Avvenire, 21 maggio 2025
Finisce in carcere l’avvocata dei deportati Il «dittatore cool» stringe di più la morsa
El Salvador è salito di qualche gradino nella scala che porta all’autoritarismo. Il merito è del sedicente «dittatore cool», il presidente Nayib Bukele, che ha portato a casa l’arresto dell’avvocata Ruth Eleonora López. La sua detenzione è stata annunciata su X, sull’account ufficiale della stessa Procura, con tanto di foto della legale custodita da due agenti.
L’accusa formale è quella di «peculato»: López avrebbe collaborato nella «sottrazione di fondi dalle casse dello Stato» quando ricopriva l’incarico di consulente dell’ex-presidente del Tribunale supremo elettorale Eugenio Chicas. Tuttavia, la prassi è ben lontana dal giusto processo. «Né familiari né il suo team legale sanno dove si trovi», ha denunciato ieri l’organizzazione per i Diritti umani “Cristosal”, sottolineando che il suo arresto avviene in contesto di «indebolimento istituzionale e repressione» in cui «i difensori dei diritti umani sono sempre più a rischio». La detenzione arbitraria è stata denunciata da tredici organizzaziogli ni tra cui Amnesty International e Human Rights Watch. López, di 47 anni, era a capo dell’Unità anticorruzione e giustizia dell’ong “Cristosal”, ed era solita a denunciare episodi irregolari come il dirottamento di fondi pubblici per spiare giornalisti e gli appalti truccati, soprattutto durante la pandemia. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la scelta di offrire tutela legale ai 252 venezuelani espulsi da Usa e portati a El Salvador, in particolare al Centro di confinamento del terrorismo (Cecot). Allora sì che era diventata una spina nel fianco per il Palacio nacional: se saltano le deportazioni salta lo stesso Cecot, e quindi un affare da 6 milioni di dollari annui provenienti dalla Casa Bianca. Ciò che accade del maxi-carcere preoccupa anche l’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu, Volker Türk, che lo ha definito «un luogo dove i detenuti ricevono un trattamento particolarmente duro, senza accesso a rappresentanza legale o ai propri familiari». Nella nota ufficiale, pubblicata sul portale ohchr.org, l’Alto commissario fa sapere che finora né Washington né San Salvador hanno pubblicato un elenco ufficiale dei detenuti. E almeno cento di loro, tutti venezuelani, sono stati portati a El Salvador a loro insaputa. L’Onu ha anche chiesto di salvaguardare «tutelare i diritti dei bambini». E sembra che qualcosa si sia mossa con il ritorno a Caracas di Maikelys Espinoza, bambina di due anni, precedentemente trasferita a El Salvador insieme ai genitori accusati di far parte dell’organizzazione criminale “Tren de Aragua”. Secondo Washington, in poco più di tre mesi – dal 20 gennaio al 20 maggio – sono stati espulsi più di 100mila dagli Stati Uniti. L’impatto psicologico della campagna deportazioni non è indifferente. Il 41% ha paura, mentre nel 2023 la cifra era del 26%. Si temono arresti o espulsioni improvvise, per sé stessi o per i propri familiari. Hanno paura anche i cittadini naturalizzati. A rivelarlo è un sondaggio della Kaiser Family Foundation pubblicato la scorsa settimana. Nel frattempo, i lavoratori stranieri crescono. Erano 31,8 milioni ad aprile, secondo il Census Bureau: +0,1 a fronte a gennaio, +4,4 rispetto a un anno fa. Qui l’effetto della paura, che corrode la fiducia degli immigrati verso le istituzioni. Problema non da poco in un Paese dove gli stranieri sono 53 milioni, il 15% sul totale. E 18 milioni di loro senza documenti.