Libero, 21 maggio 2025
Approvato il filtro per bloccare molestie telefoniche
To spoof, in inglese, vuol dire esattamente quello: significa “prendere in giro”. Cialtroni, imbroglioni, farabutti digitali: in una parola truffatori.
Ti chiamano a qualsiasi ora, squilla il cellulare, lanci un’occhiata al display, sei indeciso se rispondere o meno perché la telefonata non arriva da un contatto che hai in rubrica, però è un numero italiano, sembra affidabile, pare pure quello della banca, e allora spunti l’iconcina con la cornetta verde: se va bene la linea si interrompe e senti solo il classico tu-tu-tu, se va male rischi di incappare nell’ennesimo raggiro. Quella, probabilmente, è una comunicazione iniziata usando la tecnica dello “spoofing”, per esteso del “calling line identification”, che è né più né meno che l’identificazione della linea chiamante (sfruttando la tecnologia Volp, ossia i compositori automatici di internet, call center e impostori del nuovo millennio, anche se si trovano all’estero, riescono a far figurare numeri di enti esistenti situati in Italia, semplicemente utilizzandone di “fasulli”). La prova provata è che se subito dopo riprovi a contattarli non parte nemmeno il segnale: il massimo a cui arrivi è il disco registrato del tuo operatore che ti avvisa «il numero composto non è al momento attivo». Come se manco esistesse.
Da ieri l’Agcom, ossia l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha calato la sua mannaia sullo “spoofing”. Ha, infatti, approvato un regolamento che era nell’aria da settimane e che ha lo scopo di «bloccare le comunicazioni provenienti dall’estero che illegittimamente usano numerazione nazionale per identificarne l’origine».
Il linguaggio è un po’ burocratico, ma il senso è chiaro: certo, non è con una norma scritta nero su bianco in una delibera che si risolve il problema, però è (almeno si spera) col filtro che questa predispone. Si tratta di una sorta di doppia barriera (tecnologica) che si alza da un lato per arginare le chiamate che arrivano dai numeri fissi e dall’altro per impedire quelle simulate dai cellulari. Gli operatori, ora, dovranno installare una sorta di software capace di riconoscere e deviare le chiamate che si appoggiano allo “spoofing” (e che quindi non rispettano gli standard internazionali): hanno tre mesi di tempo nel primo caso (quello della linea fissa) e sei nel secondo (quello della linea mobile) che è assai più complesso da attuare perché tocca tenere conto del roaming che, invece, è una pratica del tutto legittima.
In pratica per noi utenti cambia nulla (da un punto di vista attivo, quantomeno: dobbiamo fare niente se non aspettare) eppure cambia tutto (sul lato passivo: speriamo sia la volta buona ma il risultato dovrebbe essere una mole molto più ristretta di squilli molesti e di scocciature da smartphone). Nello “spoofing” passa di tutto: passano le truffe e passa il telemarketing aggressivo, quello dei gestori che ti tartassano per cambiare l’intestazione della bolletta della luce o per venderti la qualunque.
Sei al lavoro coi colleghi. Sei a cena con la tua famiglia. Ti disturbano, oramai, persino nei fine settimana: il nostro è (ahinoi) uno dei Paesi europei più colpiti dal fenomeno degli squilli selvaggi, riceviamo ogni anno (complessivamente) circa dieci miliardi di chiamate indesiderate, più della Francia e della Spagna. Lo stesso discorso vale anche per i messaggini che ci troviamo nella casella dei vecchi sms (che, tra l’altro, oramai non li usa più nessuno). Una pezza è stata messa con l’apertura del registro delle opposizioni anche alle utenze cellulari (non è risolutiva, ma una scrematura la fa: parola d’esperienza), adesso si alza il tiro.
Non è un caso che al tavolo dell’Agcom, per arrivare a questa misura, si siano sedute anche le principali associazioni dei consumatori e quelle delle imprese, oltre che gli addetti ai lavori: non sarà l’ultimo giro di boa, il “guaio” delle tecnologie è che si aggiornano di continuo e per un servizio che migliora c’è un furbetto che prova a gabbarlo, però almeno è un punto di svolta. Per non finire nella rete di furfanti con lo smartphone in mano, ma anche per rivendicare il nostro sacrosanto diritto a non farci infastidire quando siamo al telefono.