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 2025  maggio 20 Martedì calendario

Khamenei: «Non credo che i colloqui sul nucleare con gli Usa avranno successo. La smettano di dire sciocchezze»

A cerimonia conclusa, Ali Khamenei alza la mano per «consacrare» la folla adulante che esplode in un fragorso «morte all’America, morte all’America!». Appena hanno potuto, i seguaci dell’ayatollah sono tornati ai tanto cari slogan contro il «nemico» che, da sempre, identificano la Repubblica islamica.
Sul palco dedicato alle celebrazioni del primo anniversario della morte di Ibrahim Raisi, l’ex presidente iraniano che ha perso la vita in un incidente aereo molto discusso, la Guida suprema smentisce le ultime parole se non positive almeno speranzose di Donald Trump a proposito dei negoziati sul nucleare: «Non penso che i colloqui con gli Stati Uniti avranno successo. Non sappiamo cosa accadrà».

Poi, si rivolge direttamente all’amministrazione repubblicana e alla sua delegazione guidata da Steve Witkoff: «Voglio dare un consiglio: gli americani che stanno parlando in questi negoziati indiretti dovrebbero evitare di pronunciare sciocchezze. Dire “Non permetteremo all’Iran di arricchire l’uranio” è una totale assurdità. Noi aspettiamo il permesso di nessuno, portiamo avanti le nostre politiche».
Nel suo discorso, Khamenei ha elogiato le scelte passate dell’intransigente Raisi «per aver fermamente respinto un impegno diretto con Washington. Non ha permesso al nemico di affermare che attraverso minacce, incentivi o inganni era possibile portare l’Iran al tavolo dei negoziati». Nel 2015, è stato il presidente precedente a Raisi, il «moderato» Hassan Rouhani, a firmare l’accordo sul nucleare con Barack Obama, il Jcpoa Act.
Queste dichiarazioni tutt’altro che amichevoli giungono mentre l’Iran ha dichiarato di stare esaminando una proposta dell’Oman – il mediatore – sul quinto round di colloqui che potrebbero tenersi a Roma, venerdì.
Intanto, alcuni giornali iraniani riportano la voce di funzionari molto vicini al regime che chiedono l’anonimato: «La Repubblica islamica non ha accettato l’invito dell’Oman al quinto round di colloqui previsto a Roma venerdì prossimo, perché Steve Witkoff ha affermato che non sarà consentito alcun tipo di arricchimento».
A Teheran, le parole del negoziatore americano stanno facendo dubitare sull’utilità di ulteriori colloqui. Gli ayatollah pretendono di mantenere il diritto all’arricchimento per scopi civili, per quello che loro definiscono il «programma nucleare pacifico». Continua il funzionario: «Non vogliamo che un altro round di incontri fallisca. Senza arricchimento, non c’è intesa. Ma se l’obiettivo è non avere armi nucleari, possiamo raggiungere un accordo».
Domenica, Witkoff ha affermato in un’intervista ad Abc: «Il presidente Trump è stato molto chiaro: vuole risolvere questo conflitto diplomaticamente e attraverso il dialogo. E ha inviato tutti i segni in questa direzione. D’altro canto, abbiamo una linea rossa molto, molto chiara, ed è la questione dell’arricchimento. Non possiamo accettare nemmeno l’uno per cento della capacità di arricchimento». E ha aggiunto: «Abbiamo presentato agli iraniani una proposta che pensiamo risolverà parte di questo problema senza mancare loro di rispetto. Ma dal nostro punto di vista, tutto inizia con un accordo che non include l’arricchimento. Non possiamo accettarlo. Perché l’arricchimento rende possibile ottenere armi».
Dopo Khamenei, si aggiunge anche il ministro degli Esteri iraniano, nonché capo della delegazione, Abbas Araghchi: «Attualmente stiamo assistendo a posizioni completamente irragionevoli e illogiche da parte degli Stati Uniti. L’arricchimento è assolutamente non negoziabile. Negli ultimi giorni ho dato una risposta chiara, e oggi anche il Leader ha tracciato la strada da seguire. In nessun caso rinunceremo ai nostri diritti».
Prima di lasciare il palco e scomparire dietro le tende di velluto blu, il leader della Repubblica islamica ha salutato i suoi discepoli dicendo che «in un’altra occasione, spiegherò alla Nazione il motivo per cui facciamo affidamento sull’arricchimento, perché i partiti occidentali, americani e altri insistono così tanto sul fatto che non dovrebbe esserci alcun arricchimento in Iran».
Non è ancora chiaro se queste dichiarazioni siano un tentativo di forzare i negoziati con gli Stati Uniti e mostrarsi quindi più «rigidi» al tavolo, oppure siano l’attestazione che c’è sempre meno speranza nei confronti di queste trattative che sin dall’inizio sono sembrate una missione quasi impossibile. Come notano gli esperti, di sicuro il tono di Khamenei è cambiato. Scrive Jason Brodsky, direttore di United Against Nuclear Iran: «In aprile, l’ayatollah è stato leggermente più positivo, dicendo: “Non dovremmo essere né troppo ottimisti né troppo pessimisti su questo dialogo”. Sebbene Khamenei continui a usare cautele, come sempre. Anche oggi ha concluso dicendo “non sappiamo cosa succederà"».
Secondo Rafael Grossi,  direttore generale della Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) un mese fa in visita a Teheran: «È come un puzzle, gli iraniani hanno i pezzi e potrebbero un giorno metterli insieme. Non sono lontani (dalla atomica, ndr)».
Da ricordare: l’Iran è l’unico Paese non dotato di armi nucleari ad arricchire l’uranio al 60% – troppo vicino al 90% necessario per la fabbricazione dell’arma atomica.