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 2025  maggio 21 Mercoledì calendario

Usa, biglietto aereo e 1.000 dollari Partono i primi auto-rimpatriati

Niente auto-deportazioni. L’espressione, detta e ripetuta dall’Amministrazione di Donald Trump, è «ritorno a casa». Così si chiama l’apposita App in cui i migranti irregolari possono registrarsi per tornare indietro. E, così, la segretaria per la Sicurezza interna Kristi Noem ha annunciato l’avvio del programma, anticipato il 5 maggio, con i primi 64 migranti – 28 honduregni e 26 colombiani – decollati nella notte tra lunedì e martedì da Houston in Texas in direzione San Pedro Sula e Bogotà. Ciascuno, oltre al biglietto aereo, ha ricevuto un bonus di mille dollari e la promessa di un possibile ritorno negli Usa in un futuro non meglio precisato. Più che sulla carota, però, la misura punta sul bastone. «Non ve ne andrete volontariamente, verrete multati, arrestati, deportati e non avrete più il permesso di rientrare», ha tuonato Noem. «Non ce la facevo più. Il terrore delle ispezioni rendeva impossibile lavorare», ha raccontato Wilson Sáenz, uno degli auto-rimatriati. Era fuggito a causa della violenza dalla caraibica Puerto Cortés, in Honduras, e approdato negli Stati Uniti lo scorso settembre dove aveva trovato impiego come aiuto manovale nell’edilizia. Almeno fino al giro di vite. Iris Díaz, 32 anni, ha deciso di partire quando hanno arrestato ed espulso il marito, due mesi fa. Si era ritrovata sola, con i due figli di 9 e 5 anni. Così si è registrata sulla App. L’incremento della pressione – con retate costanti anche nei luoghi prima protetti e partenze in catene diffuse in modo virale – ha causato un’ondata di panico fra gli irregolari. La “caccia”, però, si sta rivelando dispendiosa: un rimpatrio costa in media 17mila dollari. Finora, in base ai dati ufficiali, nei primi cento giorni di mandato del presidente repubblicano sono stati espulsi in 150mila, per un totale di quasi 2,5 miliardi di dollari. Da qui la scelta di abbinare al pugno di ferro, gli incentivi che dovrebbero consentire un risparmio del 70 per cento. Oltretutto Trump vuole accelerare sull’onda della decisione della di revocare la protezione a 350mila venezuelani, residenti legalmente negli States grazie al permesso di protezione temporaneo concesso loro durante il governo di Joe Biden. Nel 2021, il democratico aveva previsto di accordare questa figura giuridica – ideata per chi fugge da guerre e catastrofi naturali – ai profughi dell’emergenza economica e dalle turbolenze politiche in atto nel Paese. E l’aveva ribadita due anni dopo. Pochi giorni prima di lasciare la Casa Bianca, inoltre, aveva esteso le autorizzazioni in scadenza il 7 aprile fino al 2026. Sono proprio questi i 350mila – su un totale di 600mila – di cui il giudice californiano, Edward Chen, aveva fermato l’espulsione. E che ora rischiano il rimpatrio. Gli attivisti hanno annunciato il ricorso. Il fronte di opposizione, però, potrebbe rivelarsi più ampio del previsto. Vari raggruppamenti di imprenditori hanno denunciato la mancanza di manodopera causata dalla campagna di espulsioni. La coalizione di aziende per l’immigrazione parla di 1,7 milioni di posti non coperti. Ad essere maggiormente colpiti sono i settori dell’assistenza sanitaria – dove gli stranieri sono il 40 per cento – e dell’agricoltura, dove si oltrepassa il 70 per cento. La necessità di “braccia” ha spinto molti stati ad ammorbidire i divieti sul lavoro minorile. L’Iowa, ad esempio, ha consentito agli under 18 di svolgere attività prima considerate a rischio, come la demolizione e la produzione di mattoni. In Florida, è in discussione un provvedimento per consentire ai ragazzi di essere impiegati a partire dai 14 anni.