il Fatto Quotidiano, 20 maggio 2025
Una tregua alle scemenze
Mentre continua a non dire una parola e a non far nulla neppure di simbolico su Israele e lo sterminio di palestinesi, la presunta Europa non perde occasione per intralciare il negoziato, già faticosissimo, sull’Ucraina. Il gioco sporco è così scientifico che fa di chi lo nega o un ebete o un mascalzone. Sono tre anni che, a ogni vagito di diplomazia, le maggiori cancellerie Ue & Nato rispondono con una mossa per spegnerlo sul nascere. L’unica novità positiva è che con Trump gli Usa giocano a favore della trattativa e non più contro. Per imbucarsi al tavolo a cui fortunatamente non sono invitati, i mitomani sedicenti Volenterosi con le Ursule e le Kallas s’inventano un bastone fra le ruote al giorno: la “pace giusta”, le truppe per fare non si sa cosa, la nuova Norimberga (stavolta per far processare il vincitore dai vinti), le nuove sanzioni, il riarmo da 800 miliardi contro l’invasione russa dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno. E ier, mentre Trump parlava con Putin, l’ultimatum di Zelensky, Macron e Kallas a Mosca per “30 giorni di tregua incondizionata”, che non risolverebbe nulla senza rimuovere le cause della guerra. Coi russi che avanzano e gli ucraini sull’orlo del tracollo, la tregua non è un obiettivo neutro: è un’esigenza vitale di Kiev che non sa più come contenere i russi da Sumy a Kherson, su una linea di oltre mille km, con generali in rivolta, soldati che disertano e coscritti che fuggono dalla leva. Ha bisogno di rifiatare, riorganizzarsi e ricevere nuove armi dall’Europa. Solo uno scemo cesserebbe il fuoco senz’almeno la garanzia che si interrompa il flusso di armamenti.
La tregua potrà arrivare solo se e quando le parti avranno raggiunto un compromesso almeno parziale. Non può essere una pre-condizione per trattare. Strillare “tregua o niente” serve a Zelensky e agli euro-sabotatori per gonfiare il petto con ultimatum spuntati, dimostrare che Putin è cattivo (come se qualcuno ne dubitasse) e comprare altro tempo prima della resa dei conti: il giorno in cui dovranno arrendersi alla realtà e ammettere di aver perso la guerra e sbagliato tutto. Alternative a mollare i territori perduti, che già a dicembre Zelensky ammise di non poter riconquistare, non ne esistono. A meno che non gli euro-mitomani, che non hanno i mezzi, ma gli Usa decidano di inviare le truppe: ciò che persino Biden escluse fin da prima dell’invasione russa. Purtroppo Vance avvisa che, se il negoziato fallisce, il suo Paese dirà “questa non è la nostra guerra” e smetterà di armare l’Ucraina. Che così perderà molti più territori di quelli che ora finge di voler riavere. Il piano Zelensky di oggi è il piano Putin di tre anni fa che Kiev rifiutò a Istanbul. Domani il piano Zelensky potrebbe essere il piano Putin di oggi.