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 2025  maggio 20 Martedì calendario

Il Garante dei detenuti: solo il 30% ha un impiego

«Dietro le sbarre è troppo spesso tempo perso». A denunciarlo è Gianalberico De Vecchi, Garante regionale dei detenuti, intervenuto ieri a margine del convegno “In carcere non si finisce... si ricomincia”, promosso a Palazzo Pirelli dalla presidente della Commissione carceri Alessia Villa. Secondo i dati riportati da De Vecchi, soltanto un 30% della popolazione carceraria «ha la possibilità di svolgere una qualche attività all’interno degli istituti». Il restante 70% trascorre le giornate «in solitudine, senza un impegno reale. È una situazione grave che può e deve essere combattuta attraverso il lavoro». Ma non basta lavorare: bisogna poterlo fare in condizioni dignitose e utili al reinserimento. «Dei circa 18mila detenuti che lavorano – ha spiegato De Vecchi – solo poco più di mille lo fanno alle dipendenze di un datore di lavoro privato. Gli altri svolgono attività interne per l’amministrazione penitenziaria, con orari molto limitati». Il sistema di turnazione, necessario per garantire una minima rotazione tra i detenuti, di fatto impedisce che l’impegno lavorativo sia davvero efficace. «Servono più occasioni vere – ha aggiunto il garante – e su questo è fondamentale il coinvolgimento del mondo imprenditoriale. Bisogna vincere la diffidenza verso il carcere, anche perché la legge già oggi prevede sgravi importanti per chi assume detenuti: oneri contributivi ridotti, vantaggi fiscali, detrazioni». Proprio per promuovere questa opportunità, il difensore dei detenuti ha annunciato un convegno aperto alle imprese, in programma tra un mese, il 17 giugno, nel carcere di Opera. “Un detenuto recuperato attraverso il lavoro vale il doppio. E come dicono i numeri, non delinque più. È una questione di sicurezza, oltre che di civiltà».
All’incontro di ieri, spazio anche per le diverse esperienze dei detenuti impiegati in cooperative o in società. Tra i casi virtuosi presentati ieri, c’è quello Eolo, un operatore nazionale di telecomunicazioni, in particolare della banda ultralarga wireless. Questa azienda, che oggi conta più di 600 dipendenti in Italia (il quartier generale è a Busto Arsizio) ha iniziato nel 2021 una collaborazione con l’associazione Bee.4 Altrementi e con il carcere di Bollate per creare un percorso di formazione e acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro, utili per il reinserimento dei carcerati nella società. Ad oggi, 39 detenuti tra Bollate, più altri otto a Vigevano (dove il progetto si è ampliato l’anno scorso), lavorano per Eolo, in particolare per la gestione di importanti mansioni aziendali di contatto con i clienti. Pino Cantatore, presidente di Bee.4, ha ricordato l’idea iniziale che era partita a Bollate. «Ci siamo detti: siamo capaci di replicare un modello anche dove non ci sono le condizioni ideali? Bollate è un’eccellenza, certo, ma dopo 25 anni non è ancora stato replicato». Così, racconta, si è recato con l’associazione a Vigevano: «qui abbiamo promesso 10 assunzioni per il 2024, alla fine ne abbiamo fatte 25. Oggi siamo a 29. Ma non ci limitiamo a dare un impiego: formiamo persone con strumenti veri per la vita fuori. Perché, e lo dico per esperienza diretta, il momento più difficile non è quando entri, ma quando esci dal carcere».