? Altra strada impervia.
Restano gli europei. Riappaiono sullo schermo della diplomazia americana sull’Ucraina dopo 3 mesi di quasi totale, e voluto, oblio. Quasi completamente tagliati fuori ai tempi dell’incontro ucraino-americano di Gedda (11 marzo) e delle prime visite di Witkoff a Mosca – uniche eccezioni le visite lampo di Starmer e Macron alla Casa Bianca. Cos’è cambiato? Tre cose: compattamento europeo intorno a Zelensky senza antagonismi con Trump; la Germania ha finalmente un Cancelliere, il quale fa sentire la sua voce, in sintonia con quelle britannica e francese; per Washington, tempo di negoziare con l’Ue in campo commerciale, come evidenziato nell’incontro fra JD Vance e Ursula von der Leyen ospitato da Giorgia Meloni. Quante vie negoziali fra Ucraina e Russia aprono gli europei? L’idea avanzata dalla premier italiana di un arbitrato internazionale può essere un utile strumento tecnico per risolvere i molteplici problemi legati a un cessate il fuoco e a una «pace giusta e duratura», ma il nodo a monte passerà sempre fra Mosca e Kiev. È pronta la Russia a mettere fine alla guerra che ha iniziato? È pronta a fermarsi sul terreno con un cessate il fuoco? L’Ucraina lo è.
Da un paio di mesi gli americani lo vanno chiedendo a Mosca. Era la domanda di fondo della telefonata di lunedì. La risposta di Vladimir a Donald è stata «no». Non sappiamo cos’altro si siano detti, due ore sono lunghe, avranno forse parlato di affari. Il presidente americano, debitore a chi lo ascolta, a casa e fuori, di una pace ucraina in 24 ore, ha fatto marcia indietro – mai riconoscere un insuccesso, neanche dopo un’elezione persa – rilanciando su altri tavoli il problema da lui irrisolto. Non tutto il male vien per nuocere. Non che gli europei – considerati dal Cremlino i veri nemici – abbiano più influenza di Trump su Putin. Ma, lavorando insieme al presidente americano, possono evitare l’abbandono dell’Ucraina da parte americana – che è la vera scommessa di Putin – e far massa critica di pressione su Mosca per mettere fine alla guerra. Trump, da solo, non ci riesce.